Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21173 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21173 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27734/2020 R.G. proposto da: dall’avvocato
COGNOME NOME, rappresentato e difeso COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME NOMECOGNOME unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 736/2020, depositata il 24/07/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 16.12.10 NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa edile, esponeva di aver ricevuto incarico, negli anni 1998-1999, dalla RAGIONE_SOCIALE (oggi: RAGIONE_SOCIALE) di eseguire delle opere edili presso il loro cantiere navale di Pietra Ligure, ma di non aver ricevuto il corrispettivo dovuto, e di essere creditrice della somma di €. 85.747,41.
Chiedeva, pertanto, al Tribunale di Savona la condanna della convenuta al pagamento di tale importo oltre ad interessi legali e rivalutazione ed il maggior danno da svalutazione monetaria, ovvero in via subordinata l’accertamento dell’intervenuto arricchi mento senza causa in capo alla convenuta e la condanna della medesima ad indennizzare l’attore per la correlativa diminuzione patrimoniale.
Si costituiva la s.RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE contestando la domanda attorea ed affermando, per quanto ancora di interesse, di aver debitamente e puntualmente pagato tutti i lavori eseguiti, documentando con estratti conto propri e bancari le proprie asserzioni sui pagamenti effettuati.
1.1. Istruita la causa a mezzo di CTU contabile, disposta dal giudice con l’opposizione di parte attrice e con il favore di parte convenuta, onde ricostruire i rapporti dare avere tra e parti, il Tribunale di Savona rigettava la domanda attorea condannando COGNOME al pagamento delle spese di lite e della CTU.
La suddetta pronuncia veniva impugnata da COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Genova, che rigettava integralmente il gravame , condannando l’appellante alle spese di lite liquidate per le fasi di studio, introduttiva e decisoria , per complessivi €. 9.515,00.
A sostegno della sua decisione, osservava la Corte che:
la consulenza ha effettuato un ‘ indagine necessaria per chiarire la situazione contabile tra le parti, ha chiarito che in effetti le fatture azionate risultavano documentalmente essere state pagate;
-l’attore si è limitato a contestare la valenza probatoria della documentazione prodotta ed a sostenere che i pagamenti eventuali provati dovessero essere imputati ad altre prestazioni;
sulla valenza probatoria della documentazione prodotta da parte convenuta va richiamato l’art. 2710 cod. civ.: trattandosi di documenti estratti dai libri contabili di parte convenuta, essi hanno l’efficacia tra imprenditori di cui alla norma citata.
NOME COGNOME impugna la sentenza d’appello per la cassazione, affidando il ricorso a quattro motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 116 e 115 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e 111 cod. proc. civ. e in relazione agli artt. 61, 191, 194 e 210 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, in via alternativa e non cumulativa. Richiamata la pronuncia di questa Corte n. 1266 del 2013, il ricorrente lamenta l’errata valutazione dei documenti prodotti da parte convenuta, che non trovano corrispondenza né con le fatture emesse dall’attore né con gli importi. In tesi: il giudice di seconde cure, confermando la sentenza di primo grado, ha cercato di supplire alla mancanza di prova di parte convenuta in ordine al suo presunto adempimento, avallando una consulenza tecnica esplorativa: tanto contro quanto affermato dalla Corte di legittimità nella pronuncia citata, che esclude l’ammissibilità della
consulenza d’ufficio qualora essa sia richiesta per acquisire documentazione che la parte (nel caso di specie, RAGIONE_SOCIALE) avrebbe potuto produrre.
1.1. Il motivo non merita accoglimento.
Occorre premettere che la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 3717 del 08/02/2019, Rv. 652736 – 01).
1.2. Tanto premesso, il principio per cui la consulenza tecnica d’ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti (Cass. civ. Sez. II 18.01.2013, n. 1266) è stato ulteriormente precisato da questa Corte nel senso che il giudice del merito può affidare al consulente l’incarico di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). In tal caso, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13736 del 2020; Cass. n. 3717 del 2019, cit.; Cass. Sez. 2, sentenza 22 gennaio 2015, n. 1190, Rv. 633974-01; Cass. n. 22225 del 2014; Cass. Sez. 3, sent. 26 novembre 2007, n. 24620, Rv. 600467-01).
1.3. Nel caso che ci occupa, la Corte territoriale ha spiegato perché non si trattava di consulenza esplorativa: la consulenza tecnica ha effettuato una indagine necessaria per chiarire la situazione contabile tra le parti, concludendo che in effetti le fatture azionate risultavano documentalmente essere state pagate; che tale consulenza era necessaria in quanto era stato richiesto da parte attrice il pagamento
di fatture ultradecennali, sicché la convenuta ha potuto produrre gli estratti conto bancari di cui era in possesso, ma non tutte le contabili, sì che la convenuta ha diligentemente prodotto le comunicazioni delle banche, ove si affermava l’impossibilità di produrre documentazione anteriore ai dieci anni. Ciò ha fatto sì che occorreva ricostruire la situazione di dare avere tra le parti, tanto che solo per un certo gruppo di pagamenti l’imputazione risultava immediata attraverso l’individuazione del nominativo del COGNOME e l’abbinamento alle fatture; mentre in altri casi (bonifici cumulativi) al beneficiario si è pervenuti attraverso un ragionamento deduttivo grazie alla data e all’importo dei pagamenti (v. sentenza p. 6, rig hi 21 ss.).
Del resto, la stessa Corte d’Appello correttamente precisa che le critiche alla CTU avrebbero dovuto trovare adeguata sede nella contestazione della sua nullità, ovvero in richieste istruttorie alternative, inclusi il rifacimento ovvero l’integrazione dell a CTU.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697, 1193 e 1195 cod. civ. che comunque si intendono violati, e omessa motivazione circa un fatto controverso. Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di valutare la documentazione prodotta da controparte, che in realtà dimostrerebbe soltanto il pagamento di fatture diverse rispetto a quelle richieste con l’atto di citazione, concernenti lavori edili successivi a quelli oggetto di domanda, diversi da quelli di cui è causa e per i quali si chiedeva il pagamento a saldo. Tanto in violazione dell’art. 1195 cod. civ., atteso che nel caso di specie i documenti prodotti da controparte confrontati con le fatture prodotte da parte attrice nelle memorie successive all’atto di citazione rivelano la scelta effettuata dal creditore COGNOME a fronte della mancanza di scelta
da parte del debitore, il quale, dunque, rimane inadempiente per le prestazioni richieste con la presente causa.
2.1. Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
2.2. E’ inammissibile nella parte in cui censura la pronuncia impugnata con riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., trattandosi di un caso di c.d. doppia conforme prevista dall’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ. (vigente ratione temporis ), il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ) cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 62, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
Profilo di inammissibilità che investe, peraltro, anche il terzo motivo del ricorso.
2.3. E’ infondato per quel che riguarda la pretesa violazione degli art. 1193 e 1995 cod. civ.: questa Corte ha avuto già occasione di precisare che quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 cod. civ. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 450 del 14/01/2020, Rv. 656831 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14620 del 23/06/2009, Rv. 608645 –
01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17102 del 27/07/2006, Rv. 592303 01).
2.3.1. Nel caso che ci occupa, la Corte distrettuale ha sostenuto che la consulenza tecnica aveva chiarito che le fatture azionate risultavano documentalmente essere state pagate; pagamenti, peraltro, rispetto ai quali l’attrice si era limitata a contestare la va lenza probatoria della documentazione prodotta, e a sostenere che essi dovessero essere imputati ad altre prestazioni, senza dare prova delle condizioni di tale dedotta diversa imputazione, quali l’esistenza di idonea quietanza ex art. 1195 cod. civ. (v. sentenza p. 7, righi 15-16).
Del resto, neanche il ricorrente precisa quale sia la prova di detta diversa imputazione di pagamento, tali non potendo essere considerate le fatture prodotte nelle memorie successive all’atto di citazione.
2.4. In sostanza, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, il giudice d’appello ha implicitamente ritenuto che la prova da parte del creditore di una diversa imputazione di pagamento non sia stata fornita, sicché i motivi di ricorso si risolvono in una inammissibile ricostruzione alternativa della risultanze istruttorie.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2710 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, in via alternativa e non cumulativa. Non avendo il giudice d’appello valutato correttamente e compiutamente i documenti allegati sia in primo grado che in secondo grado, osserva il ricorrente che tutti i documenti prodotti da controparte sono da considerarsi privi di valenza probatoria anche perché gli stessi non presentano i requisiti richiesti, non essendovi libri bollati o vidimati tra i documenti prodotti.
3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito limitandosi ad
un loro mero richiamo, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso, ovvero senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 – 02).
La Corte territoriale si è pronunciata sulla valenza probatoria tra imprenditori della documentazione prodotta da parte convenuta, richiamando l’art. 2710 cod. civ., trattandosi di documenti estratti dai libri contabili di parte convenuta (v. sentenza p. 7, 4 capoverso), mentre il ricorrente si è limitato ad una mera enunciazione nella rubrica senza poi alcuno sviluppo in via argomentativa.
4. Con il quarto motivo si deduce violazione del combinato disposto degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. Il ricorrente chiede la modifica delle spese processuali in considerazione dell’errata applica zione dei valori medi, della mancata compensazione delle spese da parte del Tribunale nonché della liquidazione del compenso per la fase istruttoria (stante l’inammissibilità della CTU).
4.1. Il motivo è infondato.
Co m’è noto, il D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (e ss. mm.) indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può si discostare, purché si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dal primo comma dell’art. 4, ultimo inciso (Cass. 2383/17, in motivazione).
Sulla questione della mancata compensazione, questa Corte ha avuto occasione di precisare che nel giudizio di legittimità il sindacato sulle pronunzie dei giudici del merito riguardo le spese di lite è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, restando del tutto discrezionale – e insindacabile – la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi o per novità della questione, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12697 del 2024; Cass. Sez. U, n. 32061 del 31.10.2022; Cass. n. 18128 del 31/08/2020 Rv. 658963 -01).
Quanto alla censura relativa all’errata liquidazione della fase istruttoria: premesso che questa Corte ha più volte affermato l’ineludibilità della liquidazione della fase istruttoria ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27034 del 2024; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 38477 del 06/12/2021, Rv. 663222 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9701 del 05/04/2019), rileva il Collegio che la Corte d’Appello ha riconosciuto all’appellata le sole fasi di studio, introduttiva e decisoria (v. sentenza p. 8, punto 6.).
5. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art.
13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 7.800,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda