Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9705 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9705 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28158/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
BUONO NOME
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di FIRENZE n. 169/2020 depositata il 22/01/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Prato: dapprima, su ricorso del AVV_NOTAIO, con decreto n. 2022/2010 ingiungeva a COGNOME NOME il
pagamento della somma di euro 5.164,57 sulla base di copia fotostatica di assegno bancario, e, poi, ad esito dell’istrutttoria, ritenuto dimostrato il rapporto di mutuo, rigettava l’opposizione della COGNOME e confermava il decreto ingiuntivo dalla stessa opposto.
Nel giudizio di opposizione la COGNOME contestava la conformità della copia dell’assegno all’originale nonché l’autografia della sottoscrizione apparente sulla copia prodotta, aggiungeva l’inesistenza di qualsivoglia titolo e di rapporti giuridici con il COGNOME quanto meno sino all’anno 2007, mentre il COGNOME deduceva l’esistenza di un rapporto di mutuo, consistente nell’avere egli fornito la provvista necessaria all’acquisto dell’autovettura della COGNOME per l’importo complessivo di 31 milioni delle vecchie lire a mezzo di assegno circolare in data 22 ottobre 2001, che riferiva aver consegnato alla concessionaria di automobili. Il COGNOME dispiegava istanze istruttorie per esibizione, produceva documenti al fine di provare il suo assunto e, preso atto dell’avvenuto disconoscimento, chiedeva verificazione di scrittura privata sulla copia di assegno.
La Corte d’appello di Firenze con sentenza n. 169/2020, accogliendo l’appello proposto dalla COGNOME, riformava integralmente la sentenza del giudice di primo grado e, conseguentemente, revocava il decreto ingiuntivo n. 2022/2010 e dichiarava che nulla doveva la COGNOME al COGNOME per la causale di cui in atti. In particolare, la corte di merito, contrariamente al giudice di primo grado – dopo aver rilevato che il COGNOME invece di limitarsi ad agire in via causale, sulla base del titolo azionato in via monitoria, aveva dedotto un sottostante rapporto di mutuo tra lui e la COGNOME – riteneva che dalla espletata attività istruttoria non fosse risultato provato né detto rapporto di mutuo e neppure il subentro di COGNOME NOME in un asserito rapporto di mutuo intercorso tra il COGNOME e COGNOME NOME, madre di NOME.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
La parte intimata non ha svolto difese.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il COGNOME articola in ricorso un solo motivo, con il quale denuncia <>, nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che lui, esercitando l’azione causale sulla base dell’assegno a firma COGNOME, avesse invertito l’onere della prova, poiché invece che limitarsi ad agire in via causale, sulla base del titolo, aveva dedotto un sottostante rapporto di mutuo intercorso tra lui e la COGNOME, che comunque non era risultato provato.
Rileva che la corte territoriale, ai fini della riforma della sentenza di primo grado, ha enunciato sette punti, che analiticamente contesta.
Osserva che dall’espletata attività istruttoria era risultato che: a) il finanziamento, da lui effettuato per l’acquisto dell’auto, è stato totale e non “parziale”; invece, “parziale” è stata la restituzione del prestito; b) non era avvenuto nessun “subentro” del mutuo tra madre e figlia, la quale aveva ricevuto a titolo di mutuo l’importo di Lire 31.000.000 ed aveva assunto, sin dall’origine, l’onere di restituirlo pro-quota, mediante il rilascio di due assegni, tratti sul proprio di c.c personale; c) nella restituzione della somma pari a lire 31.000.000, la somma maggiore era stata restituita da NOME a mezzo due assegni.
In sintesi, secondo il ricorrente, dalle risultanze istruttorie emerge la prova del fatto che il mutuo è stato da lui concesso alle COGNOME, madre e figlia, per l’acquisto di una vettura di cui ha goduto la NOME, vettura inizialmente intestata alla madre al – più che probabile – fine di avere una tariffa agevolata in sede di assicurazione RCA, ma poi, dopo pochi anni, è stata trasferita alla figlia; e che la
corte territoriale è pervenuta alla decisione di riformare la sentenza del giudice di primo grado con motivazione apparente e contraddittoria con le risultanze istruttorie.
2. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente denuncia con unitaria indistinta censura un vizio motivazionale e la violazione di diverse disposizioni di legge.
Senonché, secondo costante insegnamento di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 828/2007), <>.
Ora, nel caso di specie il ricorrente denuncia la violazione di diverse disposizioni di legge senza tuttavia dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le suddette denunciate disposizioni. Egli, cioè, non indica, come pur avrebbe dovuto, le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina.
Inoltre, contrariamente a quanto denunciato dal ricorrente, la corte territoriale nella impugnata sentenza non è incorsa in alcun vizio motivazionale, essendo invece pervenuta ad esito di un articolato percorso argomentativo: sia alla conclusione che nella specie era intervenuta rinuncia ad avvalersi della presunzione di cui all’art. 1988
c.c. (in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, peraltro correttamente richiamata); sia alla conclusione che nella specie non era stata provata la stipula del contratto di mutuo, indicata dal COGNOME come causale del credito vantato fin dall’atto della costituzione; e neppure incombendo al giudicante, anziché al preteso creditore, l’onere – rimasto inadempiuto – di ricercare, allegare e provare un titolo diverso da quello riuscito in concreto escluso.
Infine, in disparte la incomprensibilità dei riferimenti contenuti in ricorso al procedimento penale conclusosi con sentenza di assoluzione n. 1803/2018 del Tribunale di Prato, il ricorrente si duole di questioni correlate a detto procedimento senza tuttavia precisare, come pure avrebbe dovuto, se e in che termini dette questioni erano state sollevate in sede di merito.
Alla inammissibilità del ricorso non consegue alcuna condanna in punto di spese, non essendosi difesa la parte intimata, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2024, nella camera di consiglio