Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16832 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16832 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2708-2020 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (INDIRIZZO), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE -AZIENDA REGIONALE PER LO SVILUPPO DELL’AGRICOLTURA CALABRESE -GESTIONE RAGIONE_SOCIALE – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la Delegazione della REGIONE CALABRIA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
Incentivo all’esodo L.R. Calabria n. 9/2007
R.G.N. 2708/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 949/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO depositata il 18/07/2019 R.G.N. 817/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello di NOME COGNOME confermando la decisone di primo grado che aveva rigettato la domanda dal medesimo proposta nei confronti dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese -Gestione stralcio ARSSA, volta ad ottenere l’inclusione, nella base di calcolo dell’indennità supplementare di incentivazione all’esodo prevista dall’art. 6, L.R. n. 9 del 2007, della tredicesima e quattordicesima mensilità.
La Corte territoriale ha premesso che l’art. 6, comma 1, L.R. 9/2007, a differenza della precedente L.R. 7/2005 (che nel disciplinare l’analogo incentivo faceva riferimento alla ‘retribuzione lorda’), stabilisce: ‘ai dipendenti a tempo indeterminato dei due enti posti in liquidazione ai sensi degli articoli 4 e 5, nonché agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale utilizzati dai Consorzi di bonifica alla data del 31 dicembre 2006, sono concessi incentivi per l’esodo anticipato dall’impiego, secondo procedure che saranno individuate dalla Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali’; ha rilevato che la legge regionale, per la specificazione dei criteri in base ai quali operare la quantificazione dell’indennità, rinvia alle procedure individuate dalla Giunta regionale; ha ritenuto che fosse onere del ricorrente produrre la documentazione atta a dimostrare che, attraverso le procedure regionali richiamate dal citato art. 6 della L.R. 9/2007, si fosse pervenuti ad una determinazione dei criteri di computo dell’indennità tali da comportare l’inclusione del rateo di tredicesima; ha accertato
che tale prova non era stata fornita dal lavoratore e che al fine suddetto non era utile la produzione della circolare ARSSA 18/2007 poiché la legge regionale demandava la determinazione delle procedure unicamente alla Giunta regionale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con due motivi, illustrati da memoria. L’Agenzia Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese Gestione stralcio ARSSA ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 6, L.R. Calabria n. 9/2007, dell’art. 111 Cost., degli artt. 1362 e ss. c.c., dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. Il ricorr ente censura la sentenza d’appello per avere addossato al lavoratore l’onere di dimostrare che la procedura portava ad includere la tredicesima mensilità nel calcolo della indennità ed inoltre per non avere valorizzato la copiosa documentazione dal medesimo prodotta, tra cui la circolare ARSSA n. 18/2007. Richiama la sentenza n. 882/2019 della Corte d’appello di Catanzaro, pronunciata su una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, in cui si cita la delibera di Giunta regionale n. 748/2007 che, al fine del calcolo della indennità da corrispondere ai lavoratori, fa riferimento al concetto di retribuzione lorda mensile, da intendere come quella dovuta in forza di disposizioni legislative, regolamentari e dei contratti collettivi. Il ricorrente critica la sentenza d’appello anche nella parte in cui afferma che nel contratto risolutivo del rapporto le parti avevano espressamente
pattuito che gli elementi retributivi da prendere a base del computo dell’indennità incentivante erano solo quelli indicati nella scheda allegata al contratto quale allegato A e assume che tale allegato non consente di comprendere quali voci fossero da computare per la somma spettante a titolo di incentivo all’esodo. Argomenta poi che la sottoscrizione del contratto di risoluzione del rapporto sia avvenuta senza che egli fosse realmente a conoscenza di cosa gli sarebbe stato corrisposto quale incentivo all’ esodo. Richiama la sentenza di legittimità n. 1748/2017 e quella della Corte cost. n. 271 del 2011. Invoca il legittimo affidamento dal medesimo riposto nella inclusione della tredicesima indennità ai fini del computo dell’indennità incentivante, alla luce della normativa di legge, regolamentare e contrattuale in vigore.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per motivazione apparente ed elusiva in merito alla mancata compensazione delle spese di lite alla luce del contrast o tra diverse pronunce della Corte d’appello di Catanzaro su fattispecie perfettamente sovrapponibili e del repentino mutamento di giurisprudenza della stessa Corte d’appello.
Il primo motivo di ricorso è fondato e il suo accoglimento assorbe il secondo motivo.
La questione posta dal motivo in esame investe l’interpretazione dell’art. 6, L.R. Calabria n. 9/2007 concernente ‘Incentivi per l’esodo al personale degli enti disciolti’ e che dispone: ‘Ai dipendenti a tempo indeterminato dei due enti posti in liquidazione ai sensi degli articoli 4 e 5, nonché agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale utilizzati dai Consorzi di bonifica alla data del 31 dicembre 2006, sono concessi
incentivi per l’esodo anticipato dall’impiego, secondo procedure che saranno individuate dalla Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali’.
5. La citata previsione della L.R. n. 9/2007, applicabile alla fattispecie oggetto di causa, ha quale antecedente l’analoga previsione di cui all’art. 7 c. 1 della L. R. Calabria n. 8 del 2005. L’art. 7, comma 1, al fine di realizzare il contenimento della spesa corrente e per accelerare il processo di riorganizzazione dell’Amministrazione regionale, aveva statuito che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 17 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) dell’Autonoma area della dirigenza del comparto Regioni e Autonomie locali sottoscritto il 23 dicembre 1999 (prevedente l’erogazione di una indennità supplementare in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro), ai dirigenti titolari di rapporto di impiego a tempo indeterminato che prestavano la loro attività per l’amministrazione regionale da almeno due anni, e che avessero, nel termine previsto dalla legge, presentato alla Regione una proposta per la risoluzione del rapporto dì lavoro, sarebbe stata erogata una indennità supplementare.
Analoga possibilità di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro era prevista dal comma 6 del medesimo art. 7 per i dipendenti titolari di rapporto di impiego a tempo indeterminato, aventi anzianità di servizio pari almeno a due anni, che avessero presentato istanza di cessazione dal servizio nei termini e con le scadenze previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 7.
Era stabilito che la misura della indennità sarebbe stata determinata sulla base della retribuzione mensile lorda spettante alla data di cessazione del rapporto di lavoro e sarebbe stata corrisposta alle scadenze di cui ai commi 3 e 4.
Il comma 7 autorizzava la Giunta regionale ad emanare, nel rispetto del termine di cui al comma 2, ove necessarie, apposite direttive per l’applicazione di detta disposizione e la Giunta Regionale adottò la delibera del 30 maggio 2005 n. 532.
Con la L. R. n. 15 del 2008, art. 44, di interpretazione autentica dell’art. 7 legge regionale 2 marzo 2005, n. 8, si era disposto che il comma 6 di tale articolo dovesse essere inteso nel senso che la retribuzione lorda spettante alla data di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, utile ai fini della definizione della indennità supplementare prevista nella medesima legge, è quella individuata, per il personale in posizione non dirigenziale alla cessazione volontaria dal servizio, all’articolo 52, lettera c), del CCNL 1999 e successive modifiche con esclusione nella determinazione della citata indennità del rateo di tredicesima mensilità e retribuzione di risultato.
Con la sentenza n. 271 del 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 44 appena richiamato, sul rilievo che sia il dato normativo costituito dall’ art. 7 c. 6 della L. R. n. 8 del 2005, sia la delibera attuativa del 30.5.2005 n. 532 orientavano nel senso che nella nozione di retribuzione lorda rientrasse anche la tredicesima mensilità.
Questa Corte, con numerose pronunce, ha affermato che, in tema di trattamento economico dei dirigenti della Regione Calabria, nella retribuzione mensile lorda utile ai fini del calcolo dell’indennità incentivante all’esodo ex art. 7, comma 6, della L.R. Calabria n. 8 del 2005, va inclusa anche la tredicesima mensilità, indipendentemente dalla relativa previsione nel contratto intercorso tra le parti, in ragione della sua natura retributiva ed in quanto dotata dei requisiti di fissità, continua attività, costanza e generalità (Cass. n. 1748 del 2017; n. 10307 del 2018; n. 12198 del 2020; v. anche Cass. n. 4676 del 2024).
6. Nella fattispecie oggetto di causa, la Corte d’appello ha posto in evidenza come, a differenza dell’art. 7 della L.R. 8/2005 che ancorava espressamente l’incentivo per cui è causa alla retribuzione lorda, l’art. 6 della L.R. 9/2007, applicabile all’attu ale ricorrente, rinvia per la determinazione del compenso incentivante alle ‘procedure che saranno individuate dalla Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali’. Secondo i giudici di appello, era onere del ricorrente produrre la documentazione a tta a dimostrare l’inclusione della tredicesima mensilità nella base di calcolo del compenso incentivante e tale onere non è stato assolto, non essendo idonea al fine suddetto la produzione della circolare ARSSA 18/2007 posto che la legge attribuisce esclusivamente alla Giunta regionale il potere di definire la nozione di retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo della indennità incentivante.
La sentenza d’appello non ha fatto corretta applicazione della regola di distribuzione dell’onere probatorio, la cui violazione è denunciata nel corpo del primo motivo di ricorso.
Con orientamento costante (Cass., S.U. n. 13353 del 2001; Cass. n. 15677 del 2009; n. 3373 del 2010; n. 826 del 2015), questa Corte ha statuito che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza
dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.
Era onere quindi dell’Agenzia regionale dimostrare che il compenso incentivante versato al sig. COGNOME fosse stato determinato in conformità alle ‘procedure individuate dalla Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali’, secondo quanto richies to dall’art. 6 della L.R. 9/2007; la Corte d’appello ha errato nell’addossare tale onere al lavoratore e nel porre a base della decisione il suo mancato assolvimento.
Non può attribuirsi efficacia dirimente alla statuizione contenuta nella sentenza d’appello (p. 3, § 6), in cui si dà atto dell’accertamento eseguito in primo grado sul contenuto del contratto risolutivo del rapporto, in cui le parti ‘avevano espressamente pattuito che gli elementi retributivi da prendere a base del computo dell’indennità incentivante erano solo ed esclusivamente quelli indicati nella scheda allegata al contratto quale allegato A’, atteso che, rispetto alla dedotta violazione della L.R. 9/2007, art. 6, riveste priorità logica la corretta applicazione della regola di distribuzione dell’onere probatorio. Inoltre, deve considerarsi che, in riferimento alle dichiarazioni contenute nel contratto risolutivo, questa Corte, nei precedenti specifici già citati (Cass. n. 1748 del 2017), ha dato seguito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la quietanza a saldo sottoscritta dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, ad una serie di titoli di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinuncia o di transazione,
che il lavoratore ha l’onere di impugnare nel termine di cui all’art. 2113 c.c., alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili “aliunde”, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi (ex multis Cass.. 8293/2007, 11536/2006, 20156/2004, 9497/2001). È stato affermato, nelle pronunce innanzi richiamate, che enunciazioni di tal genere sono assimilabili alle clausole di stile e non sono sufficienti di per sé a comprovare l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell’interessato. Nel caso di specie, l’accertamento svolto in pri mo grado e di cui dà atto la sentenza d’appello non investe anche la consapevolezza del lavoratore di abdicare a diritti determinati od obiettivamente determinabili.
Le considerazioni svolte conducono all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza camerale del 19 marzo 2023