Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11327 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11327 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME NOME rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Brindisi, INDIRIZZO
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce- sez. distaccata di Taranto n.391/2019, pubblicata il 16.7.2019, non notificata. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto:
conto corrente
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con citazione 14.12.2012 COGNOME NOME, premesso che nel periodo dal 20.12.1975 al 31.8.2003 aveva intrattenuto con RAGIONE_SOCIALE CARIME S.p.a. (già CARIPUGLIA S.p.a.) rapporto di c/c con affidamento ed applicazione di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi generante anatocismo, nonché di interessi in misura ultra legale, di commissioni di massimo scoperto e di valute arbitrarie per le operazioni, conveniva in giudizio, innanzi il Tribunale di Taranto – Sez. di Manduria, la detta RAGIONE_SOCIALE chiedendo declaratoria di nullità parziale del contratto di c/c per i profili evidenziati, con condanna della convenuta alla restituzione delle somme indebitamente percepite nella complessiva misura di € 443.950,44 nonché al risarcimento dei danni per € 35 .000. La RAGIONE_SOCIALE CARIME eccepiva, tra l’altro, la prescrizione decennale del diritto alla ripetizione d’indebito, la legittimità delle clausole inerenti determinazione degli interessi “uso piazza” e dell’ anatocismo trimestrale.
2. ─ Il Tribunale, accertata la nullità della pattuizione di interessi debitori “uso piazza”, sanciva l’ applicabilità del tasso legale sino al d.lgs. n. 385/1993 e, successivamente, di quello dei Bot fino al 23/2/1999; ravvisata la nullità del patto di capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’illegittimità dell’addebito di oneri per CMS; ritenendo che l’eccezione di prescrizione non era stata ritualmente formulata, né era fondata quella di applicabilità dell’ art. 2034 c.c., sulla scorta della condivisa CTU, evidenziante un saldo attivo per il COGNOME nell’ importo di € 448.595,71 illegittimamente addebitato, condannava la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione di tale somma oltre interessi a decorrere dalla data di chiusura del c/c.
─ Gli attuali ricorrenti proponevano gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Lecce- sez. distaccata di Taranto che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto parzialmente l’appello in riforma della sentenza di primo grado.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
non esiste prova della solo allegata esplicita pattuizione del tasso degli interessi debitori, sicché il COGNOME, con la citazione introduttiva, ha lamentato l’applicazione di interessi in misura ultralegale, l ‘ applicazione stessa, accertata in giudizio è evidentemente illegittima ex art. 1284 c.c.;
egualmente la RAGIONE_SOCIALE ha solo allegato l’esistenza della pattuizione delle CMS e delle altre voci di costo del c/c;
pur essendo legittima la sollevata eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie anche se generica, poiché è desumibile dagli esiti probatori che il c/c era assistito da affidamento con una media di £ 200.000.000, la banca avrebbe dovuto dimostrare la natura solutoria delle rimesse allegando che al momento delle singole rimesse il conto presentava un saldo negativo eccedente l’affidamento sì da farle considerare solutorie;
la banca non aveva mai contestato efficacemente i criteri contabili utilizzati dalla espletata CTU;
non vi era prova certa della malafede della banca e, pertanto, la decorrenza degli interessi deve essere fissata dalla messa in mora.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
─ COGNOME NOME ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
6. ─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte di Appello ha fatto mal governo dei principi rivenienti dall’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova, invertendoli, laddove ha addossato alla RAGIONE_SOCIALE convenuta l’onere della produzione del contratto, dando -per contro- come provate le avverse allegazioni di parte attrice -di fatto prive di riscontro- in merito all’asserita esistenza della clausola contrattuale di rinvio al c.d. ‘uso piazza’; analogamente ha opinato in relazione alla mancanza di clausole pattizie prevedenti l’applicazione delle condizioni economiche riportate sugli estratti conto, meramente asserita e non provata da parte attrice, imputando alla RAGIONE_SOCIALE l’onere della prova contraria.
6.1 ─ La censura sul mancato assolvimento dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. è stata proposta per la prima volta in appello ed è, partanto, posta in violazione dell’art. 345 c.p.c. E’ anche infondata poiché il correntista ha formulato richiesta del relativo contratto ex art. 119 TUB prima del giudizio e, rimasta inevasa la sua richiesta, ha ottenuto ordinanza ex art 210 c.p.c. di nuovo rimasta non assolta dalla RAGIONE_SOCIALE che ora lamenta la mancata allegazione da parte del correntista. Trascura, così, di considerare che il Tribunale aveva accolto la domanda ravvisando che erano stati indebitamente applicati interessi ultralegali e cms, sicché sarebbe stato onere della banca provare che la loro approvazione da parte del cliente.
7 . ─ Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 2934, 2935, 2946 c.c. e dell’art. 2697 c.c., nonché dei principi rivenienti dalla sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 15895 del 13.6.2019, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La Corte territoriale, eccepita da parte della convenuta RAGIONE_SOCIALE la prescrizione del diritto del correntista a ripetere somme oltre il decennio dal primo atto interruttivo, ha, per
un verso, addossato alla medesima RAGIONE_SOCIALE l’onere di individuare e provare i versamenti in conto corrente aventi natura solutoria; per altro verso, in contrasto con le evidenze della svolta CTU, ha erroneamente desunto l’esistenza di un affidamento sul conto corrente in contestazione senza alcun limite di importo, ritenendo conseguentemente imprescrittibili tutte le rimesse ivi confluite.
7.1 ─ La censura è fondata. Ai fini della valida proposizione dell’eccezione di prescrizione non è necessario che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte, né il relativo “dies a quo”, emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti-conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente, sicché la prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione della prescrizione è nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione (Cass., n. n. 18144/2018; Cass., S.U., n. 15895/2019; Cass., n. 7013/2020). Grava, inoltre, sull’attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio ed a spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto (sent. n. 27704/2018 e successive conformi). Ed è evidente che l’onere probatorio gravante sul correntista, in quanto vòlto a distinguere le rimesse solutorie da quelle ripristinatorie, comprende anche la indicazione del limite dell’affidamento concesso dalla banca, essendo tale limite indispensabile ai fini della distinzione in concreto, atteso che hanno carattere ripristinatorio le rimesse effettuate allorché il saldo passivo non superava il limite del fido e carattere solutorio le altre.
8. ─ Per quanto esposto, il secondo motivo del ricorso va accolto, infondato il primo. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in
dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Lecce- sez. distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione