Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7794 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7794 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6092/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, domicilio digitale: e NOME e NOME COGNOME
(p.e.c. EMAIL)
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 3661/2020, pubblicata in data 21 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Roma su istanza di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di euro 4.895.150,74, a titolo di differenze sul corrispettivo maturato in relazione ai servizi di trasporto di prodotti petroliferi eseguiti dall’opposta nel periodo compreso tra il giugno 2009 ed il dicembre 2011, in applicazione dell’art. 83 -bis d.l. n. 112 del 2008 in materia di tariffe minime inderogabili.
Con separato atto di citazione RAGIONE_SOCIALE introduceva giudizio di accertamento negativo per il medesimo credito, poi riunito al giudizio di opposizione.
L’opponente deduceva la contrarietà dell’invocato art. 83 -bis alla normativa comunitaria e la inutilizzabilità della procedura monitoria, pure prevista dal comma 9 della medesima disposizione normativa, in assenza dei presupposti, tra i quali l’assenza di un contratto di autotrasporto in forma scritta.
L’opposta, oltre a chiedere la conferma della pretesa creditoria azionata con il ricorso monitorio, spiegava domanda riconvenzionale per l’accertamento del credito ex art. 2041 cod. civ.
Il Giudice adito accoglieva l’opposizione, disapplicando l’art. 83 –
bis citato per contrarietà alla normativa comunitaria, e rigettava la domanda riconvenzionale per non avere la società opposta provato di avere sostenuto costi maggiori rispetto ai compensi concordati.
La sentenza è stata parzialmente riformata in secondo grado limitatamente alle spese di lite e confermata nel resto.
In sintesi, la Corte d’appello di Roma ha ritenuto applicabile l’art. 83bis d.l. n. 112/2008, puntualizzando che la Corte di giustizia con la sentenza n. 184 del 2014 aveva sancito l’incompatibilit à rispetto al diritto comunitario della sole Tabelle emesse dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto, facendo invece salve quelle predisposte dal Ministero dei Trasporti; ha, comunque, respinto il gravame interposto da RAGIONE_SOCIALE, per difetto di prova della pretesa sotto il profilo del quantum, evidenziando che il conteggio da essa depositato in primo grado a sostegno della domanda poggiava sui criteri stabiliti dall’Osservatorio, non utilizzabili, e che, al contrario, quello offerto da Esso s.p.a. era stato elaborato facendo applicazione delle tabelle del Ministero dei Trasporti; ha, quindi, disatteso, ritenendola ‘esplorativa’, la richiesta di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.
La Curatela del RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, affidato a quattro motivi, cui resiste Esso Italiana s.p.a. mediante controricorso e con ricorso incidentale condizionato, sulla base di un unico motivo.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale la Curatela deduce la ‹‹violazione e falsa applicazione dell’art. 83 bis nn. 1, 2, 6, 9 e 10 d.l. n. 112 del 2008, in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ.›› , per
avere la Corte d’appello ritenuto non provata la pretesa creditoria in punto di quantum.
Rappresenta, preliminarmente, che l’art. 83 -bis in esame, prima della sua abrogazione intervenuta nel 2014, individuava un soggetto, denominato ‘Osservatorio sulle attività di autotrasporto’ che, in base alle rilevazioni effettuate dal Ministero dello sviluppo economico sul prezzo medio del gasolio, determinava mensilmente il costo medio per chilometro di percorrenza, con riferimento alle diverse tipologie di veicoli, nonché, con cadenza semestrale, la quota, espressa in percentuale, dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi rappresentata dai costi del carburante; e che, ai commi 6 e 9, la medesima disposizione prevedeva la procedura, stragiudiziale e giudiziale, per richiedere l’adeguamento tariffario nei confronti del committente, stabilendo che, al fine di ottenere il decreto ingiuntivo, il vettore doveva depositare una serie di documenti a corredo del ricorso monitorio, utilizzabili, in sede di giudizio di opposizione, dal c.t.u. per verificare l ‘ eventuale fondatezza della domanda.
Lamenta che la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto l’astratta applicabilità, al caso de quo , dell’art. 83 -bis d.l. n. 112/2008 in tema di adeguamenti tariffari, abbia poi negato l’accesso alla consulenza tecnica d’ufficio da essa richiesta , facendo leva, per un verso, sul fatto che il conteggio già prodotto dalla società in primo grado faceva riferimento alle tabelle dell’Osservatorio e non a quelle del Ministero; per altro verso, sulla circostanza che, in appello, non era stato prodotto dalla Curatela un nuovo conteggio di parte fondato sulle tabelle del Ministero e che quello prodotto da RAGIONE_SOCIALE -effettuato solo per alcuni periodi relativi alla pretesa rivendicata -non era stato specificamente contestato dalla Curatela nel giudizio di secondo grado.
Facendo rilevare che la consulenza tecnica di parte ha valore di mera allegazione difensiva a contenuto tecnico e che l’art. 83 -bis citato prevede in maniera tassativa quali documenti debbano essere offerti per ottenere il decreto ingiuntivo, sostiene che, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, qualora vi sia contestazione sui risultati dei conteggi prodotti dal vettore, il Giudice di merito è tenuto a d espletare una consulenza tecnica d’ufficio al fine di confrontare i compensi corrisposti dal committente in favore dell’autotrasportatore rispetto a quelli individuati ex lege dal citato art. 83bis ; di conseguenza, secondo la ricorrente, negando l’ammissione di un accertamento tecnico, pur a fronte della produzione dei documenti necessari, la Corte d’appello avrebbe violato il comma 9 dell’art. 83 -bis richiamato.
Con il secondo motivo la Curatela prospetta la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e censura la decisione gravata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto rilevante la mancata contestazione, in appello, della relazione di parte, già prodotta da RAGIONE_SOCIALE in primo grado con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che i giudici di appello avrebbero aderito, in maniera acritica, ai calcoli riportati nella consulenza di parte depositata da Esso Italiana s.p.a., senza ritenere necessaria una verifica da parte di un consulente tecnico d’ufficio e attribuendo rilevanza alla mancata contestazione di detto elaborato peritale.
Precisa, al riguardo, che la consulenza di parte prodotta dalla Esso Italiana s.p.a. era volta a confutare la perizia da essa depositata, mediante il ricorso ad una diversa modalità di calcolo che, anche a parità di parametri, conduceva a risultati diametralmente opposti; non avendo tale relazione valore di prova, non poteva ritenersi sussistente un onere, a suo carico, di contestare, in modo specifico, le
risultanze dell’elaborato.
Con il terzo motivo, censurando la sentenza impugnata per violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., la ricorrente addebita ai giudici di appello di avere fatto discendere dalla mancata produzione di un nuovo elaborato peritale la mancata ammissione di c.t.u. ed il rigetto dell’appello, senza considerare che la produzione di una nuova consulenza di parte in appello, oltre a non essere necessaria, era anche preclusa dal divieto imposto dal terzo comma dell’art. 345 cod. proc. civ., come novellato dal d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, con legge n. 134 del 2012.
Con il quarto motivo la Curatela deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 191 cod. proc. civ. ed attinge la sentenza là dove ha ritenuto inammissibile la consulenza tecnica contabile considerandola ‘ esplorativa ‘ , pur a fronte della documentazione già prodotta in sede monitoria e nuovamente depositata nel procedimento di appello.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE denunziando la violazione e falsa applicazione dell’art. 83bis d.l. n. 112 del 2008, nonché dell’art. 101 TFUE e dell’art. 4 TUE ed inosservanza dei precedenti giurisprudenziali della Corte Costituzionale, sostiene che i giudici di secondo grado avrebbero errato nel considerare applicabile, al caso sottoposto al loro esame, l’art. 83 -bis d.l. n. 112 del 2008, piuttosto che disapplicarlo perché non rispettoso della normativa comunitaria, e nell’avere fatto riferimento a tal fine alla sentenza della Corte costituzionale n. 47 del 2018, la cui valutazione afferisce esclusivamente alla compatibilità della disposizione normativa rispetto ai soli parametri costituzionali e non a quelli di rilevanza comunitaria.
Preliminarmente allo scrutinio dei motivi è opportuna una preliminare disamina della disciplina nazionale di determinazione del
corrispettivo spettante al vettore nel contratto di trasporto di merci su strada per conto terzi.
6.1. Il d.l. n. 112 del 2008, poi convertito nella legge n. 133 del 2008, ha introdotto una nuova regolazione delle tariffe di trasporto, sostituendo al sistema delle ‘ tariffe a forcella ‘ il diverso sistema dei cd. corrispettivi minimi (successivamente abrogato per effetto della legge n. 190 del 2014).
L ‘art. 83 -bis del d.l. n. 112/2008 prevede che, qualora il contratto di trasporto di merci su strada non sia stato stipulato in forma scritta, il corrispettivo minimo dovuto al vettore deve essere pari alla somma dei seguenti due parametri: a) il costo chilometrico medio del carburante (calcolato sulla base di quanto determinato d all’Osservatorio sulle attività di trasporto, di cui all’art. 9 del d.lgs. 21.11.2005 n. 286, tenuto conto delle rilevazioni effettuate mensilmente dal Ministero dello sviluppo economico) moltiplicato per il numero dei chilometri percorsi; b) la quota dei costi di esercizio (diversi dal costo del carburante), calcolata tenendo conto sempre di quanto determinato dall’Osservatorio (al quale spetta, due volte all’anno, stabilire la quota di percentuale d’incidenza del costo del carburante sul totale dei costi di esercizio).
L’art. 83 -bis , al comma 8, dispone che, qualora la parte del corrispettivo dovuta al vettore risulti indicata in un importo inferiore a quello dei costi minimi di esercizio, il vettore può chiedere il pagamento della differenza; mentre al comma 10 rimanda ad una disciplina transitoria, fino a che non siano intervenute le determinazioni adottate dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto.
Il d.l. n. 5 del 2009, convertito nella l. n. 33 del 2009, espressamente incaricava il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di adottare decreti esecutivi con i quali identificare
provvisoriamente i costi minimi applicabili (con riferimento alle diverse tipologie di veicoli e alla percorrenza chilometrica), fino a quando l’Osservatorio non avesse elaborato le tabelle ‘definitive’.
Senonché, tra il mese di agosto 2009 ed il mese di ottobre 2011, non è intervenuto alcun decreto ministeriale che regolamentasse i criteri da utilizzare per l’applicazione dei costi minimi di cui al citato art. 83bis ; tuttavia, è intervenuto il d.l. n. 5/2009, convertito in l. n. 33/2009, che all’art. 7 sexies prevede che, sino a quando non siano disponibili le determinazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 83bis , il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è tenuto ad elaborato con riferimento alle diverse tipologie di veicoli ed alla percorrenza chilometrica gli indici sul costo del carburante.
6.2. La Corte di Giustizia Ue, intervenendo, dapprima, con sentenza 4 settembre 2014, n. 184 (nelle cause riunite da C -184/13 a C -187/13, C -194/13, C -195/13 e C -208/13) e, poi , con l’ordinanza del 21 giugno 2016 (nella causa C- 121/2016), ha precisato che la normativa nazionale, istitutiva dell’Osservatorio: a) non specificava i principi direttivi a cui tale organo doveva attenersi; b) non conteneva nessuna norma atta a impedire ai rappresentanti delle organizzazioni di categoria di agire nell’esclusivo interesse della categoria di appartenenza; c) si limitava ad una generica enunciazione della tutela della sicurezza stradale, lasciando in capo ai membri dell’Osservatorio un ampio margine di discrezionalità e di autonomia nel determinare i costi minimi d’esercizio nell’interesse delle organizzazioni di categoria che li avevano designati; ponendo così in rilievo che la normativa nazionale non conteneva né regole procedurali, né prescrizioni sostanziali idonee a garantire che l’Osservatorio si comportasse, in sede di elaborazione dei costi minimi di esercizio, come un’articolazione del pubblico potere che
agisce per motivi di interesse pubblico.
Ha, quindi, ravvisato la non conformità dell’art. 83 -bis d.l. n. 112/08 alle norme sovranazionali unicamente sotto il profilo dell’attribuzione della determinazione dei costi ad un organismo (l’Osservatorio), «composto principalmente da rappresentanti degli operatori economici interessati», riconoscendo -viceversa – la compatibilità con l’ordinamento euro -unitario della determinazione dei costi minimi demandata ad un’amministrazione nazionale, come quella proveniente dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (cfr. Cass., sez. 3, 24/10/2023, n. 29466; Cass., sez. 3, 06/02/2024, n. 3427; Cass., sez. 3, 03/12/2024, n. 30914).
6.3. Successivamente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 47/2018, ha rigettato la questione di legittimità sollevata con riguardo al citato art. 83bis del d.l. 112/2008, sostenendo che: ‹‹non è configurabile una lesione della libertà di iniziativa economica, allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale, come sancito dall’art. 41, secondo comm a, Cost., purché, per un verso, l’individuazione di quest’ultima non appaia arbitraria e, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue ›› e che ‹‹i costi minimi determinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti costituiscono, nel disegno del legislatore, un limite al di sotto del quale potrebbero venire compromessi i livelli di sicurezza nella circolazione stradale, in virtù di uno sfruttamento eccessivo delle risorse umane e materiali da parte delle imprese di trasporto ››; concludendo che la disciplina introdotta dall’art. 83 -bis del DL 112/2008, inoltre, prevedendo solo corrispettivi minimi basati su costi incomprimibili ed essenziali, lascia alle parti una maggiore autonomia negoziale rispetto alle tariffe a forcella, con limitazioni all’iniziativa economica privata che
appaiano ragionevoli e proporzionate e compatibili con i principi costituzionali ›› .
Tanto premesso, il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
7.1. La odierna ricorrente, nel contestare l’accertato difetto di prova della pretesa creditoria con riferimento al quantum , sostiene di avere prodotto i documenti che il d.l. n. 112 del 2008 richiede a supporto della richiesta di emissione di decreto ingiuntivo e che tale documentazione ben avrebbe potuto essere utilizzata, nel successivo giudizio di cognizione instauratosi con l’opposizione al decreto ingiuntivo, al fine del l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio.
7.2. A fronte di tali affermazioni, tuttavia, la Curatela omette di fornire precisa indicazione della documentazione versata agli atti di causa e di dimostrarne la corrispondenza con quella imposta dalla normativa in materia e, in particolare, dall’invocato comma 9 dell’art. 83bis d.l. n. 112 del 2008; difatti si limita a richiamare la documentazione asseritamente prodotta a supporto del ricorso monitorio, senza riportarne il contenuto, quanto meno per le parti rilevanti, né in modo diretto, né in modo indiretto, al fine di porre questa Corte nella condizione di valutare la doglianza sulla base del solo ricorso e senza fare riferimento ad atti ad esso esterni.
La censura, per come formulata, si pone, quindi, in palese violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , dovendosi ribadire che, quando il ricorso per cassazione si fonda su atti del giudizio di merito, il ricorrente non può limitarsi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove (in tutto o in parte) riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla
sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimità, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., sez. U, 19/04/2016, n. 7701; Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469).
7.3. Preme, al riguardo, rilevare che anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha confermato la compatibilità del requisito della cd. autosufficienza del ricorso con il principio di cui all’art. 6, § 1, della CEDU, a norma del quale «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…)», purché, secondo il criterio di proporzionalità, non si trasmodi in un ‘formalismo eccessivo’ .
In particolare, per quanto rileva in questa sede, analizzando il ricorso n. 37781/13 (in cui, similmente alla fattispecie in esame, si era osservato «che il ricorrente si era limitato a menzionare, nei suoi motivi di ricorso, i documenti del procedimento sul merito senza presentarne le parti pertinenti e senza indicare i riferimenti necessari per ritrovarli nel fascicolo allegato al ricorso per cassazione»), i Giudici europei hanno evidenziato che «i motivi di ricorso per cassazione che rinviano ad atti o a documenti del procedimento sul merito devono indicare sia le parti del testo in contestazione che l’interessato ritiene pertinenti, che i riferimenti ai documenti originali inseriti nei fascicoli depositati, allo scopo di permettere al giudice di legittimità di verificarne tempestivamente la portata e il contenuto, salvaguardando le risorse disponibili» (par. 103) (cfr. Cass, sez. U, 18/03/2022, n. 8950; Cass., sez. 1, 19/04/2022, n. 12481).
7.4. La censura, peraltro, neppure si confronta con la ratio della
decisione che, nel respingere l’appello, fa espresso riferimento alla mancanza di una ‹‹ pista probatoria ›› , così evidenziando che la prova documentale offerta da RAGIONE_SOCIALE in primo grado e poi riproposta in grado di appello non potesse considerarsi di per sé sufficiente a dimostrar e l’asserita differenza tra corrispettivi concordati con la Esso Italiana s.p.a. e quelli previsti ex lege dall’art. 83 -bis del d.l. n. 112/1998 e, quindi, a provare il credito asseritamente vantato.
7.5. Con la doglianza in esame non viene, dunque, in rilievo, con riferimento all’art. 83 -bis citato, un errore di interpretazione e applicazione della normativa sostanziale, né tanto meno un errore di sussunzione, né la ricorrente individua in concreto le statuizioni della sentenza che si porrebbero in contrasto con tale disposizione, come prescrive l’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., sez. U, 28/10/2020, n. 23745); piuttosto, sotto l’apparente deduzione di un vizio di violazione di legge, si tende a sollecitare a questa Corte una rivisitazione del merito della controversia, che è preclusa in sede di legittimità.
7.6. Né, d’altro canto , la censura coglie nel segno con riguardo alla contestata violazione dell’art. 2967 cod. civ., costituendo principio consolidato di questa Corte quello secondo cui la violazione di tale precetto è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, perché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità nei ristretti limiti del riformulato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (tra le tante, Cass., sez. 1, 26/06/2023, n. 18198; Cass., sez. L, 19/08/2020, n. 17313; Cass., sez. 3, 29/05/2018, n.
13395; Cass., sez. 3, 23/10/2018, n. 26769).
Parimenti inammissibile è il secondo motivo.
Anche se a pag. 11 della motivazione la Corte d’appello afferma che la Curatela non ha mosso repliche, neppure negli atti difensivi finali, alle risultanze della consulenza tecnica di parte prodotta da Esso Italiana s.p.a., è del tutto evidente che tale affermazione, di per sé, non scalfisce la ratio della pronuncia, che poggia esclusivamente sulla ritenuta assenza di prova, non offerta dall’allora appellante, ora ricorrente, di una ‘effettiva differenza economica’ tra le somme versate dal committente a titolo di corrispettivo per l’esecuzione dei trasporti e le tariffe minime inderogabili elaborate dal Ministero dei Trasporti.
E, in ogni caso, la doglianza non risulta formulata in conformità ai criteri enunciati dalle Sezioni Unite, che hanno ben chiarito che, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., sez. U, 30/09/2020, n. 20867).
Non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità neppure il terzo motivo.
Del tutto inconferente si rivela infatti il riferimento ad una presunta violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., non emergendo dalla sentenza che la Corte d’appello abbia ‘causalmente collegato’ la
mancata produzione, da parte della Curatela, di un nuovo elaborato peritale in grado di appello con la mancata ammissione della c.t.u. ed il rigetto del gravame, evincendosi piuttosto che il percorso argomentativo che sorregge la decisione qui gravata è incentrato sul mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sulla Curatela, stante l’assoluta carenza della documentazione prodotta nel corso del giudizio e l’assenza, in appello, di ‘attività di allegazione’ diretta ad evidenziare il contenuto dei documenti ai quali era affidato il gravame. P unto centrale della decisione non è l’omessa produzione, in appello, di una nuova e diversa perizia, quanto piuttosto la rilevata assenza, a dimostrazione della vantata pretesa creditoria, di un qualsiasi conteggio relativo al quantum richiesto, o di altra documentazione comunque utile per l’espletamento di un accertamento contabile finalizzato alla ricostruzione del rapporto intercorso tra le parti ed alla eventuale determinazione di eventuali differenze di corrispettivo spettanti all’odierna ricorrente , alla stregua delle tabelle predisposte dal Ministero dei Trasporti in luogo di quelle dell’Osservatorio.
Per completezza, va, comunque, ribadito che la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione, regolata dalle norme che disciplinano tali atti e perciò sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., deve ritenersi consentita anche in appello (Cass., sez. 2, 19/01/2022, n. 1614).
Anche il quarto motivo è inammissibile.
Il ricorso alla consulenza tecnica, quale strumento di accertamento dei fatti o di loro valutazione, è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice, non censurabile in sede di legittimità, se non per difetto assoluto di motivazione (Cass., sez. 3, 13/05/2021, n. 12964). Nel caso di specie, tale ultimo vizio neppure
è stato dedotto dalla ricorrente e, in ogni caso, la Corte d’appello, nel respingere la richiesta di ammissione dell’accertamento tecnico, ha reso una motivazione congrua ed esaustiva, puntualizzando che ‹‹ la domanda svolta dal Fallimento Trasco -avente ad oggetto crediti derivanti dalle tabelle del Ministero in luogo di quelle dell’Osservatorio senza alcuna perizia o calcolo, neppure a titolo esemplificativo -non può che essere respinta, perché una CTU -senza una pista probatoria -si appalesa esplorativa e come tale inammissibile ›› .
Il ricorso principale è, dunque, inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso principale consente di dichiarare assorbito il ricorso incidentale condizionato di Esso Italiana s.p.a.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione