Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27597 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27597 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 967-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
SGIRCIU COGNOME, SGIRCIU COGNOME NOME;
– intimati – avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PISTOIA, depositata il 15/11/2019;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
lette le memorie del ricorrente;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO per il ricorrente;
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’AVV_NOTAIO conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pisa NOME e COGNOME NOME, deducendo che aveva assistito i convenuti in un procedimento civile iscritto n. 2631/2011, tenutosi dinanzi al medesimo tribunale ed avente ad oggetto la richiesta avanzata dai convenuti nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di restituzione di spese condominiali straordinarie, definito con pronuncia favorevole ai convenuti.
Lamentava che non era stato compensato per l’attività professionale espletata, avendo ricevuto solo l’acconto di € 250,00, così che i convenuti dovevano essere condannati al pagamento del residuo credito pari ad € 4.582,99.
Si costituiva COGNOME NOME che, oltre ad eccepire l’incompetenza del giudice adito, concludeva per il rigetto della domanda, sostenendo di avere già versato quanto richiesto dall’AVV_NOTAIO.
Dichiarata l’incompetenza del giudice adito e riassunto il giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia, questi con ordinanza del 15 novembre 2019 ha rigettato la domanda.
Per quanto ancora rileva in questa sede, sosteneva che effettivamente risultava che le prestazioni fossero state rese in favore dei convenuti e che l’importo richiesto corrispondesse a quanto spettante in base alle tariffe professionali.
Tuttavia, appariva fondata l’eccezione di pagamento, in quanto, qualora il convenuto eccepisca di avere adempiuto, dimostrando il versamento di una somma idonea all’estinzione dell’obbligazione, incombe sull’attore, il quale deduce che il pagamento è da imputare ad un diverso rapporto, dimostrare l’esistenza del diverso credito e la ricorrenza delle condizioni per imputare il pagamento a tale ultimo diritto.
Il convenuto con la comparsa di risposta aveva depositato copie di assegni e distinte di bonifico indirizzato all’attore, le cui date coincidono con il periodo di pendenza del procedimento giudiziale proposto dinanzi al Tribunale di Pisa per un ammontare di € 4.000,00. Inoltre, in sede di riassunzione aveva depositato altre copie di assegni per un ulteriore importo di € 3.500,00, sempre riferibili al periodo in esame, allegando anche di avere versato altre somme in contanti.
Secondo il Tribunale, se doveva escludersi che fosse stato provato il versamento in contanti, poteva però ritenersi dimostrato documentalmente il versamento di € 7.500,00, e che le fatture prodotte dal COGNOME, asseritamente riferibili al diverso giudizio nel quale aveva assistito lo COGNOME, erano solo in parte idonee a tal fine, in quanto se in alcune fatture era indicata espressamente la causale, con l’indicazione del diverso giudizio, altre due fatture (n. 23 del 27/9/2010 e n. 26 del 15/11/2010), in assenza di ogni altro riferimento all’oggetto della prestazione, non potevano reputarsi che potessero costituire una valida prova contraria.
Poiché non vi era prova della riferibilità dei pagamenti ricevuti per € 4.500,00 ad altre prestazioni d’opera professionale, doveva quindi concludersi per l’avvenuta estinzione dell’obbligazione dedotta in giudizio.
Al rigetto della domanda conseguiva la condanna dell’attore al rimborso delle spese di lite.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per la cassazione di tale ordinanza sulla base di due motivi, illustrati da memorie.
Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.
Con ordinanza interlocutoria n. 164875 del 15 giugno 2021 la Sesta Sezione civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ed il ricorrente ha depositato memorie.
Il primo motivo di ricorso denuncia l’errata e contraddittoria motivazione, ex art. 360 co. 1, n. 4 c.p.c., in ordine agli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice di merito considerato le produzioni documentali effettuate dallo NOME prova idonea di pagamenti ulteriori rispetto a quelli documentati dinanzi al Tribunale di Pisa.
Si evidenzia che ad avviso del Tribunale sarebbe stata offerta la prova di pagamenti per un importo di € 7.500,00, e precisamente per € 4.000,00, con i documenti prodotti dinanzi al Tribunale di Pisa, e per € 3.500,00 con i documenti prodotti in sede di riassunzione dinanzi al Tribunale di Pistoia.
Tuttavia, tale conclusione sarebbe frutto di un evidente errore di percezione del contenuto dei documenti, in quanto il giudice non si è avveduto del fatto che si trattava a ben vedere dei medesimi documenti, emergendo che quelli di cui ai nn. da 8 a 13 prodotti
dinanzi al Tribunale di Pisa erano gli stessi documenti di cui ai numeri da 15 a 19 prodotti dinanzi al Tribunale di Pistoia.
Ciò emerge in manera evidente dal raffronto tra il numero degli assegni, che consentiva di affermare l’identità tra l’assegno n. 8 di cui al primo giudizio con quello n. 6 prodotto dinanzi al Tribunale di Pistoia. Analogamente era a dirsi quanto al documento n. 9 della produzione originaria e quello n. 15 prodotto in sede di riassunzione, il doc. n. 10 della produzione originaria e quello n. 17 del giudizio riassunto, il doc. n. 12 del primo giudizio e quello n. 18 del secondo, ed infine il doc. n. 13 prodotto dianzi al Tribunale di Pisa e quello n. 19 prodotto dinanzi al Tribunale di Pistoia.
La conferma della identità dei documenti si ricava, oltre che dal numero degli assegni versati in atti anche dall’identità degli importi dei titoli, con la conseguenza che la decisione impugnata è frutto di un evidente errore percettivo, che non può però essere denunciato con il rimedio della revocazione, atteso che l’esame di questi documenti ha costituito una questione dibattuta tra le parti.
Si aggiunge, poi, che la decisione appare evidentemente erronea anche nella parte in cui ha ritenuto che le fatture recanti la data del 2010 non fossero riferibili al diverso giudizio nel quale i convenuti erano stati assistiti dal COGNOME, atteso che il procedimento per il quale è richiesto il compenso in questa sede è iniziato nel 2011 e che pertanto le fatture non possono essere riferite anche all’attuale materia del contendere.
Inoltre, le fatture de quibus recano la stessa data di due degli assegni versati in atti dal convenuto, a conferma che si trattava di
fatture emesse per la diversa vicenda contrattuale intercorsa tra le parti.
6. Il motivo è solo in parte fondato.
Effettivamente dalla disamina della documentazione versata in atti dal convenuto, dapprima dinanzi al Tribunale di Pisa e poi in sede di riassunzione dinanzi al Tribunale di Pistoia, emerge la parziale identità tra la prima e la seconda, atteso che nella prima occasione era stata versata solo la stampa rilasciata dalla banca relativa agli assegni emessi all’ordine del convenuto, e dei quali era beneficiario il COGNOME, mentre in sede di riassunzione sono state prodotte anche le fotocopie dei titoli di credito, palesandosi la perfetta coincidenza dei pagamenti cui si riferiscono le due documentazioni, in ragione dell’identità sia del numero degli assegni che dei loro importi.
Il Tribunale avrebbe in tal modo duplicato alcuni degli importi versati al ricorrente, addivenendo ad una quantificazione delle somme versate pari ad € 7.500,00, conteggiando una seconda volta l’importo di € 3.500,00, che però rientrava già tra le somme per le quali si era reputata fosse stata offerta la prova con la documentazione prodotta all’atto della costituzione in giudizio.
Trattasi però di un evidente errore percettivo, che investe direttamente il contenuto della prova, e che, appare rientrare, come peraltro evidenziato anche nelle conclusioni del Pubblico Ministero, nella nozione di errore di fatto revocatorio suscettibile di denuncia tramite il rimedio della revocazione. Né può sostenersi che nella fattispecie sia invocabile il principio di recente affermato da Cass. S.U. n. 5792/2024, che ha però ribadito che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica
logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. S.U. n. 5792/2024).
Nella fattispecie, va però escluso, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, che la questione relativa all’identità delle prove prodotte prima e dopo la riassunzione abbia costituito un punto controverso, atteso che quella denunciata è una conclusione alla quale è pervenuto il giudice nell’ambito della valutazione delle prove offerte dalle parti, ma senza che fosse sorta contestazione circa il fatto che le prove prodotte in sede di riassunzione fossero sostanzialmente riproduttive di quelle già versate in atti prima della declaratoria di incompetenza del giudice inizialmente adito.
L’errore di percezione denunciato da parte del ricorrente andava pertanto dedotto come causa di revocazione e denota quindi l’inammissibilità della censura in parte qua.
Tuttavia, il mezzo di gravame pone anche la questione relativa all’idoneità della documentazione prodotta, e ritenuta attestare versamenti per l’importo di € 7.500,00, a dimostrare anche l’avvenuta estinzione del credito professionale specificamente dedotto in giudizio, e ciò alla luce del fatto che vi sarebbe la prova di altro incarico professionale conferito dallo RAGIONE_SOCIALE e
della certa riferibilità di alcune fatture al diverso incarico professionale, sebbene alcuni dei versamenti effettuati, ed imputati al credito oggetto di causa, fossero coevi alle fatture che recano l’indicazione del diverso giudizio.
Quanto ai principi cui attenersi nella decisione, va poi ribadito che la giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente affermato che, in presenza di una pluralità di rapporti obbligatori, se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex art. 1195 c.c., al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, mentre i criteri legali ex art. 1193, comma 2, c.c., che hanno carattere suppletivo e sussidiario, subentrano soltanto quando l’imputazione non è effettuata né dal debitore, né dal creditore, fermo restando che l’onere di provare le condizioni che giustificano una diversa imputazione grava sul creditore (Cass. n. 31837 del 27/10/2022).
Pertanto, quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 c.c. (Cass. n. 450 del 14/01/2020).
Tuttavia, tale principio è destinato ad operare solo nel caso in cui il pagamento risulti specificamente riferibile ad uno specifico credito, ed in particolare a quello dedotto in giudizio.
E’ stato, infatti precisato che il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento
integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. Ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico (Cass. n. 19039 del 16/07/2019; Cass. n. 3902/1977; Cass. n. 1041/1998; Cass. n. 1571/2000; Cass. n. 14741/2006).
Con specifico riferimento al credito professionale dell’AVV_NOTAIO è stato poi precisato che qualora un AVV_NOTAIO agisca per il soddisfacimento di un determinato credito riferito a specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore rispetto a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del versamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che il difensore non abbia contestato la ricezione di tale somma, deducendo semplicemente l’incongruenza fra l’ammontare indicato nella domanda e quello oggetto dell’eccezione. Infatti, ove la relazione fra la pretesa e l’adempimento non emerga “ex se” dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l’efficacia estintiva del pagamento, il debitore non può limitarsi a sostenere genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento stesso (Cass. n. 28779 del 09/11/2018).
Perciò soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito
con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale contro deduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico (Cass. n. 20288/2011; Cass. n. 205/2007).
Nella fattispecie non è in contestazione che tra i ricorrenti ed i controricorrenti vi siano stati plurimi rapporti professionali, sviluppatisi nel corso del tempo.
La difesa dei clienti è consistita nel sostenere che nel corso del tempo avevano versato varie somme, di cui però deve reputarsi sia stata offerta prova documentale (non essendo stato ritenuto provato anche l’avvenuto pagamento di somme in contanti) per il detto importo. Inoltre, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che vi fossero alcune fatture che attestassero pagamenti chiaramente riferibili alla diversa vicenda nella quale i convenuti erano stati assistiti dal ricorrente.
Va qui ricordato che colui che agisce per il pagamento di un proprio credito assolve l’onere probatorio a suo carico con la dimostrazione del rapporto o del titolo su cui è fondata la pretesa fatta valere in giudizio, e non è tenuto a provare anche che il debitore non abbia pagato, costituendo il pagamento un fatto estintivo la cui prova incombe al debitore che lo eccepisce. Tale prova, peraltro, per poter validamente contrastare la dimostrazione del credito data dalla controparte, deve avere carattere certo e determinato, con specifico riferimento al rapporto o titolo dedotto in giudizio, giacché ogni incertezza o ambiguità non può che risolversi – atteso l’onere imposto dalla norma -in danno del debitore (Cass. n. 3020/1980). In applicazione di tale principio questa Suprema Corte ha affermato che «ove il datore di lavoro imputi erroneamente ad una
determinata voce della retribuzione complessiva una somma superiore a quella effettivamente dovuta, l’eccedenza può essere validamente imputata ad altra voce della retribuzione non corrisposta integralmente; quando tuttavia il lavoratore contesti, sia pure in forma generica, la causale delle somme a lui corrisposte, è onere del datore di lavoro comprovare l’avvenuto pagamento con specifico riferimento a ciascuna voce della retribuzione dedotta in giudizio» (Cass n. 7278/1991). Analogamente, se un AVV_NOTAIO agisce contro il cliente per il pagamento di un determinato credito, riferito a ben determinate prestazioni, e il cliente eccepisce di avere pagato nel corso del tempo una somma di molto maggiore rispetto a quella richiesta, riferita indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del pagamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che l’AVV_NOTAIO non abbia specificamente contestato la ricezione della somma, ma si sia limitato a dedurre l’incongruenza fra l’importo oggetto della domanda e quello oggetto di eccezione. Insomma, quando la relazione fra la pretesa e il pagamento non emerga ex se dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l’efficacia estintiva del pagamento entro un ben delimitato ambito, il debitore non può limitarsi a postulare genericamente la «natura omnicomprensiva» del pagamento.
Nella specie, l’ordinanza gravata non si è attenuta a tali principi, avendo riferito tutti i versamenti al credito oggetto di causa, senza però riscontrare la riferibilità dei pagamenti proprio al diritto di credito azionato in questa sede.
In accoglimento di tale censura l’ordinanza impugnata va cassata ed il giudice di rinvio dovrà rivalutare anche le ulteriori fatture prodotte dal ricorrente, tenendo conto in particolare del dato cronologico (trattasi di fatture emesse in data anteriore all’inizio della causa per la quale è richiesto il pagamento), e che coincidono sempre cronologicamente, con la data di alcuni dei pagamenti invocati dal convenuto.
L’accoglimento del primo motivo nei termini ora esposti determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso che, sul presupposto della fondatezza del primo motivo, lamenta l’erroneità della condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite in favore della controparte.
Il giudice di rinvio che si designa nel Tribunale di Pistoia, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo nei limiti di cui in motivazione e, assorbito il secondo, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Pistoia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024