Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5438 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 5438  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6386/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC  dell’avvocato  COGNOME  NOME  che  la  rappresenta  e  difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro  tempore,  elettivamente  domiciliata  in  ROMAINDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  VENEZIA  n.  548/2020 pubblicata il 29/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 La  Corte  d’appello  di  Venezia,  con  la  sentenza  n.548/2020 pubblicata  il  29/12/2020,  ha  rigettato  il  gravame  proposto  da NOME COGNOME nella controversia con la RAGIONE_SOCIALE.
La controversia ha per oggetto -per quanto concerne il giudizio di legittimità- la pretesa di pagamento di 78 ore di lavoro eccedenti l’orario ordinario di 36 ore medie settimanali previsto dall’art.17 del CCNL  Autonomie  locali  06/07/1995,  asseritamente  svolte  tra  il 2010 ed il 2012.
Il Tribunale di Rovigo rigettava la domanda.
 La  corte  territoriale  ha  ritenuto  che  gravasse  sulla  COGNOME l’onere di provare le ore prestate in eccedenza rispetto all’orario di lavoro  normale;  e  che  dai  documenti  prodotti  in  giudizio  non risultasse  provato  il  numero  di  ore  lavorate  in  eccedenza  rispetto all’orario normale di 36 ore mensili (1878 ore annuali).
Per la cassazione della sentenza ricorre la COGNOME, con ricorso affidato  a  tre  motivi.  La  RAGIONE_SOCIALE  resiste  con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  il  primo  motivo  la  ricorrente  lamenta  la  falsa  applicazione dell’art.2697 cod. civ. con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
 Con  il  secondo  motivo  la  ricorrente  lamenta  la  violazione dell’art.17 del CCNL Autonomie locali del 06/07/1995 con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di decisione tra le parti, con riferimento all’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ.
 I  primi  due  motivi  possono  essere  esaminati  congiuntamente, per  ragioni  di  connessione.  La  ricorrente  sostiene  che  il  lavoro effettuato oltre le 36 ore medie settimanali è il prodotto dell’errato schema di turno adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, e dunque
non è possibile stabilire il giorno nel quale la prestazione ha superato l’orario di lavoro normale. La ricorrente deduce di aver lavorato, quale lavoratrice turnista, un numero di ore superiore rispetto a quelle lavorate dai lavoratori non turnisti, sul presupposto che l’art.17 del CCNL applicato al rapporto preveda per tutti i lavoratori, turnisti e non, un medesimo debito orario di 36 ore medie settimanali. Infine, la ricorrente sostiene che la RAGIONE_SOCIALE adotterebbe criteri di calcolo del debito orario diversi per turnisti e non turnisti.
Le censure sono infondate. Per un verso non risulta che la corte territoriale abbia positivamente accertato la diversità dei criteri di computo tra turnisti e non turnisti, e nessuna censura risulta essere stata sollevata a tale proposito; per altro verso la corte ha invece accertato che la ricorrente «nella generalità dei casi ha lavorato un numero di ore inferiore non solo al monte ore astrattamente richiesto al lavoratore non turnista, ma anche a quello astrattamente richiesto al lavoratore turnista» (pag.7 motivazione). E’ poi il caso di rilevare che come eccepito anche dalla controricorrente, è la stessa ricorrente ad ammettere che «quelle ore lavorate sono state pagate» (cfr. la pag.20 del ricorso).
 La  corte  territoriale  ha  inoltre  ritenuto  che  l’oggetto  della domanda  non  fosse  costituito  dal  pagamento  delle  ore  lavorate nelle festività  infrasettimanali,  ma dal  pagamento delle ore in più lavorate rispetto alle 36 ore medie settimanali (pag.5 motivazione), e su questo capo della sentenza nessuna censura è stata proposta.
 Così  interpretata  la  domanda,  con  accertamento  passato  in giudicato stante la mancata proposizione di una censura sul punto, deve  ritenersi  che  la  corte  abbia  fatto  corretta  applicazione  della regola  dell’onere  della  prova,  avuto  riguardo  all’orario  di  lavoro medio previsto dalla contrattazione collettiva. Nella parte restante i motivi  si  risolvono  nella  riproposizione  di  questioni  di  fatto  in questa sede inammissibili.
Il terzo motivo è inammissibile. Oltre a quanto previsto dall’art.348 ter ultimo comma cod. proc. civ. l’omesso esame non afferisce ad  un  fatto naturale, ma  si  risolve in  una  diversa valutazione  dei  documenti  già  esaminati  dalla  corte  territoriale. Documenti peraltro privi del carattere della decisività per le ragioni già espresse dalla corte territoriale.
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie in misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
rigetta  il  ricorso.  Condanna  la  ricorrente  al  pagamento,  in  favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie in misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1  quater  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1-bis,  dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro