Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9188 – 2019 proposto da:
COGNOMENOME , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
avv. COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da sé stessa, ex art. 86 cod. proc. civ. e COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dalla stessa avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, entrambe elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME con indicazione dell’indirizzo pec dell’avv. COGNOME;
– controricorrenti –
avverso l’ordinanza resa dal TRIBUNALE DI BENEVENTO nel fasc. n. rg. 4527/2017, pubblicata il 10/1/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/6/2024 dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ., depositato il 20 ottobre 2017, le avvocate NOME COGNOME e NOME COGNOME chiesero al Tribunale di Benevento di accertare il loro diritto al compenso per l’attività professionale di patrocinio legale di NOME COGNOME nei giudizi iscritti presso il Tribunale di Benevento n. 71/2011, n. 4382/2011, n. 4/2012 e n. 191/2012, con conseguente condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 13.430,00 in favore della sola NOME COGNOME e di Euro 5.215,00 in favore di entrambe.
NOME COGNOME eccepì, tra l’altro, l’estinzione del credito per avvenuto pagamento a mezzo assegni, per contanti e a seguito di esecuzione coattiva.
Il Tribunale di Benevento, con ordinanza del 10 gennaio 2019, accolse il ricorso, rilevando che l’esecuzione delle prestazioni era stata documentata, che gli importi richiesti non eccedevano la media dei parametri e, quanto alla prova dei pagamenti, per quel che ancora qui rileva, che non risultava prova del collegamento fra gli assegni e la remunerazione delle prestazioni di cui al ricorso; escluse pure che parte dei compensi fosse stata riscossa mediante esecuzione coattiva, perché la relativa procedura concerneva le diverse spese distratte in altro giudizio e che le dichiarazioni raccolte dai testi provassero l’avvenuto pagamento in contanti.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a cinque motivi; NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il P.M. ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve escludersi un vizio della procura alle liti come conferita dall’avv. NOME COGNOME all’avv. NOME COGNOME in quanto allegata al controricorso, contenente una precisa indicazione della causa per cui è stata conferita, recante una data co mpresa all’interno della «finestra temporale» segnata dal momento (iniziale) di pubblicazione del provvedimento da impugnare e da quello (finale) della notificazione (v. Cass. Sez. U., 19 novembre 2021, n. 35466; Cass. Sez. U., n. 2075 del 19/01/2024): il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365, come richiamato dall’art. 370 per il controricorso e 83, comma III, cod. proc. civ., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici e non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare né successiva alla notificazione dell’atto cui inerisce.
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha lamentato la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 cod. proc. civ., per avere il Tribunale fondato la propria decisione sulla base di deduzioni formulate dalle ricorrenti soltanto in sede di comparsa conclusionale; il Tribunale, avrebbe invece dovuto considerare tardive le deduzioni su cui non è stato possibile instaurare il contraddittorio e avrebbe quindi dovuto ritenere da un lato provata
la corresponsione di somme per Euro 4.000,00 a mezzo assegni e dall’altro avrebbe dovuto ritenere incontestata la percezione di ulteriori importi riscossi mediante apposita procedura esecutiva.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha prospettato la nullità della sentenza per violazione del principio dell’onere di immediata contestazione e conseguentemente dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere il Tribunale fondato la propria decisione su deduzioni formulate dalle ricorrenti soltanto in sede conclusionale; NOME COGNOME e NOME COGNOME non avrebbero mai preso posizione rispetto alle eccezioni in fatto e in diritto esposte nella comparsa di risposta e non avrebbero, entro la prima difesa utile (ovverosia la prima udienza), provveduto a disconoscere la sussistenza dei pagamenti e a riferire un’eventuale diversa imputazione degli stessi.
Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere il giudice ingiustificatamente invertito l’onere della prova. Il Tribunale avrebbe mal interpretato il principio contenuto nella richiamata sentenza della Cassazione n. 3194/2016: non avrebbe considerato, infatti, che, secondo questa pronuncia, l’inversione dell’onere della prova è prevista soltanto per il caso in cui i pagamenti effettuati dal debitore siano stati effettuati in una «data significatamente anteriore a quella in cui il credito sia divenuto esigibile», circostanza non ricorrente nel caso di specie. Inoltre, sarebbe priva di pregio l’obiezione pe r cui i pagamenti degli onorari sarebbero da collocare solo ed esclusivamente al termine del giudizio, posto che per prassi i corrispettivi possono essere versati, anche tramite acconti, in momenti antecedenti al giudizio o durante la sua pendenza.
3.1. I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono infondati.
Il Tribunale ha innanzitutto riscontrato la prova documentale delle prestazioni per cui è stato chiesto il compenso per poi rimarcare che, nell’ipotesi di sussistenza di più debiti e di pagamento mediante assegni è il debitore a dover provare il collegamento tra il debito azionato e il debito cartolare e, perciò, l’efficacia estintiva del dedotto pagamento; ha preso, quindi, atto che questa prova, a fronte delle contestazioni delle ricorrenti, non era stata offerta.
Questa decisione è conforme a un principio consolidato di questa Corte, secondo cui soltanto a fronte della comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito, l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore che controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso.
Ciò posto, il pagamento dedotto nel caso in esame, in quanto effettuato a mezzo assegni, non risultava riferibile certamente al credito azionato: l’emissione di assegni, infatti, implica sempre la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare che, per sé stessa, non risulta necessariamente correlata con l’obbligazione di cui si chiede l’adempimento.
Pertanto, quando sia eccepito un adempimento a mezzo di assegni, resta a carico del debitore che lo deduca l’onere di superare la suddetta presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato nei suoi confronti e il debito cartolare inerente agli assegni; soltanto dalla prova di questo collegamento consegue l’ulteriore prova dell’efficacia estintiva del pagamento dedotto (Cass. Sez. 6 – 1, n. 26275 del 06/11/2017; Cass. Sez. 6 – 2, n. 15708 del 04/06/2021; Cass. Sez. 2, n. 27247 del 25/09/2023).
Per questo logico circuito probatorio -che, evidentemente, opera a prescindere dal tempo in cui gli assegni risultano emessi -quando ricorra un pagamento per assegni, il creditore non è immediatamente gravato di alcun onere probatorio di una diversa imputazione.
3.2. Pertanto, fondando la motivazione di accoglimento sul difetto di prova del collegamento tra il rapporto dedotto in giudizio dalle due avvocate e il rapporto cartolare, il Tribunale ha correttamente ripartito l’onere probatorio e non ha né violato il c ontraddittorio o il diritto di difesa, né il principio di non contestazione.
In particolare, infatti, dall’argomentazione del ricorso non risulta che sul collegamento tra debito azionato e debito cartolare siano state offerte dalla debitrice specifiche allegazioni; in conseguenza del difetto di allegazioni, è allora evidentemente improprio invocare un onere di contestazione delle due creditrici.
Al contrario, la ricorrente ha esplicitamente lamentato, sul punto, che le ricorrenti non abbiano mai «entro la prima difesa utile, provveduto a disconoscere la sussistenza dei pagamenti e a riferire una eventuale diversa imputazione degli stessi»: evidentemente, allora, ella ha travisato le regole di ripartizione dell’onere probatorio operanti nella fattispecie, come suesposte e correttamente applicate dal giudice.
Per le stesse considerazioni, e prima ancora, non sussiste alcuna violazione dell’art. 101 cod. proc. civ., perché, come ribadito, il Giudice si è limitato a enunciare e applicare una regola di diritto in materia di astrattezza causale del titolo di credito e conseguente ripartizione dell’onere probatorio.
3.3. Infine, non ricorre né la violazione del contraddittorio né la non contestazione rispetto alla non pertinenza della procedura di esecuzione coattiva al credito per cui è giudizio, perché dall’ordinanza impugnata risulta addirittura una produzione documentale sul punto (pag. 2 dell’ordinanza, punto 3 della motivazione).
Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n.5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha lamentato la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e il conseguente omesso esame di un fatto decisivo, per non avere il giudice ritenuto provato il pagamento in contanti pari ad E. 3.500,00 nonostante le dichiarazioni rese dai testi escussi in sede istruttoria.
4.1. Il motivo è inammissibile.
La censura di violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile soltanto ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; ove si deduca, invece, l’esercizio non corretto del «prudente apprezzamento» della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, I comma, n. 5, cod. proc. civ., soltanto nei rigorosi limiti in cui ancora è consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U, n. 20867 del 30/09/2020; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021).
In tal senso, allora, nella fattispecie in esame la formulazione del motivo si risolve nella richiesta di una nuova valutazione dell’attendibilità, sufficienza e congruenza delle testimonianze, invece evidentemente estranea al giudizio di legittimità: il Tribunale ha, sul punto, reso una motivazione dettagliata, logica e coerente sicché il suo apprezzamento in fatto non è più sindacabile da questa Corte (Cass. Sez. 3, n. 12988 del 24/05/2013; Cass. Sez. 6 – 3, n. 16467 del 04/07/2017).
Con il quinto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha infine sostenuto la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.M. n. 55/2014, per avere il giudice ritenuto corretta la misura dei compensi richiesti in base ai parametri medi di cui al citato decreto ministeriale, senza aver svolto alcun accertamento sul pregio dell’attività prestata, il numero delle questioni trattate, il mancato svolgimento di attività istruttoria e l’esito infruttuoso delle procedure incardinate.
5. Il motivo è infondato.
Innanzitutto ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per la fase istruttoria, ai sensi dell’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, rilevano non solo l’espletamento di prove orali e di c.t.u., ma anche le ulteriori attività difensive che l’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014 include in detta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte; rileva anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, compresi quelli da cui può desumersi la non necessità di procedere all’istruzione stessa tra i quali, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, deve annoverarsi il medesimo decreto opposto (Cass. Sez. 6 – 2, n. 4698 del 18/02/2019; Cass. Sez. 6 – 3, n. 20993 del 02/10/2020).
Quanto, poi, alla motivazione sulla quantificazione, l’esercizio del potere di liquidazione del giudice, quando sia contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55/2014, non è soggetto al controllo di legittimità perché comunque potere discrezionale esercitato entro limiti prefissati (Cass. Sez. 2, n. 14198 del 05/05/2022).
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della ricorrente NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore
di NOME COGNOME e NOME COGNOME liquidate in dispositivo in relazione al valore, con distrazione in favore dell’avv. COGNOME, dichiaratasi antistataria.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
Sul punto, infatti, l’attualità dell’ammissione o non al patrocinio a spese dello Stato non rileva direttamente ai fini della dichiarazione della sussistenza dei presupposti oggettivi per il c.d. raddoppio del contributo unificato, perché resta impregiudicata la verifica, a cura della cancelleria al momento dell’eventuale successiva attività di recupero del contributo, della sussistenza e della permanenza delle condizioni soggettive dell’onerato (Cass. Sez. L, n. 3880 del 12/02/2024); invero, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a patrocinio a carico dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 cod. proc. civ., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002 per la revoca dell’ammissione (Cass. Sez. U, n. 4315 del 20/02/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro
200,00 e agli accessori di legge , con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratasi antistataria.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda