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Onere della prova prescrizione: chi prova il fido?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11327/2024, ha stabilito un principio chiave in materia di onere della prova prescrizione nelle azioni di ripetizione di indebito bancario. Se la banca solleva l’eccezione di prescrizione, spetta al correntista, e non alla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di affidamento e il relativo limite. Questa prova è fondamentale per distinguere le rimesse solutorie (soggette a prescrizione decennale) da quelle ripristinatorie, posticipando così il decorso del termine alla chiusura del conto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova Prescrizione: la Cassazione chiarisce i doveri del cliente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione getta nuova luce su un aspetto cruciale del contenzioso bancario: l’onere della prova prescrizione nelle cause di ripetizione di indebito. La Suprema Corte ha chiarito che, di fronte all’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, è il cliente a dover dimostrare l’esistenza e l’ammontare di un fido bancario per poter posticipare il decorso dei termini alla chiusura del conto. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Lunga Disputa sul Conto Corrente

Un correntista citava in giudizio il proprio istituto di credito, lamentando l’applicazione di anatocismo trimestrale, interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto illegittime e altre pratiche scorrette su un rapporto di conto corrente intrattenuto per quasi trent’anni. Il cliente chiedeva la restituzione di una somma ingente, ritenuta indebitamente percepita dalla banca.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda del correntista, dichiarando la nullità di numerose clausole e condannando la banca alla restituzione delle somme. La Corte d’Appello, in seguito, riformava parzialmente la sentenza, pur confermando l’illegittimità delle pratiche contestate. Tuttavia, il nodo centrale del contendere, giunto fino in Cassazione, riguardava la questione della prescrizione.

L’onere della prova prescrizione e il ruolo del fido

L’istituto di credito sosteneva che il diritto del cliente alla restituzione di parte delle somme fosse prescritto, essendo decorsi più di dieci anni dai singoli versamenti. La Corte d’Appello, pur ritenendo legittima l’eccezione, aveva addossato alla banca l’onere di dimostrare quali versamenti avessero natura ‘solutoria’, ovvero fossero destinati a coprire un debito eccedente l’eventuale fido concesso.

È su questo specifico punto che la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Il ricorso della banca è stato accolto proprio in relazione alla scorretta ripartizione dell’onere della prova prescrizione.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire e consolidare un principio fondamentale derivante anche da precedenti pronunce, incluse quelle a Sezioni Unite.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 2697 del Codice Civile, che disciplina l’onere della prova. La Cassazione ha chiarito che, quando un cliente agisce per la ripetizione dell’indebito e la banca eccepisce la prescrizione, si verifica una precisa ripartizione dei compiti probatori.

1. Onere della Banca: L’istituto di credito ha il solo onere di sollevare l’eccezione di prescrizione, senza dover specificare quali singole rimesse siano da considerare prescritte.

2. Onere del Cliente: Spetta invece al cliente, che vuole superare tale eccezione, dimostrare i fatti che impediscono il decorso della prescrizione. Nel caso specifico, il cliente deve provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito (fido) e, soprattutto, il suo limite.

Questa prova è indispensabile per qualificare i versamenti come ‘ripristinatori’ (effettuati entro i limiti del fido) e non ‘solutori’ (effettuati a copertura di un passivo eccedente il fido). Solo per i versamenti ripristinatori, infatti, il termine di prescrizione per l’azione di ripetizione decorre dalla data di chiusura del conto e non dalla data di ogni singolo versamento.

La Corte d’Appello aveva errato nel desumere l’esistenza di un affidamento ‘senza alcun limite di importo’ e nell’addossare alla banca l’onere di provare la natura solutoria dei versamenti. Al contrario, è il correntista che deve fornire la prova positiva dell’esistenza e dell’entità del fido, in quanto è un fatto costitutivo del suo diritto a posticipare il decorso della prescrizione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e fornisce indicazioni operative chiare per le parti coinvolte in contenziosi bancari. Per i correntisti che intendono agire per la restituzione di somme indebitamente pagate, diventa essenziale raccogliere e conservare tutta la documentazione contrattuale, in particolare quella relativa alle aperture di credito. La semplice allegazione di estratti conto potrebbe non essere sufficiente per superare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca. L’onere della prova prescrizione rimane saldamente in capo a chi agisce in giudizio per far valere il proprio diritto alla restituzione.

In una causa per la restituzione di somme indebite, chi deve provare cosa riguardo alla prescrizione?
La banca ha l’onere di sollevare l’eccezione di prescrizione. Successivamente, spetta al cliente correntista l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di un contratto di fido, quale fatto che impedisce il decorso del termine di prescrizione dalla data dei singoli versamenti.

Qual è la differenza tra ‘rimesse solutorie’ e ‘rimesse ripristinatorie’?
Le rimesse ‘solutorie’ sono versamenti che coprono un debito del cliente eccedente il limite dell’affidamento concesso; il diritto a chiederne la restituzione si prescrive in dieci anni dal versamento. Le rimesse ‘ripristinatorie’, invece, sono versamenti effettuati entro i limiti del fido, che hanno la sola funzione di ricostituire la disponibilità di credito; per queste, la prescrizione decorre dalla chiusura del conto.

Perché è così cruciale per il cliente dimostrare l’esistenza di un fido?
È cruciale perché solo dimostrando l’esistenza e il limite di un fido, il cliente può qualificare i propri versamenti come ‘ripristinatori’ e, di conseguenza, far decorrere il termine di prescrizione per l’azione di restituzione non dai singoli versamenti, ma dalla data di chiusura definitiva del rapporto di conto corrente, superando così l’eccezione della banca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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