Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5122 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5122 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 2350 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE cura RAGIONE_SOCIALE , con sede in Mendicino (CS) alla INDIRIZZO, P.Iva P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, il sig. NOME COGNOME Amministratore unico, elettivamente domiciliata in Cosenza, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE) – pec: EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO – dal quale è, altresì rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
Azienda sanitaria provinciale (ASP) di Cosenza .
Intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n° 589 depositata il 4 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Adito dalla Casa di cura San Francesco di Rao Rosina, il tribunale di Cosenza, nel contraddittorio con la convenuta Asp della stessa città, rigettava la domanda di condanna formulata dall’attrice e diretta ad ottenere il pagamento delle prestazioni sanitarie effettuate nel 2003, non retribuite.
Osservava il primo giudice che, a fronte della specifica contestazione, sollevata dall’Asp, di insussistenza o erroneità delle prestazioni extra budget , come tali non retribuibili, l’attrice non aveva ottemperato all’onere di provare l’effettivo espletamento delle prestazioni predette e la loro riconducibilità a quelle convenzionalmente remunerabili, omettendo di produrre qualunque documentazione di riferimento.
In ogni modo, l’Asp aveva pagato l’intero budget fissato per l’anno 2003, che costituiva un limite invalicabile di spesa.
2 .- Proposto appello dalla RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi, la Corte territoriale di Catanzaro respingeva l’impugnazione rilevando quanto segue.
L’Azienda sanitaria aveva pagato a consuntivo alla Casa di cura euro 3.591.220,29 che copriva interamente il tetto previsto nella convenzione del 23 settembre 2003, pari ad euro 3.434.608,70.
Tanto premesso, la mancanza o l’insufficienza di risorse disponibili ulteriori rispetto al budget , da destinare al pagamento a consuntivo, rientrava, quale fatto impeditivo, nell’onere della prova dell’Azienda Sanitaria e non della Casa di Cura.
L’As p aveva, sì, contestato di dover corrispondere alla Casa di Cura somme ulteriori rispetto al budget , ma, pur invocando l’inderogabilità del limite massimo di spesa sostenibile, non ne aveva dimostrato, in concreto, il superamento, né aveva provato la mancanza di risorse disponibili ulteriori rispetto a quelle già erogate; né, infine, aveva allegato i criteri regionali di abbattimento tariffario di cui aveva invocato l’applicazione.
Nondimeno, la domanda attorea non poteva essere accolta.
Infatti, affinché per la remunerazione dei servizi resi dalla RAGIONE_SOCIALE era necessario che la produzione delle prestazioni fosse riconosciuta e validata dall’Azienda sanitaria provinciale.
Per contro, la documentazione prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE era unicamente costituita dalla convenzione del 23 settembre 2003.
Inoltre, non risultavano esibite le fatture relative a tale anno e difettava in toto la prescritta validazione ed attestazione di regolarità della fornitura da parte dell’Asp.
A fronte degli specifici rilievi mossi dall’Asp, non poteva operare il principio della non contestazione.
Il primo mezzo andava, dunque, respinto.
Analoga sorte doveva avere il terzo, poiché l’appellante non aveva offerto alcuna documentazione validata dalla ASP competente attestante le prestazioni rese in favore di pazienti residenti nel territorio di altre aziende sanitarie o in altre Regioni italiane.
Il secondo motivo -col quale l’appellante aveva fatto osservare che il limite invalicabile del tetto di spesa era quello regionale e non, invece, quello della singola Asp, con la conseguenza che era quest’ultima onerata di provarne il superamento era invece assorbito.
3 .-Ricorre per cassazione la Casa di cura, affidando l’impugnazione a due mezzi.
L’Asp, pur costituita nei precedenti gradi di giudizio, nel presente è rimasta meramente intimata.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Non sono state depositate memorie ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Essendo creditrice, essa aveva l’onere, assolto in corso di causa, di dimostrare il rapporto negoziale ed allegare l’inadempimento.
Spettava invece alla Asp, a fronte della contestazione delle prestazioni rese, dimostrare di aver dato corso alla complessa procedura amministrativa prevista per la verifica della inappropriatezza o dell’erronea codifica delle singole prestazioni, non potendo esigersi dall’impresa erogatrice la prova diabolica dell’inesistenza di rilievi da parte dell’Asp.
Col secondo motivo la Casa di cura lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
La contestazione delle prestazioni sanitarie non era rimessa alla deduzione di un generico inesatto adempimento, ma costituiva l’esito di una complessa procedura amministrativa.
E, dato che l’Asp non aveva minimamente provato di aver avviato tale procedura, la Corte d’Appello avrebbe dovuto dare per acclarata la circostanza dell’inesistenza delle contestazioni in ossequio al disposto dell’art. 115 cod. proc. civ.
5 .- Il primo mezzo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto, esso non coglie l’intera ratio decidendi della sentenza impugnata.
Costituisce, infatti, ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sé solo, idoneo a supportare il relativo dictum , per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutte le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione, posto che la mancata critica di una di queste, o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli, comporterebbero la definitività della decisione sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo
obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata ( ex multis : Cass., sez. III, 14 marzo 2024, n° 6947).
Ora, la Corte ha rigettato la domanda della Casa di cura osservando, da un lato, che ‘ a documentazione prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE è unicamente costituita dalla convenzione del 23.9.2003, mentre non risultano esibite le fatture relative all’anno 2003 ‘; e, dall’altro, che ‘ difetta in toto la prescritta validazione ed attestazione di regolarità della fornitura da parte dell’Asp di Cosenza ‘ (sentenza pagina 7).
Col motivo in esame, esposto alle pagine 10-11, la ricorrente censura solo il secondo passaggio motivazionale, col quale la Corte ha predicato la mancanza di prova della validazione ed attestazione della fornitura, mentre l’ulteriore snodo logico, concernente la mancata produzione delle fatture del 2003, è rimasto privo di censura: donde l’inammissibilità del mezzo.
Peraltro, il motivo appare anche privo di chiarezza e di autosufficienza (art. 366 n° 4 e n° 6 cod. proc. civ.)
La ricorrente, infatti (oltretutto non nel corpo del motivo, ma nella sola premessa anteposta alle pagine 8-10: collocazione che non rende ben chiaro se la ricorrente intenda impugnare anche per le ragioni che espone in tali pagine), deduce che la procedura di contestazione delle prestazioni sarebbe disciplinata dall’art. 88, terzo comma, della legge n° 388/2000 ‘ nella formulazione in vigore sino al 22/8/2008 ‘.
In realtà, sol che si legga il testo vigente ratione temporis della norma, peraltro riportato nel ricorso stesso a pagina 9, si può agevolmente notare che esso non disciplina alcuna specifica procedura amministrativa, ma detta semplicemente una prescrizione diretta alle regioni, alle quali viene ordinato, ‘ al fine di realizzare gli obiettivi di cui all’articolo 72, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, secondo criteri di appropriatezza ‘ di assicurare ‘ per ciascun soggetto erogatore, un controllo analitico annuo di almeno il 2 per
cento delle cartelle cliniche e delle corrispondenti schede di dimissione in conformità a specifici protocolli di valutazione ‘, con l’ulteriore precisazione che ‘ l’individuazione delle cartelle e delle schede deve essere effettuata secondo criteri di campionamento rigorosamente casuali ‘.
Sicché, da un lato, sono rimaste totalmente ignote nel presente giudizio quali avrebbero dovuto essere, secondo la Casa di cura, le modalità ed i tempi di controllo delle prestazioni e, soprattutto, la rilevanza della eventuale loro inosservanza (lacuna che evidentemente incide sulla chiarezza del mezzo); dall’altro, la questione della violazione delle disposizioni negoziali o normative sui controlli non risulta trattata in sentenza, con la conseguenza che, ai fini dell’ammissibilità del mezzo, era onere della ricorrente indicare il tempo ed il luogo processuali di trattazione della questione: donde, ancora una volta, l’inammissibilità del mezzo in esame (per tutte: Cass., sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804).
6 .- Sorte non diversa ha il secondo motivo, sol che si consideri che il principio di non contestazione viene invocato dalla ricorrente in ragione della mancata adozione della ‘ complessa procedura amministrativa ‘ prevista per la contestazione delle prestazioni, mentre il principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115 cod. proc. civ., può essere invocato solo in ambito processuale.
Pertanto, l’allegazione che l’Asp non abbia mai stragiudizialmente contestato le prestazioni ottenute, non avendo proceduto ai controlli, non rende pacifica la questione dell’ an del credito.
A tutto concedere, poi, per dimostrare la violazione (in ambito processuale) dell’art. 115 cod. proc. civ. la ricorrente avrebbe dovuto trascrivere gli atti delle precedenti fasi processuali (o, almeno, illustrarne il contenuto rilevante, ai sensi dell’art. 366 n° 6 cod. proc. civ.), onde comprovare che le specifiche allegazioni difensive attoree (in punto di assenza di contestazioni) non furono oggetto di
specifica negazione in sede contenziosa da parte della convenuta (per tutte: Cass., sez. I, 16 luglio 2024, n° 19588).
Anche questa carenza rende, dunque, il motivo inammissibile.
7 .- Pur essendo la ricorrente integralmente soccombente, non occorre provvedere sulle spese in ragione della mancata costituzione dell’Asp.
Va, nondimeno, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara che non vi è luogo a provvedere sulle spese. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025, nella camera di con-