Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21022 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21022 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2061-2025 proposto da:
COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME
– ricorrenti –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO CENTRO, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2751/2024 della CORTE D ‘ APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/07/2024 R.G.N. 878/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 2061/2025
COGNOME
Rep.
Ud. 03/06/2025
CC
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Con sentenza del 9 luglio 2024, la Corte d ‘ Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti della ASL Napoli 1 Centro, avente ad oggetto l ‘ accertamento del diritto degli istanti, operanti come turnisti, a percepire la maggiorazione per il lavoro prestato in giornate di festività infrasettimanali tra l ‘ anno 2016 ed il 2020 con condanna della ASL datrice al pagamento delle relative differenze retributive.
La decisione della Corte territoriale discende dall ‘ aver questa ritenuto, non diversamente dal primo giudice, che la pretesa avanzata circa la cumulabilità dell ‘ indennità specifica di cui all ‘ art. 44 del CCNL di comparto con l ‘ indennità di lavoro in turni avvicendati ex art. 9 del medesimo CCNL, pretesa fondata sul principio di diritto affermato da questa Corte, risultava affidata alla mera allegazione dello svolgimento del turno nel corso di festività infrasettimanali priva tuttavia del necessario riscontro documentale circa l ‘ effettività della prestazione ed il suo aggancio quanto alla domanda economica, identicamente quantificata per entrambi gli istanti, alla regolazione retributiva individuale e in base a fonte collettiva, riscontro cui non può supplire il ricorso ai poteri istruttori del giudice con l ‘ ammissione in sede di gravame di documentazione prodotta ad integrazione dell ‘ originaria carenza, vanificando altresì la valutazione dell ‘ eccepita parziale prescrizione
Per la cassazione di tale decisione ricorrono entrambi gli originari istanti, affidando l ‘ impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la ASL Napoli 1 Centro.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 437, 421 e 416 c.p.c. e 2697
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c.c., lamentano a carico della Corte territoriale il non aver valorizzato il principio di prova che emergeva dalla documentazione prodotta dalla ASL convenuta e la mancata contestazione delle ulteriori allegazioni ed il non aver, su questa base, idonea a smentire il rilievo circa l ‘ originaria mancanza del supporto probatorio, fatto ricorso ai propri poteri istruttori.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione delle medesime norme di cui al motivo che precede nonché degli artt. 9 e 44 del CCNL 20.9.01 per il comparto Sanità e comunque il difetto assoluto di motivazione, i ricorrenti deducono la nullità della sentenza in relazione al carattere meramente apparente della motivazione inficiata dal travisamento della prova per essere il descritto iter valutativo fondato su informazioni probatorie che non trovano riscontro alla verifica degli atti, con particolare riguardo a quella per cui la ASL datrice non avrebbe contestato le allegazioni dei ricorrenti.
Entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, sostanziandosi l ‘ impugnazione nel ribadire la pretesa della sufficienza delle allegazioni di cui al ricorso introduttivo, stante la contestazione almeno parziale (considerata la produzione a campione dei cartellini da parte della ASL) delle stesse e l ‘ ammissibilità del ricorso ai poteri istruttori d ‘ ufficio ai fini dell ‘ integrazione probatoria, quando neppure in questa sede si prova a confutare il rilievo della Corte territoriale per cui i ricorrenti si sono originariamente limitati alla richiesta di una somma complessiva nell ‘ assenza di un conteggio analitico che richiamasse i giorni festivi dii effettiva prestazione, del riferimento alla retribuzione percepita, e alla base di calcolo utilizzata per la rivendicazione della
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maggiorazione percentuale. In assenza di produzioni documentali -a mezzo buste paga o prospetti di rilevazione delle presenze -idonee ad attestare il compenso percepito e ad offrire il riscontro della prestazione effettiva delle giornate festive allegate.
Tutto ciò conferma la congruità della valutazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla carenza di prova dell ‘ an e del quantum della pretesa, insuscettibile di essere emendata attraverso il ricorso ai poteri istruttori d ‘ ufficio, come inammissibilmente sostenuto in ricorso.
Infatti, per consolidato indirizzo di questa Corte nel rito del lavoro, l ‘ attivazione dei poteri istruttori d ‘ ufficio del giudice non può mai essere volta a superare gli effetti derivanti da una tardiva richiesta istruttoria delle parti o a supplire ad una carenza probatoria totale, in funzione sostitutiva degli oneri di parte, in quanto l ‘ art. 421 c.p.c., in chiave di contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale -quale caratteristica precipua del suddetto rito speciale -consente l ‘ esercizio dei poteri ufficiosi allorquando le risultanze di causa offrano già significativi dati di indagine, al fine di superare lo stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si controverte; ne consegue che tale potere non può tradursi in una pura e semplice rimessione in termini del convenuto tardivamente costituito, in totale assenza di fatti quantomeno indiziari, che consentano al giudicante un ‘ attività di integrazione degli elementi delibatori già ritualmente acquisiti (vedi, per tutte: Cass. 27 ottobre 2020, n. 23605).
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 3 giugno 2025.
La Presidente (NOME COGNOME)
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