Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17903 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3984/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione digitale legale
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione digitale legale
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2447/2022 depositata il 05/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio Banca Mediolanum s.p.a. e NOME COGNOME assumendo di essere stati vittime d’illeciti posti in essere da quest’ultimo nella sua qualità di promotore finanziario per conto della banca convenuta, consistiti nella variegata e indebita appropriazione di somme versategli dagli attori stessi o comunque di loro spettanza: chiedevano pertanto la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei danni anche non patrimoniali;
il Tribunale di Ravenna, negata ogni condotta di concorso colposo dei danneggiati, condannava NOME COGNOME al pagamento, per quanto di ragione, di determinate somme, anche a titolo di danno non patrimoniale, a favore degli istanti, escludendo, in particolare, gli importi per le poste creditorie ritenute estinte per prescrizione;
la Corte di appello di Bologna riformava la decisione osservando che:
-la sentenza di prime cure era passata in giudicato quanto alla posizione di COGNOME;
-nei confronti dell’intermediario bancario, diversamente, non poteva ritenersi rilevante una condotta processuale esplicitamente ammissiva del promotore finanziario né un comportamento qualificabile come ficta confessio , quale quello riferibile alla mancata risposta all’interpello, essendo necessario provare l’effettiva consegna del denaro al promotore per l’effettuazione di operazioni rientranti nel campo di operatività del rapporto fra il medesimo e, nel caso, la banca;
-considerata la posizione di terzo dell’intermediario bancario rispetto al promotore finanziario autore dell’illecito, le scritture provenienti dal secondo dovevano considerarsi avere un rilievo probatorio meramente indiziario, potendo essere liberamente contestate dalle parti, come accaduto nella fattispecie;
-quanto ai documenti:
-alcuni attestavano versamenti regolarmente riversati in un prodotto finanziario, secondo quanto riconosciuto anche dalla difesa istante nella comparsa conclusionale di primo grado;
-alcuni erano copie di assegni intestati a tale NOME COGNOME laddove era rimasta priva di prova l’allegazione di NOME COGNOME e NOME COGNOME secondo cui COGNOME li avrebbe convinti a intestare gli assegni circolari a COGNOME, indicato come altro cliente Mediolanum, in quanto sarebbero subentrati all’investimento precedentemente intestato allo stesso;
-di un ulteriore assegno non vi era prova dell’incasso da parte di alcuno;
-quanto alle copie di assegni circolari, gli stessi risultano emessi all’ordine di Mediolanum e conferiti in polizze assicurative intestate a NOME COGNOME e, distintamente, NOME COGNOME circostanza non contestata;
-altri documenti non erano idonei a dimostrare il preteso versamento di somme da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME non essendo state allegate circostanze relative alle modalità di pagamento, e non essendo stato indicato se la polizza cui l’investimento era apparentemente destinato esistesse o meno, fermo che si trattava di documenti sottoscritti esclusivamente da COGNOME e COGNOME;
-un modulo era un prestampato denominato ‘trasferimento disponibilità a favore di altri investimenti Mediolanum’ sottoscritto dalla sola COGNOME, mentre altri moduli erano distinte di versamento di assegni, recanti l’intestazione Banca Mediolanum, sottoscritti dal promotore, nei quali tuttavia non erano indicati i dati del titolo, in particolare serie e numero oltre che banca trattaria, essendo stati lasciati in bianco i relativi spazi;
-le distinte di versamento non costituivano quietanza, né valevano come diverse attestazioni di ricevimento delle somme, neppure ove recanti la sottoscrizione del promotore in calce, fermo che, nel caso di specie, non erano idonee a dimostrare l’esistenza degli assegni in esse genericamente menzionati, dei quali non recavano l’indicazione degli estremi, né la consegna degli stessi al promotore e la finalità del versamento;
-le ricevute di bonifico di Poste Italiane attestavano non già il versamento di somme da parte di NOME COGNOME, bensì quello a favore di quest’ultimo da parte di Banca Mediolanum;
-a fronte delle evidenziate carenze probatorie, sarebbe stato agevole per gli attori produrre documentazione bancaria attestante l’effettiva emissione e incasso da parte di terzi di assegni tratti sui propri conti correnti;
-inoltre, la sentenza definitiva di c.d. patteggiamento emessa in sede penale non aveva efficacia di giudicato opponibile ma, poiché priva di un accertamento giudiziale pieno, e, nel caso, la vicenda che aveva dato origine al relativo procedimento nei confronti di COGNOME per la quale il promotore aveva richiesto l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., coinvolgeva non
soltanto gli odierni appellanti, ma circa 35 clienti con altrettante specifiche posizioni;
-al contempo, la consulenza grafologica giudiziale effettuata aveva condivisibilmente concluso per l’apocrifia delle sottoscrizioni apposte sugli assegni esaminati, apparentemente riconducibili a NOME COGNOME attribuendone la paternità non a NOME COGNOME bensì a NOME COGNOME cointestatario del conto;
-era poi inammissibile, perché formulata solo in appello, la richiesta di ordine di esibizione ex art. 210, cod. proc. civ., alla Banca Mediolanum s.p.a., e agli Istituti di Credito delegati all’incasso, della documentazione comprovante il nominativo e l’indirizzo dei soggetti beneficiari di entrambi gli assegni a firma NOME COGNOME;
-quanto invece alle operazioni eseguite tramite bancomat e internet , rilevata la mancata prova dell’asserita consegna della carta bancomat e della comunicazione dei codici personali a COGNOME, doveva aggiungersi che, in base al documento consegnato dalla banca al momento dell’accensione del conto corrente e, comunque, alla stregua dei principi generali in materiale di responsabilità contrattuale, il cliente era da ritenere responsabile della custodia dei moduli di assegni, della carta bancomat e relativi codici, rispondendo altrimenti delle conseguenze derivanti dall’indebito uso degli stessi da parte di chiunque, mentre la banca non poteva essere considerata responsabile del loro utilizzo fraudolento, a meno che non ne fosse risultata denunciata per tempo la perdita o il furto;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione gli originari attori articolando quattro motivi, corredati da memoria;
resiste con controricorso Banca Mediolanum che ha proposto, altresì, ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo unico, illustrato da memoria.
Rilevato che
con il primo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 2727, 2729, cod. civ., 116, 232, cod. proc. civ., 31, d.lgs. n.58 del 1998, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare sia gli effetti del giudicato riflesso perfezionato a carico di COGNOME nel medesimo giudizio su situazione dipendente, posta la sufficienza del nesso di occasionalità necessaria con l’incarico al promotore, sia che, comunque, una lettura unitaria e così corretta degli elementi di prova, in specie indiziari, avrebbe dovuto condurre alla conferma dell’accoglimento della domanda pronunciata in prime cure, in particolare avuto riguardo: allo stesso giudicato riflesso quanto meno in termini d’indizio; alla sentenza di c.d. patteggiamento; ai documenti costituiti da missive su carta intestata, assegni con relative contabili, quietanze, firmate anche dal promotore ovvero su carta intestata; alla mancata risposta all’interrogatorio formale del promotore;
con il secondo e terzo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso ovvero il vizio motivazionale anche ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., riferibile al materiale documentale richiamato nella prima censura e, in specie, alle quietanze di versamento, integranti ricevute di pagamento ossia di percezione di somme sottoscritte da COGNOME;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 2727, 2729, cod. civ., 116, 232, cod. proc. civ., per mancata valutazione dell’apparato indiziario già evidenziato nella prima censura e, in particolare, della sentenza di c.d. patteggiamento in cui era stato dato espressamente atto dell’utilizzo di uno specifico quanto dedotto conto corrente presso
Banca Mediolanum intestato a NOME COGNOME e NOME COGNOME, con illegittima esecuzione di operazioni bancarie per 4.457,37 euro effettuate anche con uso della carta bancomat , ed emissioni di assegni bancari per complessivi 20.050,00 euro con la firma apocrifa di NOME COGNOME;
con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di secondo grado avrebbe comunque erroneamente affermato che la banca non aveva formulato conclusioni avverso il promotore NOME COGNOME omettendo conclusivamente di pronunciarsi sulla domanda di rivalsa formulata con appello incidentale ovvero in riproposizione della domanda di rivalsa già spiegata nei confronti dello stesso, in ipotesi di condanna dell’istituto di credito.
Considerato che
i motivi di ricorso principale, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
in primo luogo, come osservato dalla Corte di appello, va ribadito che l’onere della prova, che grava sul cliente, dell’illecita appropriazione da parte del promotore finanziario del denaro consegnatogli ai fini dell’investimento, varia nella prospettiva della responsabilità del promotore e dell’intermediario: nei confronti di quest’ultimo non può infatti ritenersi rilevante né una condotta processuale esplicitamente ammissiva da parte del promotore finanziario né un comportamento qualificabile come ficta confessio , essendo necessario, pertanto, che il soggetto che agisce nei confronti dell’intermediario provi l’effettiva consegna del denaro al promotore finanziario per l’effettuazione di operazioni finanziarie rientranti nel campo di operatività del rapporto fra il promotore e l’intermediario (Cass., 14/12/2018, n. 32514, § 39, in cui è richiamata la stabile nomofilachia precedente);
12. in secondo luogo, posto quanto appena osservato, dev’essere escluso che sussista un vincolo di giudicato c.d. riflesso, non venendo in rilievo un diritto giuridicamente ‘dipendente’, in rapporto di pregiudizialità con l’altro, bensì un distinto sebbene connesso accertamento nei confronti di diversi soggetti anche se convenuti nel medesimo giudizio, in posizioni però scindibili perché di pretesa obbligazione solidale sia pure avente ad oggetto alcuni comuni fatti costitutivi, non potendo logicamente riflettersi su una parte condotte processuali dell’altra quali la mancata risposta all’interrogatorio formale, comunque da valutare in uno alle restanti risultanze, ovvero l’omessa impugnazione della decisione a proprio sfavore;
13. del resto, questa conclusione è coerente con il più generale principio secondo cui l’obbligazione solidale (anche a titolo risarcitorio), pur avendo ad oggetto un’unica prestazione, dà luogo non a un rapporto unico ed inscindibile, ma a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, e, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l’intero suo credito, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi nei confronti di uno solo dei coobbligati: ne consegue che la mancata impugnazione, da parte di un coobbligato solidale, della sentenza di condanna pronunciata verso tutti i debitori solidali che, pur essendo formalmente unica, consta di tante distinte pronunce quanti sono i coobbligati con riguardo ai quali essa è stata emessa – così come il rigetto dell’impugnazione del singolo, comporta il passaggio in giudicato della pronuncia concernente il debitore non impugnante (o il cui gravame sia stato respinto) esclusivamente con riferimento a lui, pure qualora lo stesso sia stato convenuto nel giudizio di appello ex art. 332 cod. proc. civ., mentre il passaggio in giudicato di detta pronuncia rimane, poi, insensibile all’eventuale riforma o annullamento delle decisioni inerenti agli altri coobbligati (Cass., 08/10/2018, n. 24728);
14. in terzo luogo, la sentenza di c.d. patteggiamento, di cui solo la quarta censura riporta un parziale stralcio non meglio coordinabile con i documenti altrimenti richiamati (da 1 a 26 nelle pagine da 11 a 13 del gravame) ha pacificamente valenza meramente indiziaria ed è stata complessivamente quanto univocamente valutata dalla Corte territoriale, al pari del giudicato intervenuto quanto alla posizione di COGNOME, unitamente alle altre risultanze di plurimo segno ritenuto contrario, compresa quella della richiamata perizia officiosa grafologica (§ 3), osservando, altresì, che la sentenza penale era stata l’esito di una cumulativa considerazione, in quel quadro dispositiva, riferita a molte più posizioni e molti più fatti;
15. quanto ai documenti elencati -oggetto in specie della prima censura, cui la seconda e la terza si ricollegano -essi sono stati singolarmente esaminati dalla Corte distrettuale negli specifici termini richiamati in parte narrativa (sub § 3), senza che i motivi si misurino con le partite statuizioni volte a sottolineare le carenze di prova o dei principi di prova o le prove contrarie inerenti al risultato uso d’investimento delle somme non oggetto, quindi, di appropriazione quale sostenuta;
15.1. solo il distinguo della Corte di appello tra distinte e quietanze è preso specificatamente in esame dalla difesa ricorrente ma, pure in tal caso, conclusivamente senza misurarsi con la ragione decisoria che, sul punto, ha rimarcato la persistente carenza probatoria data dalla mancanza d’indicazione degli estremi e della consegna degli assegni, il fatto che non fossero tali ma prova di versamenti talora addirittura a NOME COGNOME da parte di Mediolanum, e comunque senza compiuta dimostrazione d’incassi corrispondenti ad emissioni come gli attori avrebbero potuto agevolmente palesare producendo la documentazione bancaria che li riguardava e da essi reperibile;
16. in questo quadro ricostruttivo le complessive censure in scrutinio finiscono per risolversi nella richiesta di diverso apprezzamento del materiale istruttorio, e in particolare indiziario, che, invece, è soggetto a una valutazione -riconoscibile come logicamente plausibile -propria esclusivamente del giudice di merito, estranea alla presente sede di mera legittimità;
occorre ribadire sul punto il principio per cui sono riservate al giudice del suddetto merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta, tra le plurime alternative ricostruttive possibili, delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, sicché risulta insindacabile in sede di legittimità il “peso probatorio” di alcune prove rispetto ad altre, in base al quale il giudice suddetto sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato (v. tra le molte, da Cass., 08/08/2019, n. 21187 a Cass., 23/04/2024, n. 10956);
resta logicamente assorbito il ricorso incidentale condizionato;
spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso condannando i ricorrenti principali, in solido, alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente, liquidate in euro 7.200,00 oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali. Assorbito il ricorso incidentale.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti principali in solido, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 01/04/2025.