Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8923 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8923 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2025
Oggetto: contratti bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6477/2021 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’a vv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Cassa di Risparmio di Fano s.p.a.
-intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 879/2020, depositata il 31 agosto 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata il 31 agosto 2020, che, in
riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro, ha respinto le sue domande, avanzate unitamente alla garante NOME COGNOME di accertamento del saldo di due contratti di conto corrente dal medesimo conclusi con la Cassa di Risparmio di Fano s.p.a. e di restituzione delle somme indebitamente versate a tale titolo;
la Corte territoriale ha riferito che la domanda attorea si fondava sulla allegazione della nullità delle clausole contrattuali relative alla determinazione del tasso di interesse, fissato in misura ultralegale, alla capitalizzazione trimestrale degli stessi, alla pattuizione della clausola di commissione di massimo scoperto e all’applicazione di spese ulteriori;
ha, quindi, accolto il gravame (principale) della banca in ragione del mancato assolvimento del l’onere di provare l’ allegata nullità, gravante sulla parte attrice;
-ha, poi, conseguentemente respinto l’appello incidentale dell’odierno ricorrente vertente sul mancato riconoscimento del diritto alla ripetizione di alcune somme addebitate nei conti correnti in modo asseritamente erroneo;
il ricorso è affidato a un unico motivo;
resiste con controricorso il Credito Valtellinese s.p.aRAGIONE_SOCIALE, proposto quale incorporante la Cassa di Risparmio di Fano s.p.a.;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 117 t.u.b., 1419, 1421 e 2697 cod. civ. e 99 cod. proc. civ. per aver la sentenza impugnata omesso di considerare che la nullità delle clausole contrattuali era stata dedotta sul fondamento che le stesse non erano mai state stipulate per iscritto, non essendo stati sottoscritti i relativi contratti, e che venendo in rilievo l’allegazione di un fatto mai avvenuto la relativa prova non poteva essere posta a suo carico;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha ritenuto che la domanda di parte attrice, complessivamente esaminata, non fosse fondata sulla mancata stipulazione per iscritto dei dedotti contratti bancari bensì sulla specifica nullità di singole clausole contrattuali per ragioni inerenti alla disciplina propria dell’oggetto di tali clausole e ha rilevato che una siffatta interpretazione trovava sostegno anche nel contegno processuale della parte la quale, a fronte della allegazioni della banca in ordine alla avvenuta stipulazione per iscritto dei contratti, anziché contestare tale circostanza ha volto l’attenzione sulle risultanze degli estratti conto e sulla idoneità degli stessi a dare prova della fondatezza delle domande proposte;
ha, quindi, concluso che « La domanda dell’attrice, siccome proposta in primo grado, dunque, deve intendersi come domanda di accertamento negativo basata sulla nullità di alcune clausole di contratti comunque sussistenti, e non come domanda radicale di nullità del rapporto conseguente alla assoluta carenza di una stipulazione scritta»;
ha aggiunto che, del resto, anche la sentenza di primo grado, parzialmente favorevole all’attore, aveva ritenuto insussistente, in parte qua , il credito vantato della banca non già in ragione della assenza in assoluto di una stipulazione per iscritto dei contratti bensì per la mancata prova della sussistenza dei fatti costitutivi delle annotazioni a debito contestate;
ha, quindi, ritenuto che il giudice di prime cure aveva errato nel porre a carico della banca l’onere di dimostrare la sussistenza del credito vantato, evidenziando che gravava sul correntista, che aveva agito per l’accertamento del saldo e la ripetizion e di indebito, dimostrare la nullità delle clausole contestate;
orbene, si osserva che la censura si risolve, da un lato, nella contestazione della interpretazione del contenuto della domanda
originaria e dell’individuazione del suo contenuto che è un accertamento riservato al giudice di merito e, in quanto tale, non sindacabile per cassazione per violazione o falsa applicazione della legge, a meno che non coinvolga la qualificazione giuridica dei fatti allegati nell’atto introduttivo (cfr. Cass. 10 giugno 2020, n. 11103);
pertanto, non essendo prospettato un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, siffatta censura non può essere proposta in questa sede;
sotto altro aspetto, il ricorrente si duole del fatto che la sentenza ha posto a suo carico l’onere di dimostrare un fatto negativo, ossia la mancata stipulazione per iscritto dei contratti di conto corrente;
in ordine a tale aspetto, tuttavia, la doglianza muove da una non corretta interpretazione della sentenza impugnata la quale, come rilevato in precedenza, ha accertato che la allegazione della nullità dei contratti per difetto del requisito formale era estranea all’ambito della domanda e che l’onere della prova gravante sugli attori -e da questi non assolto -verteva sulla insussistenza dei titoli posti a fondamento dei contestati addebiti e non già sulla mancata stipulazione dei contratti di conto corrente;
sul punto, quindi, la censura pecca della necessaria concludenza;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 marzo 2025.