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Onere della prova pagamento: chi deve dimostrarlo?

La Corte di Cassazione si pronuncia sull’onere della prova pagamento in un caso di TFR. Se il datore di lavoro dimostra di aver versato delle somme, spetta al lavoratore provare che tali pagamenti si riferivano ad altri crediti. In assenza di tale prova, il pagamento si intende a saldo del debito richiesto, come in questo caso relativo a differenze retributive per il TFR.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova Pagamento: La Cassazione Chiarisce Chi Deve Provare Cosa

In materia di debiti e crediti, una delle questioni più delicate è l’onere della prova pagamento. Chi deve dimostrare che un pagamento è avvenuto e, soprattutto, a quale debito specifico si riferisce? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo principio, offrendo indicazioni preziose per creditori e debitori, in particolare nel contesto dei rapporti di lavoro.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un lavoratore di ottenere il pagamento del suo Trattamento di Fine Rapporto (TFR) residuo. Inizialmente, il lavoratore aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per una somma di circa 7.100 euro. L’azienda datrice di lavoro si era opposta, sostenendo di aver già versato una parte consistente di tale importo, circa 5.300 euro, tramite assegni bancari.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore, respingendo l’eccezione dell’azienda. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, poiché il pagamento era avvenuto dopo la fine del rapporto di lavoro e il lavoratore non aveva dimostrato l’esistenza di altri crediti a cui imputare quella somma, il versamento doveva essere considerato un acconto sul TFR. Di conseguenza, l’azienda è stata condannata a pagare solo la differenza residua di circa 1.800 euro.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova Pagamento

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sull’imputazione del pagamento (art. 1193 c.c.). La Suprema Corte, però, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello e ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza.

Il punto centrale della questione è proprio la ripartizione dell’onere della prova pagamento. Quando un debitore dimostra di aver effettuato un pagamento idoneo a estinguere il debito, l’onere si sposta sul creditore. È quest’ultimo che, se vuole sostenere che quel pagamento sia da attribuire a un altro debito, deve provare l’esistenza di tale ulteriore credito.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione basandosi su una giurisprudenza costante e chiara. Il principio cardine è stabilito dall’articolo 2697 del Codice Civile: chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. In questo caso, il lavoratore agiva per il pagamento del TFR.

L’azienda, dal canto suo, ha provato di aver versato delle somme. A questo punto, la palla è passata al lavoratore. Se egli avesse voluto sostenere che quegli assegni non erano un acconto sul TFR ma il saldo di altri crediti (ad esempio, straordinari non pagati, differenze retributive, ecc.), avrebbe dovuto allegare e provare l’esistenza di tali crediti. Non avendolo fatto né in primo né in secondo grado, la Corte d’Appello ha correttamente imputato il pagamento al TFR, ovvero all’unico credito oggetto della causa.

La Corte ha specificato che la natura del mezzo di pagamento (assegni, che sono titoli di credito) non cambia la sostanza del principio. Una volta dimostrata l’avvenuta dazione di denaro, spetta al creditore fornire gli elementi per una diversa imputazione.

Le Conclusioni

La decisione offre un’importante lezione pratica. Per un creditore (in questo caso un lavoratore) che ha più posizioni creditorie aperte verso lo stesso debitore, non è sufficiente richiedere il pagamento di una di esse. Se riceve un pagamento e intende attribuirlo a un debito diverso da quello per cui sta agendo in giudizio, deve essere pronto a dimostrare l’esistenza e la consistenza di quest’altro debito. In mancanza di tale prova, il giudice considererà il pagamento come un acconto sul debito oggetto della causa, con il rischio per il creditore di vedersi ridotta la propria pretesa. È quindi fondamentale una gestione precisa e documentata di tutti i rapporti di dare e avere, specialmente quando possono sorgere contestazioni.

A chi spetta l’onere della prova in caso di pagamento di un debito?
Inizialmente, spetta al debitore dimostrare di aver effettuato un pagamento. Tuttavia, se il debitore fornisce questa prova, l’onere si sposta sul creditore, il quale deve dimostrare che tale pagamento era da imputare a un altro debito, se esistente.

Cosa deve fare un creditore se riceve un pagamento e vanta più crediti verso lo stesso debitore?
Se il creditore intende imputare il pagamento a un credito diverso da quello per cui sta agendo in giudizio, deve allegare e provare l’esistenza di questo ulteriore credito. In caso contrario, il pagamento verrà considerato come saldo del debito oggetto della causa.

Perché il ricorso del lavoratore è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione della Corte d’Appello era conforme alla giurisprudenza consolidata in materia di onere della prova e imputazione del pagamento. Il lavoratore non aveva provato l’esistenza di altri crediti a cui imputare le somme ricevute, quindi la Corte ha correttamente ritenuto che queste fossero un acconto sul TFR richiesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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