Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18269/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante in atti indicato, con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME e dall’ avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante in atti indicato, con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
nonché contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO n. 780/2023, depositata il 24/05/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, creditore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi con beneficio di inventario di NOME COGNOME, titolare di impresa edile individuale, in forza di due decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Monza, ha intrapreso esecuzione mobiliare presso terzi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, ritenuta debitrice dell’impresa RAGIONE_SOCIALE per oltre euro 500.000, come da inventario successorio. Nel procedimento esecutivo è intervenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, creditrice degli stessi debitori in forza di altro decreto ingiuntivo.
RAGIONE_SOCIALE, quale terzo pignorato, ha reso dichiarazione negativa, deducendo l’insussistenza di obbligazioni verso l’impresa RAGIONE_SOCIALE, evidenziando di avere già corrisposto importi eccedenti rispetto al dovuto in esecuzione di contratti di appalto stipulati con NOME COGNOME, di essere a sua volta creditrice per lavori non eseguiti e difettosi e rilevando che il lodo arbitrale invocato dal RAGIONE_SOCIALE era stato annullato dal Tribunale di Monza con sentenza passata in giudicato.
Nel merito, la RAGIONE_SOCIALE contestava la fondatezza della domanda, negando di essere debitrice di somme nei confronti degli eredi COGNOME.
La società eccepiva, in particolare, l’irrilevanza probatoria sia del lodo arbitrale annullato, sia dell’inventario del patrimonio del de cuius, trattandosi -secondo la tesi difensiva -di un documento unilaterale e privo di valore accertativo ai fini della prova del credito dedotto.
Con ordinanza del 27 ottobre 2021, il Giudice dell’esecuzione disponeva l’assegnazione delle somme pignorate in favore del RAGIONE_SOCIALE, sino alla concorrenza integrale del proprio credito, e in favore della RAGIONE_SOCIALE, per la parte residua.
Avverso tale ordinanza la società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., la cui fase sommaria era definita sfavorevolmente per l’opponente dal giudice dell’esecuzione.
RAGIONE_SOCIALE proponeva quindi reclamo al Tribunale di Busto Arsizio, il quale, accogliendo il gravame, sospendeva l’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione, rilevando che, nella fase di accertamento ex art. 549 c.p.c., il giudice dell’esecuzione aveva omesso di instaurare il contraddittorio nei confronti del terzo pignorato, in violazione del principio del contraddittorio.
Instaurata la fase di merito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, il RAGIONE_SOCIALE conveniva in sede di cognizione piena la RAGIONE_SOCIALE (terzo pignorato), la RAGIONE_SOCIALE (creditore intervenuto) e NOME COGNOME (debitore esecutato), al fine di ottenere l’accertamento dell’esistenza del debito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, quale erede del defunto NOME COGNOME, titolare dell’omonima impresa individuale.
Nel merito, la RAGIONE_SOCIALE contestava la fondatezza della domanda, negando di essere debitrice di somme nei confronti degli eredi COGNOME. La società eccepiva, in particolare e tra l’altro, l’irrilevanza probatoria sia del lodo arbitrale annullato, sia dell’inventario del patrimonio del de cuius , trattandosi -secondo la tesi difensiva -di un documento unilaterale e privo di valore accertativo ai fini della prova del credito dedotto.
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 780/2023, ha rigettato l’opposizione, confermando l’ordinanza di assegnazione.
Ha ritenuto le difese di RAGIONE_SOCIALE generiche e la documentazione prodotta inidonea a dimostrare l’eccepito controcredito o l’inadempimento dell’appaltatore, reputando inammissibile la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio in quanto esplorativa e utilizzando, quale elemento valutativo, anche gli accertamenti posti a base del lodo arbitrale annullato. Ha quindi condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite in favore del RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
Avverso detta sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre motivi di censura. Ha depositato memoria.
3.1. Ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, RAGIONE_SOCIALE
3.2. il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova).
Denuncia che il Tribunale di Busto Arsizio avrebbe operato una inammissibile inversione dell’onere della prova, ritenendo provato il credito degli eredi COGNOME in quanto RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dimostrato l’esistenza di un controcredito o l’inesigibilità delle somme pretese. Secondo la ricorrente, spettava invece al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fornire prova dell’effettiva esistenza e liquidità del credito del proprio debitore, specie a seguito dell’annullamento del lodo arbitrale, non potendo desumersi l’adempimento dell’appaltatore dalla sola inidoneità delle difese di RAGIONE_SOCIALE.
4.1.1. Il motivo è infondato.
Nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, anche nella sua attuale connotazione di subprocedimento del processo esecutivo a seguito della riforma del 2012, il creditore pignorante è tenuto a provare l’esistenza del credito del proprio debitore, mentre il terzo pignorato -che eccepisca l’estinzione di detto credito per compensazione con un proprio controcredito, contestato dal creditore procedente, verso l’esecutato – deve provare il fatto estintivo dedotto (Cass., ord. 19/04/2018, n. 9624; Cass. 11/05/2021, n. 12439; Cass., ord. 23/01/2023, n. 1943).
Nel caso concreto, il Tribunale ha individuato il fatto costitutivo del credito nei contratti di appalto stipulati tra l’impresa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dei quali era pacifica l’esistenza. La stessa COGNOME ha riconosciuto di avere effettuato pagamenti per importi molto prossimi al prezzo contrattuale (cantiere di Lentate) e addirittura superiori (cantiere di Inverigo). La sussistenza di tali contratti e dei pagamenti costituisce dunque valida dimostrazione della fonte obbligatoria.
Le eccezioni formulate dalla ricorrente – relative alla mancata ultimazione delle opere, ai difetti esecutivi e alla conseguente insorgenza di controcrediti o penali rientrano nell’ambito dei fatti impeditivi o estintivi, di cui incombeva ad RAGIONE_SOCIALE la prova. La censura che pretendeva di far gravare sul creditore procedente l’onere di dimostrare la perfetta esecuzione delle opere equivale a postulare una inammissibile inversione dell’onere probatorio, non conforme all’art. 2697 c.c.
Né può trascurarsi che le allegazioni di RAGIONE_SOCIALE sono state giudicate dal Tribunale generiche, prive di specifica indicazione dei lavori asseritamente non eseguiti o difettosi, e supportate da documenti unilaterali. Tale valutazione, espressione del potere discrezionale del giudice di merito nella ricostruzione del fatto, non è sindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti del vizio motivazionale, che qui non si configura.
4.2. Con il secondo motivo di ‘Violazione degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c. Omessa e/o errata valutazione delle prove’ -si lamenta che il Tribunale abbia rifiutato, senza congrua motivazione, l’ammissione della consulenza tecnica d’ufficio e delle prove testimoniali dedotte da RAGIONE_SOCIALE, reputandole esplorative, e abbia altresì omesso di esaminare documenti rilevanti (tra cui le prove di pagamento e la consulenza di parte). In tal modo, il giudice avrebbe fornito una motivazione generica e contraddittoria, incorrendo in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 132 c.p.c. sul dovere di motivazione.
4.2.1. Il motivo è inammissibile.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c., secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 30/09/2020, n. 20867; Cass 09/06/2021, n. 16016), essa è configurabile solo nel caso in cui il giudice fondi la decisione su prove non introdotte dalle parti, ipotesi che non ricorre nel caso in esame. Analogamente, la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ravvisabile soltanto se al materiale probatorio sia attribuito un valore legale diverso da quello normativamente previsto, il che non è stato dedotto né dimostrato.
In realtà, la censura investe la valutazione di merito delle prove e delle istanze istruttorie, che è riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. 10/06/2016, n. 11892).
Il Tribunale ha motivatamente escluso l’ammissibilità della CTU, ritenendola esplorativa, ed ha giudicato inidonea la documentazione prodotta da RAGIONE_SOCIALE in quanto unilaterale. Ha inoltre considerato generiche le allegazioni circa i vizi e le penali. Tale ratio decidendi non è stata specificamente censurata e, comunque, il ricorso difetta di specificità quanto alle istanze istruttorie non ammesse, non essendo stati riportati integralmente i capitoli di prova e le circostanze che si intendeva dimostrare,
impedendo a questa Corte di valutare se esse potessero dirsi effettivamente decisive.
4.3. Il terzo motivo, di ‘nullità della sentenza per motivazione apparente (art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.)’, censura la motivazione adottata dal Tribunale laddove ha attribuito rilevanza al lodo arbitrale annullato, ritenendolo comunque utilizzabile come documento da cui desumere l’infondatezza delle difese di RAGIONE_SOCIALE. Tale motivazione, fondata su un titolo giudizialmente caducato, sarebbe meramente apparente e inidonea a rendere percepibili le ragioni della decisione, con conseguente nullità della sentenza.
4.3.1 . Il motivo è infondato.
È principio consolidato che il vizio di motivazione apparente ricorre solo quando la sentenza sia priva di qualsiasi percorso logicoargomentativo, ovvero quando le ragioni poste a fondamento della decisione siano meramente assertive e non consentano il controllo sulla correttezza del ragionamento seguito (Cass. 07/04/2017, n. 9105; Cass. 05/08/2019, n. 20921; Cass. 30/06/2020, n. 13248).
Nel caso in esame, il Tribunale ha esplicitato le ragioni della propria decisione, ritenendo che il lodo arbitrale, pur annullato, potesse essere utilizzato come mero documento anche quanto ai fatti ivi considerati, idoneo a rafforzare la convinzione già maturata circa l’infondatezza delle difese di RAGIONE_SOCIALE. La sentenza ha dato atto che l’annullamento era intervenuto per motivi formali, non incidendo pertanto sul contenuto fattuale delle valutazioni e degli accertamenti svolti in sede arbitrale e, quindi, sostanzialmente recependole o facendole proprie.
Pertanto, non può ritenersi che la motivazione sia inesistente o meramente apparente. Resta fermo che il lodo, privo di efficacia vincolante, non poteva valere quale fonte diretta di prova, ma il Tribunale lo ha utilizzato solo come elemento integrativo di un più ampio quadro probatorio già fondato sulla documentazione e sulle
stesse allegazioni di parte opponente. La motivazione è quindi intellegibile e sufficiente a sorreggere la decisione.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.700 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione il 12 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME