Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19236 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19236 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
mutuo
R.G. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 26-6-2024
sul ricorso n. 23817/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL e EMAIL
ricorrenti
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO
Rampa, con domicilio digitale EMAIL controricorrenti avverso la sentenza n. 703/2021 della Corte d’appello dell’Aquila depositata in data 11-5-2021,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26-62024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha convenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME avanti il Tribunale di Teramo, esponendo che i convenuti gli
avevano chiesto di acquistare per loro conto il materiale necessario per la pavimentazione del loro terrazzo per la somma di Euro 1.300,00 con la promessa di restituzione, e che egli aveva anche prestato loro nell’estate 2011 Euro 4.500,00 per l’acquisto di una vettura; ha chiesto perciò la restituzione della somma complessiva di Euro 5.800,00 con gli interessi legali dalla data della richiesta di restituzione del 16-112012.
Si sono costituiti i convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME contestando la domanda, che con sentenza n.358/2020 depositata il 25-5-2020 il Tribunale di Teramo ha rigettato.
2. NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato con sentenza n. 703/2021 pubblicata in data 11-52021, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
La sentenza ha dichiarato che risultava fornita unicamente la prova della dazione dell’assegno a NOME COGNOME, ma non era stata raggiunta alcuna prova che tale somma fosse stata consegnata a titolo di prestito con accordo di restituzione, «non potendo risultare sufficienti in tal senso le dichiarazioni rese in atti, anche se parzialmente diverse tra loro, non potendo desumersi da una eventuale contraddizione tra le stesse (peraltro insussistente) la prova del titolo allegato dall’appellante ». Ha dichiarato che non sussistevano neppure i presupposti per ammettere la prova richiesta che verteva sull’acquisto di materiale edile, ma non sulla dimostrazione del titolo, e quindi sulla ragione sottostante a tale ulteriore dazione di denaro sotto forma di acquisto di materiale.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 26-6-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo è intitolato ‘ violazione di legge -art. 360 n. 4 con riferimento agli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 111 Cost. -nullità della sentenza per difetto di motivazione -rigetto della domanda per avere la Corte fondato la sua decisione su una presunta insufficienza delle dichiarazioni rese dalle parti convenute, senza alcuna specificazione di quelle prese in esame -incomprensibilità dell’iter logico seguito dalla Corte territoriale’. Il ricorrente lamenta che la sentenza abbia dichiarato che ‘le dichiarazioni rese in atti’ non erano sufficienti a dare la prova del titolo allegato dall’appellante , con un ragionamento incomprensibile, che prima aveva fatto genericamente riferimento alle dichiarazioni parzialmente diverse tra loro, senza dire in cosa consistesse tale diversità, e poi aveva aggiunto che da una eventuale contraddizione tra le dichiarazioni, che pure aveva escluso, non era possibile desumere la prova del titolo. Evidenzia che nell’atto di appello era stato integralmente trascritto quanto dichiarato in sede di interrogatorio libero da NOME COGNOME, il quale aveva sostanzialmente ammesso che la dazione di denaro era stata un prestito per l’acquisto di vettura. Aggiunge che aveva chiesto alla Corte d’appello di rivalutare il quadro probatorio anche tenendo conto del contegno dei convenuti, i quali avevano offerto quattro diverse versioni dei fatti, e pertanto sostiene che, non essendo stati presi in considerazione tali dati, sia impossibile ricostruire l’iter logico della decisione.
1.1.Il motivo è infondato.
E’ acquisito il principio secondo il quale l’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. comporta la riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processua li; l’anomalia , che comporta violazione degli artt. 111 co.6 Cost. e 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza, s i esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880, per tutte).
Il ricorrente sostiene che la motivazione sia incomprensibile in quanto non fa specifico riferimento alle diverse dichiarazioni rese dai convenuti, negli scritti difensivi, nell’interrogatorio libero e nell’interrogatorio formale ma si esclude che, al fine di soddisfare il minimo costituzionale entro il quale si svolge il sindacato di legittimità, la sentenza impugnata dovesse contenere quella specifica disamina. La sentenza ha espresso con chiarezza il concetto che, a fonte della prova della dazione dell’assegno di Euro 4.500,00 data dalle ammissioni dei convenuti, non era stata raggiunta la prova che la dazione fosse avvenuta a titolo di prestito, perché tale prova non poteva desumersi dal fatto che i convenuti avessero reso dichiarazioni contraddittorie . E’ evidente che l’esposizione analitica delle diverse dichiarazioni, alle quali il ricorrente fa riferimento nel motivo di ricorso, non era necessario per comprendere la giustificazione posta a fondamento del rigetto del
motivo di appello, riferita al dato che la circostanza che fossero state fornite spiegazioni diverse e anche contrastanti sulla dazione di denaro non era in sé elemento che consentiva di ritenere provato che il titolo della dazione di denaro fosse il mutuo. Il ragionamento svolto dalla Corte d’appello , oltre a essere pienamente comprensibile, è in sé logico e coerente con gli altri argomenti svolti, per cui si esclude qualsiasi vizio della motivazione che ne possa comportare nullità.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione dell’art. 360 n. 5 omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti -prestito della somma di Euro 4.500,00 finalizzato all’acquisto di un’autovettura circostanza in tal senso confermata dalle dichiarazioni spontaneamente rilasciate da uno dei convenuti -decisività del fatto omesso’ . Il ricorrente evidenzia che, contrariamente a quanto dichiarato nella sentenza impugnata, egli aveva dedotto che, se il Tribunale avesse preso in considerazione le dichiarazioni rese spontaneamente dai convenuti in sede di interrogatorio libero, ne avrebbe valutato la condotta processuale ondivaga e avrebbe dovuto ritenere provato il prestito; rileva che quelle dichiarazioni, pur non comportando dirette ammissioni circa il prestito, smentivano la giustificazione inizialmente addotta della consegna a titolo di compenso, in quanto il compenso si trasformava in regalo per i servizi resi; aggiunge che anche il da to dell’acquisto della vettura con l’importo di Euro 4.500,00 era stato dichiarato da NOME COGNOME nell’interrogatorio libero e lamentano che la sentenza non abbia considerato tale fatto.
2.1. Il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile in primo luogo ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -22012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di
“doppia conforme”, in quanto la sentenza d’appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario il ricorrente, limitandosi a lamentare che la Corte d’appello non abbia esaminato le sue deduzioni, non individua una diversità tra le ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado.
Il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile anche in quanto non individua il fatto o i fatti specifici oggetto di discussione tra le parti e che abbiano avuto carattere decisivo, nei termini richiesti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01, ma è finalizzato a ottenere una rivisitazione delle risultanze istruttorie in termini non consentiti nel giudizio di legittimità. Infatti, il motivo lamenta che la sentenza impugnata non abbia considerato le dichiarazioni ondivaghe dei convenuti e, al contrario, la sentenza ha espressamente dichiarato che la contraddittorietà nelle dichiarazioni dei convenuti non era elemento che dimostrasse che il titolo della dazione di denaro fosse quello allegato dall’attore appellante.
Inoltre, il motivo lamenta che la sentenza non abbia considerato che NOME COGNOME, nel rendere l’interrogatorio libero, aveva dichiarato che la somma di Euro 4.500,00 era stata data a prestito. Al contrario, la mancata valutazione delle risultanze dell’interrogatorio libero costituisce espressione del potere discrezionale del giudice di merito e, di conseguenza, non è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo dell’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia (Cass. Sez. 3 28-2-2008 n. 5290 Rv. 601945-01). Del resto, dalla stessa frase pronunciata da NOME COGNOME, come trascritta dal ricorrente in ricorso, risulta che il riferimento era stato eseguito da NOME COGNOME alla somma sia come prestata per l’acquisto di una vettura sia come regalia per i servizi prestati a favore di NOME COGNOME senza percepire compenso; quindi non si ravvede quale concludenza avrebbe potuto attribuire a quella dichiarazione il giudice di merito al fine porla a fondamento del suo convincimento (cfr. Cass. Sez. 2 29-12-2014 n. 27407 Rv. 633772-01, secondo cui le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur se prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del convincimento del giudice di merito, al quale è riservata la valutazione della loro concludenza e attendibilità).
3.Il terzo motivo è rubricato ‘ violazione di legge -art. 360 n. 3 -falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. onere probatorio dell’attore in tema di domanda di restituzione di somme concesse a mutuo -allegazione di specifica causa giustificatrice in punto all’avvenuta ricezione di somma di denaro -provata inesistenza della causa giustificatrice addotta dai convenuti -rilevanza e decisività ai fini della decisione’. Il ricorrente evidenzia che la prova espletata su richiesta del convenuto non gravato da onere probatorio entra a fare parte delle prove utilizzabili dal giudice e richiama il precedente di Cass. 17050/2014, per affermare che il rigetto della domanda di restituzione deve essere argomentato tenendo conto del rapporto e delle circostanze del caso, idonee a giustificare che una parte trattenga senza causa il denaro ricevuto dall’altra; aggiunge che i convenuti avevano addotto, già dalla fase precedente al giudizio, il diritto a trattenere la somma di Euro 4.500,00 a titolo di compenso per l’attività di custodia e pulizia d ell’appartamento del COGNOME svolta per circa vent’anni e d evidenzia che quella causa non era stata provata in causa;
dichiara che poi in causa i convenuti avevano riconosciuto di avere ricevuto l’assegno ma non a titolo di prestito e che nell’interrogatorio libero COGNOME aveva dichiarato che l’importo di Euro 4.500,00 era stato ‘prestato per l’acquisto di una macchina’ alla m oglie, che non lo aveva restituito ritenendolo una regalia. Quindi sostiene che il giudicante avrebbe dovuto considerare che la ragione addotta dai convenuti a sostegno del loro diritto a trattenere la somma di denaro era in realtà inesistente.
3.1.Il motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata ha fatto applicazione dei principi consolidati in materia di onere probatorio a carico dell’attore che propone domanda fondata su contratto di mutuo.
Secondo tali principi, l’attore che chiede la restitu zione delle somme date a mutuo è tenuto a dimostrare gli elementi costitutivi della domanda e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l’obbligo della restituzione; l’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro, in quanto l’attore è tenuto a dimostrare per l’intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto -il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione- possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l’inversione dell’onere della prova; quindi, la consegna di una somma di denaro non vale, di per sé, a fondare la richiesta di restituzione, allorquando, ammessane la ricezione, l’ accipiens non confermi il titolo posto dall’attore alla base della pretesa restituzione e, anzi, ne contesti la legittimità; poiché una somma di denaro può essere consegnata per varie cause, la contestazione da parte dell’ accipiens della sussistenza di un’obbligazione restitutoria impone all’attore in restituzione di dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa e tale onere
si estende alla prova di un titolo giuridico implicante l’obbligo di restituzione, mentre la deduzione di un diverso titolo, ad opera del convenuto, non configurandosi come eccezione in senso sostanziale, non vale a invertire l’onere della prova (Cass. Sez . 2 29-11-2018 n. 30944 Rv. 651538-02-03, Cass. Sez. 3 22-4-2010 n. 9541 Rv. 61242501, Cass. Sez. 2 24-2-2004 n. 3642 Rv. 570446-01, Cass. Sez. 3 6-72001 n. 9209 Rv. 547985-01, per tutte).
Non pone principi di segno diverso che possano essere applicati alla fattispecie il precedente di Cass. Sez. 3 28-7-2014 n. 17050 (Rv. 632574-01) valorizzato dal ricorrente, in quanto tale precedente ha inteso confermare l’indirizzo già citato, con la specificazione che la prova rigorosa del titolo è richiesta quando l’attore ponga a fondamento della domanda di restituzione esclusivamente il contratto di mutuo, senza formulare neppure in subordine domanda di accertamento del carattere ingiustificato del pagamento o di ripetizione di indebito o di arricchimento senza causa, così da porre contemporaneamente la questione del diritto della controparte di trattenere la somma ricevuta; nella fattispecie il ricorrente non ha dedotto di avere formulato in causa queste domande, per cui il precedente non è neppure pertinente. Inoltre, quel precedente ha rilevato che, in mancanza di ogni allegazione sul titolo in forza del quale il convenuto in restituzione si ritiene legittimato a trattenere la somma ricevuta, il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione va argomentato tenendo conto di tutte le circostanze del caso, al fine di accertare fino a che punto la natura del rapporto giustifichi che il denaro sia trattenuto senza causa. Neppure sotto questo profilo il precedente è pertinente alla fattispecie, in quanto i convenuti hanno allegato il titolo a loro favore; la circostanza che abbiamo allegato anche titoli diversi, secondo quanto dedotto dal ricorrente, e che tali titoli non siano stati provati non comportava che il giudice di merito
dovesse accogliere la domanda dell’attore , pena l’erronea inversione dell’onere della prova.
4. Il quarto motivo è intitolato ‘ violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c., con riferimento all’art. 2697 c.c. -necessità della preventiva dimostrazione del ‘titolo’ posto a base della domanda di restituzione/rimborso di somme di denaro anticipate ai convenuti per l’acquisto di materiali destinati agli stessi errata equiparazione tra mutuo e anticipazio ne di somme destinate all’acquisto di materiali infondatezza -conseguente ammissibilità della prova per testi tendente a dimostrare l’avvenuta consegna del materiale e il costo sostenuto per l’acquisto’ .
Il quinto motivo è intitolato ‘ violazione di legge ex art. 360 n. 4 c.p.c., con riferimento all’art. 132 n. 4 c.p.c. e 111 Cost. nullità della sentenza per difetto di motivazione -motivazione non rispettosa del minimo costituzionale per contraddittorietà insanabile -rigetto della prova testimoniale sulla base di ragioni inesistenti, ossia la preventiva dimostrazione del ‘titolo’ posto a base della domanda di restituzione ingiusta ed errata preclusione per la parte attorea di assolvere l’onere probator io e rigetto della domanda perché…indimostrata’.
Con entrambi i motivi il ricorrente evidenzia, con riguardo alla domanda di restituzione di Euro 1.300,00 anticipata ai coniugi COGNOME per l’acquisto di 130 mq. di mattonelle, che al fine di dimostrare i fatti, aveva deferito l’interrogatorio formale a i convenuti e aveva chiesto la prova testi; lamenta che i relativi capitoli, trascritti in ricorso, non siano stati ammessi e poi la domanda non sia stata accolta in quanto non era stato provato il prestito. Sostiene che non vi era a suo carico alcun titolo da dimostrare, ma vi era solo l’esigenza di provare l’avvenuta consegna delle mattonelle e la spesa al riguardo sostenuta, per cui la mancata ammissione delle prove aveva impedito la dimostrazione della fondatezza della domanda.
5.I motivi, esaminati congiuntamente in quanto basati sulle medesime deduzioni, sono infondati.
La Corte d’appello, confermando sul punto la sentenza di primo grado, ha dichiarato che la prova orale richiesta verteva soltanto sulla dimostrazione dell’acquisto di materiale edile per conto degli appellati e non era rivolta alla dimostrazione del titolo, e perciò alla prova della ragione sottostante a tale ulteriore prestito avvenuto sotto forma di acquisto di materiale; sulla base di questo dato ha ritenuto irrilevante la prova richiesta, con motivazione che pienamente soddisfa il minimo costituzionale e non incorre in alcuna violazione di legge.
Infatti, non è fondata la tesi del ricorrente, secondo la quale egli avrebbe dovuto provare soltanto l’ acquisto e l’ avvenuta consegna del materiale perché, al contrario, tali dati non dimostravano che egli avesse diritto a ottenere la restituzione della somma spesa. Quindi, con i suoi argomenti il ricorrente conferma che esattamente la Corte d’appello non ha ammesso la prova per testi , in quanto inidonea a dimostrare l’esistenza del diritto al la restituzione del prezzo pagato.
In ordine alla mancata ammissione del capitolo di interrogatorio formale, non è sufficiente il rilievo del ricorrente secondo il quale il capitolo aveva contenuto diverso da quello della prova per testi e perciò avrebbe dovuto essere ammesso. A prescindere da ogni questione sulle modalità con le quali è stato proposto il motivo sul punto, risulta assorbente la considerazione che, dalla diretta disamina dell’atto di citazione in appello -che la Corte esegue in ragione della natura processuale della censura-, risulta che il capitolo di prova per interrogatorio formale non era stato riproposto in appello, in quanto l’appellante nell’atto di citazione in appello aveva chiesto l’ammissione solo della prova per testi sul fatto dell’acquisto delle piastrelle . Ne consegue che esattamente la sentenza impugnata non ha preso in esame l’istanza istruttoria non riproposta in secondo grado.
6.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione