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Onere della prova nel mutuo: la Cassazione chiarisce

Un creditore ottiene un decreto ingiuntivo basato su un assegno, ma in giudizio specifica che il debito deriva da un contratto di mutuo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 9705/2024, chiarisce che in questo caso il creditore perde la presunzione di debito legata al titolo e deve sopportare integralmente l’onere della prova dell’esistenza del contratto di mutuo. Non avendolo fatto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la revoca del decreto ingiuntivo confermata.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova: La Scelta Cruciale tra Assegno e Contratto

Quando si agisce per recuperare un credito rappresentato da un assegno, la strategia processuale adottata può determinare l’esito della causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9705/2024) illumina un aspetto fondamentale: la differenza tra agire sulla base del solo titolo (azione cartolare) e agire sulla base del rapporto sottostante (azione causale). Questa scelta, come vedremo, incide direttamente sull’onere della prova, spostandolo in modo decisivo da una parte all’altra.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo alla Corte d’Appello

La vicenda ha inizio quando un professionista ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di una donna per il pagamento di circa 5.000 euro, presentando la copia fotostatica di un assegno bancario. La donna si oppone al decreto, contestando la conformità della copia e negando l’esistenza di qualsiasi rapporto giuridico con il creditore.

A questo punto, il creditore, per difendere la propria pretesa, non si limita a far valere l’assegno in sé, ma specifica che la somma era parte di un prestito (mutuo) concesso alla donna e a sua madre per l’acquisto di un’autovettura. Il Tribunale di primo grado accoglie la tesi del creditore, ritenendo provato il rapporto di mutuo e confermando il decreto ingiuntivo.

La situazione si ribalta in secondo grado. La Corte d’Appello di Firenze, accogliendo il gravame della debitrice, riforma la sentenza. Il giudice d’appello sottolinea che il creditore, avendo scelto di fondare la sua pretesa non sul titolo di credito ma sul contratto di mutuo (esercitando quindi un’azione causale), si era addossato l’intero onere della prova circa l’esistenza e i termini di tale contratto. Poiché, secondo la Corte, tale prova non era stata fornita in modo adeguato, il decreto ingiuntivo viene revocato.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova

Il creditore ricorre in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Tuttavia, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello e offrendo importanti chiarimenti sul tema dell’onere della prova.

La Corte ribadisce un principio consolidato: chi agisce in giudizio sulla base di una promessa di pagamento o di una ricognizione di debito (come un assegno) beneficia di un’inversione dell’onere della prova, secondo l’art. 1988 c.c. In pratica, non è il creditore a dover dimostrare la causa del debito, ma è il debitore a dover provare che il debito non esiste o si è estinto.

Tuttavia, se il creditore sceglie di non avvalersi di questa agevolazione e fonda la sua domanda sul rapporto sottostante (l’azione causale), rinuncia implicitamente alla presunzione a suo favore. Di conseguenza, l’onere della prova torna a gravare interamente su di lui. Deve dimostrare, con tutti i mezzi necessari, l’esistenza, la validità e i termini del contratto da cui scaturisce il suo credito.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per diverse ragioni tecniche. In primo luogo, il ricorrente aveva mescolato in modo indistinto la denuncia di un vizio di motivazione con quella di violazione di legge, senza specificare in che modo le affermazioni della Corte d’Appello contrastassero con le norme indicate.

Nel merito, la Corte ha giudicato corretta e logica la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio secondo cui, una volta che il creditore ha invocato un preciso contratto di mutuo come causa del suo credito, era suo esclusivo dovere provarne l’esistenza. Non avendolo fatto, la sua domanda doveva essere respinta, senza che il giudice avesse l’obbligo di ricercare d’ufficio altri possibili fondamenti per la pretesa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per chiunque intenda agire per il recupero di un credito. La scelta della strategia processuale è cruciale. Affidarsi a un titolo di credito come un assegno può semplificare notevolmente il percorso probatorio, ma se si decide di basare la propria azione sul contratto sottostante, bisogna essere pronti a sostenere pienamente l’onere della prova relativo. Scegliere l’azione causale significa accettare di dover dimostrare ogni elemento del rapporto fondamentale, perdendo il vantaggio processuale offerto dal titolo. Una valutazione attenta e strategica è quindi indispensabile prima di intraprendere un’azione legale.

Cosa succede se un creditore, pur avendo un assegno, basa la sua richiesta di pagamento sul contratto di mutuo sottostante?
Se il creditore sceglie di fondare la sua pretesa sul contratto di mutuo (azione causale), rinuncia alla presunzione di debito legata all’assegno. Di conseguenza, spetta a lui l’onere di provare in modo completo l’esistenza e le condizioni del contratto di mutuo che afferma essere la causa del credito.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il ricorrente ha formulato una censura generica, mescolando vizi di motivazione e violazioni di legge senza dimostrare specificamente in che modo le affermazioni della sentenza d’appello fossero in contrasto con le norme di legge o con l’interpretazione giurisprudenziale.

Chi possiede un assegno deve sempre dimostrare il motivo per cui gli è dovuto il pagamento?
No. Secondo l’articolo 1988 del codice civile, un assegno, in quanto promessa di pagamento, dispensa colui a favore del quale è fatto dall’onere di provare il rapporto fondamentale. La sua esistenza si presume fino a prova contraria, che deve essere fornita dal debitore. Tuttavia, come dimostra questo caso, se il creditore stesso sceglie di basare la sua azione su quel rapporto, l’onere della prova torna a gravare su di lui.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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