Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27890 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Data pubblicazione: 20/10/2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 27890  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME
Consigliere NOME.
Banca
CC 01/10/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10770 R.G. anno 2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME ;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 477/2020 emessa dalla Corte  di appello di Lecce il 27 maggio 2020
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 ottobre 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.  ─ RAGIONE_SOCIALE,  NOME  COGNOME  e  NOME  hanno impugnato  per  cassazione  due  sentenze,  una  non  definitiva,  l’altra definitiva, rese dalla Corte di appello di Lecce con riguardo a un rapporto di conto corrente intrattenuto dalla predetta società con RAGIONE_SOCIALE s.p.a.: rapporto rispetto al quale le altre due  attrici avevano  prestato fideiussione, così garantendo le obbligazioni della correntista.
Il  Tribunale  di  Brindisi,  prendendo  in  considerazione  le  sole movimentazioni successive alla data del 31 marzo 2003 (cui risaliva il primo estratto conto prodotto dagli attori), aveva rideterminato il saldo del conto corrente in contestazione nella somma di euro 29.091,86 a credito  della  società  attrice,  condannando  la  banca  al  pagamento  di detta somma in favore di RAGIONE_SOCIALE.
2. ─ La  Corte  di  appello  di  Lecce  aveva  dapprima  dichiarato l’inammissibilità della domanda di NOME , NOME COGNOME e NOME COGNOME, avente ad oggetto la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di somme eventualmente risultanti a credito della società correntista in conseguenza  della  rielaborazione  del  saldo  del  conto  corrente  in contestazione  e  quindi  determinato  tale  saldo  in  ragione  di  euro 232.410,07 a credito della banca, alla data del 30 settembre 2013.
3 .  –  I l  ricorso  per  cassazione  è  articolato  in  tre  motivi  ed  è resistito con controricorso da RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. ─ La proposta ha il tenore che segue.
«on il primo motivo la  sentenza impugnata è censurata per non  aver  la  Corte  di  appello  applicato  il c.d. ‘ saldo  zero ‘ nella contabilizzazione del rapporto di conto corrente pur in presenza di una richiesta formulata a norma dell’art. 119 t.u.b.; si oppone la violazione
Numero registro generale NUMERO_DOCUMENTO
Numero sezionale 3269/2025
Numero di raccolta generale 27890/2025
Data pubblicazione 20/10/2025
e falsa applicazione degli artt. 1713, 1856, 2697 c.c., 119, comma 4, t.u.b., 115, 116 e 263 c.p.c.;
«con il secondo motivo si lamenta la mancata valutazione da parte della Corte di appello ‘ del comportamento tenuto dalla banca violativo degli  obblighi  di  buona  fede  e  correttezza ‘;  viene  denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729, 1374 e 1375 c.c., 119, comma 4, t.u.b, 88, 112, 114, 115 e 116 c.p.c.;
«occorre anzitutto considerare che nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio: nel caso di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi i quali consentano di affermare che il debito, nell’intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543); poiché NOME COGNOME era attrice in giudizio, correttamente la Corte di merito ha escluso si potesse procedere alla rielaborazione del saldo azzerando il saldo iniziale del primo estratto conto disponibile;
«i ricorrenti evidenziano che con comunicazione del 27 novembre 2014 ‘ la  società  RAGIONE_SOCIALE  aveva  inutilmente  richiesto  copia  degli estratti conto con decorrenza dalla nascita del rapporto sino al 30 marzo 2003 con riguardo ad un contratto di conto corrente bancario in essere al momento della proposizione della domanda ‘: gli istanti non possono
tuttavia  dolersi  della  mancata  valorizzazione,  da  parte  della  Corte  di merito, dell’asserita inottemperanza della banca all’ordine suddetto;
«anzitutto, e in linea di principio, il tema involge un apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede; in secondo luogo, il diritto del cliente ad ottenere copia della documentazione relativa alle operazioni effettuate, previsto dall’art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, ha natura di diritto sostanziale ed ha fondamento negli obblighi di buona fede in executivis : esso riguarda tutta la documentazione negoziale, compresi gli estratti conto, a prescindere dalla comunicazione periodica degli stessi, ma copre solo le operazioni degli ultimi dieci anni, operando, al di fuori di questo limite, il generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, gravante in modo indifferenziato su tutte le parti (Cass. 29 novembre 2022, n. 35039): ebbene, nella fattispecie si fa questione di documentazione anteriore al decennio (la richiesta è del 27 novembre 2014, gli estratti conto da acquisire erano quelli che documentavano le operazioni fino al 30 marzo 2003);
«la doglianza quanto al mancato utilizzo delle presunzioni non coglie nel segno: la censura, oltre ad essere gravemente generica, si sottrae all’esame della S.C.: spetta, infatti, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass. 5 agosto 2021, n. 22366, la quale precisa, poi, che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio; cfr. pure: Cass. 26 febbraio 2020, n. 5279; Cass. 27 ottobre 2010, n. 21961);
«inammissibili sono pure le censure vertenti sulla violazione degli
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artt.. 115 e 116 c.p.c.: in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; ove invece si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass.9 giugno 2021, n. 16016);
«con  il  terzo  motivo la  sentenza  impugnata  è  censurata  per violazione o falsa applicazione degli artt. 88, 91, 92, 132, 156 e 161 c.p.c., oltre che ‘ omessa motivazione in ordine alla condanna alle spese pur  in  presenza  di  soccombenza  parziale,  pronuncia extra  petita e comportamenti in violazione dell’art. 88 c.p.c.’ ;
«il  motivo  è  inammissibile;  i  ricorrenti  non  possono  certo  dirsi vittoriosi: come si legge nelle due sentenze impugnate, essi avevano
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domandato accertarsi il loro credito nei confronti della banca per la somma di euro 29.219,37 ‘ od in quella meglio vista ‘ ; la sentenza definitiva ha invece accertato un debito dei medesimi per euro 232.410,07; ciò detto, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. Sez. U. 15 luglio 2005, n. 14989; Cass. 26 aprile 2019, n. 11329)
─ Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
In particolare, l’ottenimento, in sede giudiziale, della documentazione  contabile  di  cui  all’art.  119,  comma  4,  t.u.b.  era precluso in ragione del fatto che, come esposto nella proposta, essa non poteva considerarsi « inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni ».
Nell’istanza di decision e e nella memoria si deduce che la banca si sarebbe resa inadempiente all’obbligo di rendicontare il cliente sull’andamento del rapporto: ma tale questione è estranea al ricorso per cassazione e non può, dunque, avere ingresso; essa, del resto, non poteva essere oggetto di scrutinio avanti alla Corte di legittimità ove pure fosse stata fatta valere col ricorso; quando, infatti, con tale ricorso siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità
di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 1 luglio 2024, n. 18018; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430). Peraltro, una domanda di rendiconto è smentita da quanto trascritto nel ricorso per cassazione, e segnatamente da pag. 3 dello stesso atto di impugnazione, ove sono riprodotte le conclusioni rassegnate in primo grado. Per mera completezza deve infine rilevarsi che l’invio periodico degli estratti conto esaurisce, in relazione al periodo considerato, l’obbligo della banca di rendere il conto al cliente: con la conseguenza che ove questi abbia approvato, anche tacitamente, l’estratto conto ricevuto, non vi è più titolo per richiedere, in un secondo momento, altre forme di rendiconto relative al medesimo periodo (Cass. 22 maggio 1997, n. 4598, in motivazione); una vera e propria azione di rendiconto comunque non proposta – avrebbe potuto quindi delinearsi solo ove fosse stato dedotto e provato il mancato invio degli estratti conto: evenienza, questa, che il ricorso per cassazione non prende in esame.
Ulteriori  rilievi  svolti  nella  memoria  non  appaiono  concludenti, risolvendosi,  come  già  evidenziato  nella  proposta  di  decisione,  in deduzioni di fatto inammissibili nella presente sede.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4 . ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Tr ovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La  Corte
dichiara  inammissibile  il  ricorso;  condanna  parte  ricorrente  al pagamento,  in  favore  della  parte  controricorrente,  delle  spese  del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento delle ulteriori somme di euro 6.500,00 nei confronti della
parte controricorrente e di euro 2.500,00 nei confronti della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  facente  capo  a parte  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile, in data 1 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME