Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4435 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4435  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
Oggetto: contributi pubblici – l.n. 219/81
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24692/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME  e  NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del primo, sito in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , sito in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
 avverso  la  sentenza  della  Corte  di  appello  di  Salerno  n.  722/2019, depositata il 23 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno, depositata il 23 maggio 2019, che, pronunciandosi a seguito della cassazione di una sua precedente sentenza, ha respinto le loro domande di condanna del comune di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di lire 200.985.689, a titolo di contributo ex l. 14 maggio 1981, n. 219, per la ricostruzione di un fabbricato danneggiato dal sisma del 1980, e al risarcimento dei danni per mancata erogazione dello stesso; – la Corte di appello ha riferito che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di condanna al pagamento del contributo, quantificato in euro 103.800,44, e che tale pronuncia aveva resistito all’appello proposta dall’ente locale;
ha aggiunto che questa Corte aveva cassato tale ultima pronuncia accogliendo  il  motivo  vertente  sulla  violazione  dell’art.  3,  secondo comma, l. 23 gennaio 1992, n. 32;
-ha, quindi,  accolto  l’appello  del  RAGIONE_SOCIALE ,  respingendo le domande degli attori, evidenziando che questi non si trovavano in una posizione di graduatoria utile a consentire l’assegnazione del contributo in loro favore;
il ricorso è affidato a cinque motivi;
resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
-le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
 con  il  primo  motivo  i  ricorrenti  denunciano l’omessa  pronuncia  in ordine all’eccezione di inammissibilità della documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 345, terzo comma, e 394 cod. proc. civ., per non aver la Corte di appello accolto tale eccezione;
con il secondo motivo deducono il difetto di valore probatorio e di rilevanza di tali documenti (in particolare, dell’elenco dei decreti emessi
senza copertura finanziaria dal 20 febbraio 1990 al 23 gennaio 1992), l’omessa motivazione sul punto e la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132, n. 4, e 394 cod. proc. civ., 2700 cod. civ. e 111, sesto comma, Cost.;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
con la sentenza n. 16750 del 23 luglio 2014, di annullamento della prima decisione della Corte di appello, questa Corte ha affermato che l’ art. 3, secondo comma, l.n. 32 del 1992 si riferisce esclusivamente alle disponibilità finanziarie di cui al l’ art. 2, quarto comma, della medesima legge, rispetto alle quali trovano applicazione i criteri di priorità ivi indicati, mentre rispetto alle disponibilità riconducibili ai finanziamenti di cui alla l.n. 219 del 1981 resta applicabile il criterio cronologico precedentemente vigente;
 conseguentemente, ha attribuito al giudice del rinvio il compito di accertare  se in  relazione  a  tali  ultime  disponibilità  l’applicazione  del criterio cronologico consentiva l’assegnazione agli attori del contributo richiesto;
 orbene,  i  ricorrenti contestano  l’avvenuta  produzione  da  parte dell’ente locale, nel corso del giudizio di rinvio, di nuova documentazione che la natura chiusa di tale giudizio non consentirebbe;
 tuttavia,  quanto  al l’elenco  dei  decreti  emessi  senza  copertura finanziaria dal 20 febbraio 1990, ordinati cronologicamente e da cui si evince che gli attori rivestono la posizione (non utile) n. 30, si osserva che l’acquisizione di tale documento si giustifica in ragione di esigenze istruttorie  derivanti  dalla  sentenza  di  annullamento  della  Corte  di cassazione (cfr., sul punto, Cass. 22 settembre 2022, n. 27736; Cass. 18 ottobre 2018, n. 26108);
-quanto  agli altri documenti  difetta sia l’illustrazione del loro contenuto, sia l’i ndicazione delle ragioni per cui le relative risultanze avrebbero inciso sulla decisione della causa, non risultando valorizzate
dalla sentenza impugnata, per cui la doglianza sul punto si presenta priva della necessaria concludenza;
i ricorrenti sostengono, altresì, che il menzionato elenco dei decreti emessi senza copertura finanziaria dal 20 febbraio 1990 sarebbe un documento privo di valenza probatoria, ma tale tesi si scontra con il principio della libera valutazione delle prove del giudice di merito, il quale ha ritenuto che tale documento fosse idoneo a dimostrare l’incapienza delle somme destinate al finanziamento ex l .n. 281 del 1981 rispetto alla posizione rivestita dagli attori nella graduatoria formata secondo il criterio cronologico;
con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata posto a loro carico l’onere di dimostrare di trovarsi in un ordine di graduatoria idoneo, in applicazione del criterio cronologico, a garantire loro la priorità nell’attribuzione del finanziamento;
 con  la  medesima  censura  lamentano  il  fatto  che l’ente  locale  non aveva dimostrato la assenza di disponibilità finanziarie, a valere sugli stanziamenti di cui alla l.n. 218 del 1981, da destinare, sia pure nel rispetto dell’ordine cronologico, per l’intervento richiesto;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha affermato che dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata era emerso che vi erano 28 richieste per la concessione  dei  contributi  ex  l.n.  219  del  1981  avanzate  in  epoca antecedente a quella degli attori che non erano state soddisfatte per assenza di copertura finanziaria e ciò trovava conferma nella graduatoria formata dal  RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE  non impugnata dagli attori;
ha, quindi, aggiunto che gli attori non avevano dimostrato di trovarsi in  un  ordine  di  graduatoria,  basato  sul  criterio  cronologico,  che
consentisse loro l ‘accesso alle disponibilità finanziare di cui alla l.n. 219 del 1981;
-orbene, ritiene questo Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, il giudice di appello, lungi dal porre a carico di questi ultimi l’onere di dimostrare l’inesigibilità, per carenza di disponibilità finanziarie a valere sulla l.n. 219 del 1981, del diritto vantato, abbia posto a carico dell’ente locale tale onere probatorio e, quindi, a fronte delle evidenze processuali che davano riscontro dell’allegazione di quest’ultimo, abbia ritenuto che gli attori non avevano offerto elementi di prova idonei a infirmare la concludenza delle avverse evidenze processuali;
per tali ragioni, dunque, non è dato ravvisare la denunciata violazione de i criteri di riparto dell’onere della prova;
quanto alle prospettate violazioni degli 115 e 116 cod. proc. civ., si osserva che la prima presuppone l’allegazione che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre la seconda richiede l’allegazione che il giudice, ne l valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr. Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
nel caso in esame nessuna delle riferite allegazioni risulta essere stata formulata, per cui l’evocazione degli invocati paradigmi normativi non risulta pertinente;
in ordine a questo aspetto, in realtà, la doglianza, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito che non è consentita in questa sede (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
con il quarto motivo i ricorrenti criticano la sentenza impugnata per omesso  esame  della  domanda  risarcitoria,  rimasta  assorbita  dalla sentenza di annullamento con rinvio, in relazione alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 112, 392 e 394 cod. proc. civ.;
con il quinto motivo formulano analoga censura con riferimento anche al  paradigma rappresentato dall’art. 1362 cod. civ. ,  evidenziando di aver assolto all’onere di riproposizione della domanda;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
-indipendentemente da ogni considerazione in ordine all’esistenza di una  pronuncia  sul  punto  della  Corte  di  appello  e  al  suo  eventuale contenuto,  si  osserva  che  la  domanda  risarcitoria  presuppone  la sussistenza  del  diritto  al  conseguimento  del  contributo,  per  cui l’accertamento definitivo in ordine alla non spettanza di siffatto diritto f a venir meno l’interesse della parte alla decisione sui motivi relativi a tale domanda;
 pertanto,  per  le  indicate  considerazioni,  il  ricorso  va  dichiarato inammissibile;
 le  spese  processuali  seguono  il  criterio  della  soccombenza  e  si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del
15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ,  dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 6 febbraio 2024.