Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7387 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7387 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
sul ricorso 4737/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da ll’avvocato NOME COGNOME ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, DENORA NOME
– intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1688/2020 depositata il 07/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/2/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Bari con la sentenza che si riporta in esergo, adita dagli odierni intimati per la riforma della contraria decisione di primo grado che ne aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo fatto loro notificare in veste di fideiussori del debitore principale dalla dante causa della banca oggi ricorrente a fronte dei negativi saldi di conto, ha dichiarato ex officio la nullità delle prestate fideiussioni perché rilasciate in adesione al modello negoziale predisposto da ABI, di cui la Banca d’Italia con provvedimento 55 del 2.5.2005 aveva rilevato, quanto alle clausole di cui agli artt. 2 (clausola di reviviscenza), 6 (clausola di rinuncia ai termini) e 8 (clausola di sopravvivenza), essere frutto di un intesa lesiva ai sensi dell’art. 2 l. 10 ottobre 1990, n. 287 della concorrenza.
Per la cassazione di detta decisione la ricorrente si affida a sette mezzi, seguiti da memoria.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Il Procuratore Generale, riservata alla Corte ogni altra deduzione su restanti motivi di ricorso, ha chiesto l’accoglimento del quinto e del sesto motivo di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo -con cui si lamenta la violazione dell’art. 33 l. 287/1990 poiché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, ne avrebbe disatteso il disposto, da un lato, perché riguardo alle relative domande si rende ravvisabile la competenza funzionale ed inderogabile del Tribunale delle imprese, dall’altro perché, se considerando l’epoca di introduzione del giudizio non si fosse ritenuta sussistente la competenza del Tribunale delle imprese, la competenza della Corte di appello poteva essere riconosciuta solo a condizione che la domanda fosse stata introdotta
avanti al giudice di primo grado e da questa fosse stata poi rimessa alla Corte di Appello -è inammissibile per difetto di interesse, in quanto la sua fondatezza non condurrebbe ad un approdo diverso da quello a cui è pervenuto il decidente del grado.
Va, infatti, ricordato, che la controversia de qua è stata introdotta con il deposito del ricorso per ingiunzione chiesta dalla banca nei confronti degli odierni intimati prima che fosse istituita la richiamata competenza del Tribunale delle imprese; di conseguenza, anche senza intrattenersi sulla considerazione reiteratamente enunciata da questa Corte che la riserva di competenza in favore del Tribunale per le imprese opera solo se l’invalidità sia fatta valere in via di azione ( ex plurimis Cass., Sez. VI-I, 2/02/2023, n. 3284), sicché ne sono escluse le cause in cui sia sollevata in via di eccezione e -per estensione -anche quelle in cui come qui la questione è sollevata in via officiosa, a quell’epoca, la competenza delle sezioni specializzate era di là da venire e dunque il primo rilievo ricorrente si svuota di ogni conferenza.
Neppure, tuttavia, il secondo -che sarebbe l’unico ratione temporis rilevante -vale a legittimare la scrutinabilità della censura dal momento che in ogni caso, pur all’esito di un diverso percorso processuale, andrebbe pur sempre riconosciuta la competenza della Corte di appello e, quindi, non vi è interesse della ricorrente a conseguire una declaratoria di nullità dell’impugnata pronuncia che rimetterebbe la causa alla cognizione del medesimo organo che su di essa si è già pronunciato.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 2909 cod. civ. e degli artt. 101, 112 e 345 cod. proc. civ. poiché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, avrebbe violato il giudicato formatosi sul punto a seguito della pronuncia di primo grado che aveva espressamente
affermato l’efficacia delle prestate fideiussione senza che la relativa affermazione fosse stata fatta oggetto di impugnazione dagli intimati, che nulla avevano dedotto nel proprio atto di appello in tal modo prestandovi la propria acquiescenza -è privo di fondamento e va pertanto respinto.
E’ principio stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte che l’effetto devolutivo caratteristico del giudizio di appello preclude a quel giudice esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti non ricompresi, neanche implicitamente, nel tema esposto nei motivi d’impugnazione, mentre non impedisce che la decisione si fondi su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall’appellante, siano tuttavia in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte, costituendone necessario antecedente logico e giuridico, sicché in facoltà del medesimo, nei limiti del principio tantum devolutum quantum appellatum, riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché senza coinvolgere punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di giudicato interno in assenza di contestazione, decidendo anche in base a ragioni diverse da quelle svolte nei motivi di gravame ( ex plurimis , Cass. Sez. II, 22/11/2024, n. 30129).
La circostanza, come riporta lo stesso ricorso, che nell’impugnare la decisione di primo grado gli odierni intimati avessero chiesto, concludendo nel merito, che fosse annullata o riformata la sentenza n. 216/2017 del Tribunale di Bari, che quella affermazione conteneva, vale ad investire il giudice di appello di ogni più ampio potere di giudizio riguardo alla validità delle fideiussioni in disamina ed esclude di conseguenza l’insorgenza dell’eccepito giudicato.
Disaminate in tal modo le pregiudiziali declinate con il primo ed il secondo motivo di ricorso, seguendo l’ordine espositivo adottato dalla ricorrente andrebbero ora scrutinati il terzo motivo di ricorso –
con cui si lamenta la violazione dell’art. 2 l. 287/1990 e si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, avrebbe ritenuto applicabile nella specie il provvedimento di Banca d’Italia quantunque le fideiussioni di che trattasi siano posteriori e non avrebbe tenuto conto della circostanza -; il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione dell’art. 2 l. 287/1990 e si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, avrebbe ignorato che le clausole contrattuali, foriere del contestato giudizio sono nel caso di specie letteralmente e sostanzialmente diverse da quelle standard -; il quinto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 115, 163 , 183 e 345 cod. proc. civ. e degli artt. 1421 e 2697 cod. civ. perché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, avrebbe disatteso il principio che la nullità è rilevabile d’ufficio a condizione che essa emerga dai fatti allegati e provati dalle parti, vero che il giudice può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può sostituirsi alle parti nell’onere di allegazione -; ed il sesto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 1419, 1424 e 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ. perché la Corte di appello, rilevando e dichiarando ex officio la prefata nullità, avrebbe esteso la declaratoria in parola all’intero contratto, escludendo, nella convinzione che la banca, nella sua veste di contraente “forte”, difficilmente avrebbe accettato di concludere il contratto senza dette clausole, che potesse essere dichiarata la nullità delle sole clausole sanzionate e che il contratto potesse produrre comunque gli effetti di un’altra garanzia in applicazione dell’istituto della conversione -.
5. Reputa, tuttavia, il collegio che rispetto ai cennati motivi rivesta priorità logica l’esame del settimo motivo di ricorso, con cui la banca ricorrente si duole della violazione degli artt. 115 e 345 cod. proc. civ., nonché dell’art. 1 disp. prel. cod. civ. perché la Corte di appello sarebbe pervenuta agli esiti contestati malgrado il citato provvedimento della Banca d’Italia, sanzionante l’intesa anticoncorrenziale intervenuta tra le associate ABI adottanti il modello fideiussorio oggetto di indagine, non fosse stato mai prodotto nel corso del giudizio -e tantomeno vi avessero provveduto le parti -e non fosse riguardo ad esso invocabile il principio iura novit curia in quanto trattasi di provvedimento amministrativo che non ha valore di legge e se ne rendesse perciò necessaria la produzione a cura della parte interessata.
Il motivo è fondato e la sua fondatezza solleva dall’esame degli altri motivi di ricorso, tutti presupponenti la rituale acquisizione al giudizio del citato provvedimento di Banca d’Italia.
Questa Corte ha già avuto, infatti occasione di affermare (Cass., Sez. I, 8/01/2025, n. 422) con riferimento ad analoga doglianza, che il dovere del giudice di conoscere la legge non si estenda anche ai provvedimenti amministrativi. La natura di atto meramente amministrativo propria del provvedimento di che trattasi rende inapplicabile il principio iura novit curia di cui all’art. 113 cod. proc. civ., in quanto la legalità della decisione che esso intende assicurare si riconnette direttamente al principio costituzionale dell’esclusiva soggezione del giudice alla legge e, laddove rivendica il primato della legge, da intendersi quale insieme della norme giuridiche precostituite e generalmente vigenti, si correla sul piano ermeneutico al disposto dell’art. 1 delle preleggi che non comprende, appunto, tra le fonti del diritto, a cui il giudice deve attenersi nel pronunciare sulla causa secondo diritto, gli atti di natura
amministrativa (Cass., Sez. U, 29/04/2009, 9941); atti, che, essendo espressione di una potestà unicamente provvedimentale, il cui esercizio è volto a soddisfare il perseguimento dell’interesse pubblico in relazione ad una situazione data, non hanno l’efficacia caratteristica dei provvedimenti normativi.
Donde l’ovvio corollario che, in ossequio ai principi che regolano la ripartizione dell’onere probatorio nel processo, spetta alla parte interessata, che dei benefici scaturenti dal provvedimento invocato voglia avvalersi, l’onere di provvedere alla sua produzione, insuscettibile di equipollenti (Cass., Sez. V, 15/10/2019, 25995; Cass., Sez. IV, 2/07/2014, n. 15065; Cass., Sez. I, 20/08/2004, n. 16354).
6. Né a questo assunto è opponibile, come sembra invece credere il giudice di appello (cfr. pag. 6 della motivazione), l’argomento costituito dalla notorietà del provvedimento sanzionatorio di Banca d’Italia «agevolmente consultabile sul sito della Banca d’Italia» e perché «ben noto perché plurime volte posto a base di decisioni della Corte di Cassazione e di questa stessa Corte». Di contro, occorre infatti ricordare che il fatto notorio, derogando al principio dispositivo su cui si sorregge l’architettura dell’intero processo civile, deve essere inteso in senso rigoroso ( ex plurimis , Cass., sez. i, 13/12/2022, n. 36309), sicché esso si rende configurabiile solo in relazione a quelle fonti di conoscenza che fanno parte del patrimonio di ogni uomo di media cultura in un certo luogo e in un certo momento storico e che non necessitano del ricorso a specifiche nozioni o giudizi tecnici (Cass., Sez. III, 15/02/2024, n. 4182). Si è così, escluso in relazione a tale ultimo parametro che rientrino nella sfera del fatto notorio, ad esempio, «le considerazioni che presuppongono particolari cognizioni mediche non rientranti nella comune esperienza» (Cass., Sez. II, 23/03/1979, n. 1670); «la
conoscenza del corso dei cambi delle monete estere al quale in una convenzione le parti hanno fatto riferimento come parametro di rivalutazione di un capitale da restituire» (Cass., Sez. I, 29/01/1988, n. 829); «la conoscenza del valore commerciale dei terreni, presupponendo essa, soprattutto con riguardo a realtà economiche complesse, il possesso di specifiche informazioni tecniche estranee al patrimonio culturale dell’uomo comune» (Cass., Sez. II, 11/03/1995, n. 2859).
Il fatto che come riporta lo stesso giudicante il provvedimento sia «posto a base di decisioni della Corte di Cassazione e di questa stessa Corte» esclude per definizione che esso possa identificare un fatto notorio idoneo a dispensare la parte dall’onere della sua dimostrazione.
Va dunque accolto il settimo motivo di ricorso e la causa, debitamente cassata l’impugnata decisione in parte qua , va rimessa al giudice gravato per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il settimo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, infondato il secondo motivo di ricorso ed assorbiti il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte di appello di Bari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 14 febbraio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME