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Onere della prova prescrizione: il correntista decide

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha riformato una decisione di primo grado, stabilendo un principio cruciale sull’onere della prova prescrizione nei rapporti di conto corrente. A fronte di contratti risultati nulli per firme apocrife, la Corte ha chiarito che spetta al correntista, e non alla banca, dimostrare la natura ripristinatoria delle rimesse per vincere l’eccezione di prescrizione. La causa è stata rimessa in istruttoria per una nuova CTU che ricalcoli il saldo alla luce di questo principio e della nullità degli addebiti non pattuiti.

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Onere della Prova Prescrizione: Chi Deve Provare la Natura delle Rimesse?

Una recente sentenza non definitiva della Corte d’Appello di Firenze interviene su un tema caldo del diritto bancario: l’onere della prova prescrizione nell’azione di ripetizione dell’indebito da parte del correntista. La decisione, ribaltando l’orientamento del primo grado, chiarisce che spetta al cliente, e non alla banca, dimostrare quali versamenti sul conto abbiano natura ripristinatoria per evitare la scure della prescrizione. Vediamo insieme i dettagli di questo importante caso.

Il Contesto: Contratti Nulli e Rapporto di Fatto

La vicenda nasce dall’azione di una società contro il proprio istituto di credito. Il cuore della controversia era la nullità di una serie di contratti (apertura di credito, contratto quadro) a causa della falsità (apocrifia) della firma del legale rappresentante, accertata da una perizia grafologica. Di conseguenza, tutti gli addebiti per interessi ultralegali, anatocismo e commissioni di massimo scoperto (CMS) risultavano illegittimi, in quanto privi di una valida pattuizione scritta.

Nonostante la nullità formale dei contratti, il rapporto di conto corrente è di fatto proseguito per anni. La giurisprudenza riconosce in questi casi l’esistenza di un rapporto sorto per facta concludentia, cioè basato sui comportamenti tenuti dalle parti. Tuttavia, in assenza di accordi scritti, si applicano le condizioni legali, molto più favorevoli per il cliente.

L’Onere della Prova Prescrizione: La Svolta della Corte d’Appello

Il punto cruciale della sentenza d’appello riguarda l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca per le somme richieste in restituzione dal cliente, relative a versamenti avvenuti oltre dieci anni prima dell’inizio della causa. Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’eccezione, ritenendo che fosse onere della banca dimostrare quali rimesse avessero natura solutoria (cioè di pagamento di un debito) e non ripristinatoria (di semplice ripristino della provvista entro i limiti dell’affidamento).

La Corte d’Appello ha completamente ribaltato questa impostazione, accogliendo l’appello incidentale della banca. Richiamando consolidati e recenti orientamenti della Corte di Cassazione (tra cui Cass. n. 15895/2019 e Cass. n. 26897/2024), i giudici hanno affermato un principio fondamentale:

> L’onere di allegazione della banca si considera assolto con la semplice affermazione della natura solutoria delle rimesse e dell’inerzia del correntista. Grava, invece, sul correntista che agisce per la ripetizione dell’indebito l’onere di provare che le rimesse contestate avevano natura meramente ripristinatoria.

Questo significa che, una volta che la banca eccepisce la prescrizione, è il cliente a dover provare, con dati e documenti, che i suoi versamenti sono avvenuti entro i limiti del fido e non per coprire uno ‘sconfinamento’, unica condizione per non far decorrere il termine di prescrizione da ogni singolo versamento.

Anatocismo e Commissioni: Conseguenze della Nullità

La Corte ha anche affrontato le altre doglianze. Per quanto riguarda la capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo), ha confermato la sua illegittimità in assenza di una specifica pattuizione scritta e reciproca, respingendo la tesi della banca che una prassi basata su facta concludentia potesse sanare la nullità. Anche la Commissione di Massimo Scoperto (CMS) è stata ritenuta non dovuta, poiché il contratto che la prevedeva era stato dichiarato nullo per firma apocrifa.

le motivazioni

La Corte di Appello ha motivato la sua decisione parziale basandosi su due pilastri. In primo luogo, ha aderito pienamente all’orientamento più recente e consolidato della Corte di Cassazione sull’onere della prova prescrizione. Ha specificato che la nullità dei contratti di affidamento, se da un lato rende indebiti tutti gli addebiti non pattuiti, dall’altro elimina la base stessa dell’affidamento. Di conseguenza, ogni versamento su un conto con saldo negativo assume natura solutoria, e l’eccezione di prescrizione della banca diventa fondata, a meno che il correntista non fornisca la prova contraria. In secondo luogo, pur accogliendo l’appello incidentale della banca su questo punto, la Corte ha riconosciuto la fondatezza dell’appello principale del cliente riguardo alla necessità di ricalcolare l’intero rapporto. Poiché il Tribunale aveva erroneamente basato il suo calcolo su un tasso applicato dalla banca in virtù di un contratto nullo, la Corte ha ritenuto indispensabile disporre una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). Questa nuova perizia dovrà rideterminare il saldo del conto corrente espungendo tutti gli interessi anatocistici e le commissioni non pattuite, e solo dopo, sulla base del saldo ‘rettificato’, individuare quali rimesse possano considerarsi prescritte secondo il principio dell’onere della prova a carico del cliente.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante guida pratica per le controversie bancarie. Per i correntisti, emerge la cruciale necessità di una gestione attenta e documentata del proprio rapporto bancario. Chi intende agire in giudizio per la ripetizione di somme indebitamente addebitate deve essere pronto a dimostrare analiticamente la natura di ogni versamento per superare l’eccezione di prescrizione. Per gli istituti di credito, la decisione conferma la validità di una linea difensiva basata sull’inversione dell’onere probatorio, ma ribadisce al contempo che la nullità dei contratti per vizi di forma, come una firma apocrifa, porta inevitabilmente all’azzeramento di tutte le clausole sfavorevoli al cliente non previste dalla legge, come interessi ultralegali e commissioni. La causa, dunque, proseguirà per un accertamento tecnico che, pur tenendo conto della prescrizione, potrebbe comunque portare a una significativa riduzione del debito del cliente.

In una causa per ripetizione dell’indebito su conto corrente, a chi spetta l’onere della prova prescrizione?
Secondo la sentenza, che si allinea alla giurisprudenza della Cassazione, una volta che la banca eccepisce la prescrizione, l’onere della prova si sposta sul correntista. È quest’ultimo a dover dimostrare che i versamenti effettuati avevano natura ‘ripristinatoria’ (entro i limiti del fido) e non ‘solutoria’ (per coprire un debito), al fine di evitare che il termine di prescrizione decorra da ogni singola rimessa.

Cosa succede se i contratti bancari hanno firme apocrife (false)?
La sentenza chiarisce che i contratti con firme apocrife sono nulli. Di conseguenza, tutte le clausole in essi contenute che prevedono addebiti a carico del cliente (come interessi ultralegali, capitalizzazione trimestrale, commissioni di massimo scoperto) sono inefficaci. Il rapporto viene regolato dalle sole norme di legge, ma può continuare a esistere come rapporto di fatto (per facta concludentia).

Perché la Corte ha rimesso la causa in istruttoria per una nuova CTU?
La Corte ha disposto una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) perché la perizia precedente non aveva tenuto conto degli esiti della perizia grafologica che accertava la falsità delle firme. La nuova CTU avrà il compito di: 1) ricalcolare l’intero saldo del conto corrente eliminando tutti gli addebiti illegittimi (interessi, CMS, etc.); 2) sulla base del saldo così ‘rettificato’, individuare quali rimesse sono prescritte, applicando il principio dell’onere della prova a carico del correntista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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