Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12941 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
OGGETTO: agenzia
R.G. 32175/2020
C.C. 23-4-2024
sul ricorso n. 32175/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in AVV_NOTAIO presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in AVV_NOTAIO presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 2413/2020 della Corte d’appello di AVV_NOTAIO pubblicata il 19-5-2020,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23-42024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di AVV_NOTAIO, con sentenza n. 18919/2017 depositata il 6-10-2017, accogliendo parzialmente le domande di RAGIONE_SOCIALE, per quanto ancora interessa, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento di Euro 416.222,89 oltre interessi a titolo di indennità di risoluzione del rapporto di agenzia e ha rigettato la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE volta a ottenere il pagamento dei saldi di sua spettanza elencati nella situazione contabile al 26-2-2014.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che l a Corte d’appello di AVV_NOTAIO ha deciso con sentenza n. 2413/2020 pubblicata il 19-5-2020.
La sentenza ha accolto il motivo di appello con il quale RAGIONE_SOCIALE si lamentava del rigetto della sua domanda riconvenzionale. Ha considerato che RAGIONE_SOCIALE aveva opposto al credito della società agente pari a Euro 416.222,89 il proprio controcredito di Euro 772.162,49 (di cui Euro 393.260,37 per il ramo danni ed Euro 378.902,12 per il ramo vita) derivante ‘dai conteggi a oggi effettuati dalla Compagnia ai sensi degli articoli 24 -33 dell’accordo nazionale stipulato tra l’associazi one delle società di assicurazione e le organizzazioni rappresentative degli agenti (accordo A.N.A.)’. Ha dichiarato che i conteggi co stituivano lo stato delle partite contabili di dare e avere che, ai sensi dell’art. 34 dell’accordo ANA 2003, la società preponente aveva l’obbligo di esibire al fine di regolare i rapporti ancora in essere con l’ex agente; ha rilevato che l’accordo nazion ale rimetteva il conteggio delle indennità all’impresa preponente, la quale aveva elaborato lo stato dei rapporti con l’ag ente sulla base delle informazioni dallo stesso periodicamente fornite. Quindi ha dichiarato che la situazione contabile non era generica e di difficile comprensione come ritenuto dal giudice di primo grado e avrebbe dovuto essere contestata dalla società attrice, con specifico riferimento
alle singole voci che la componevano; ha rilevato che non risultava che l’agente avesse contestato alcunch é all’invio dei conteggi prima dell’inizio del processo e che la contestazione compiuta in giudizio, in quanto generica e omnicomprensiva, era inidonea a contestare efficacemente il controcredito opposto in compensazione. Quindi la sentenza ha accertato il debito di RAGIONE_SOCIALE in Euro 772.162,49 e il debito di RAGIONE_SOCIALE in Euro 496.439,71 e, operata la compensazione e detratta la somma di Euro 205.000,00 già incassata da RAGIONE_SOCIALE con escussione della polizza fideiussoria, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 150.939,60 con gli intessi legali, oltre le spese di entrambi i gradi.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 23-4-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, rubricato ‘ art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli art.li 1241, 1362 c.c. e degli art.li 23 e 34 ANA 2005’ , la società ricorrente lamenta che la sentenza abbia erroneamente interpretato l’art. 34 ANA, ritenendo che la disposizione conceda alla mandante il diritto di determinare unilateralmente il conteggio finale delle partite di dare -avere. Evidenzia che ai sensi dell’art.34 è rimesso all’imp resa preponente il conteggio delle indennità di risoluzione, ma non di determinare unilateralmente le poste debitorie dell’agente; richiama a tal fine il tenore letterale della disposizione e le
previsioni dell’art. 23 ANA, laddove dispone che nel verbale di riconsegna devono essere indicate le contestazioni e riserve delle parti. Evidenzia che la compensazione può essere eseguita solo quando le poste siano certe, e cioè riconosciute espressamente o accertate giudizialmente e che le informazioni sui pretesi crediti di RAGIONE_SOCIALE non risultavano affatto provenire dalla società agente, la quale si limitava a rimettere i premi all’impresa.
2.Con il secondo motivo , rubricato ‘ art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli art.li 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c.’, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse dato prova del controcredito oggetto di domanda riconvenzionale e che comunque il credito non fosse stato contestato. Evidenzia che RAGIONE_SOCIALE aveva l’onere di d are prova dei fatti sui quali fondava il diritto azionato in via riconvenzionale e non aveva assolto a tale onere producendo estratti conto da essa unilateralmente redatti; ciò in quanto RAGIONE_SOCIALE, dopo avere espresso in comparsa di risposta riserva di produrre ‘i giustificativi delle singole partite contabili’ e dopo avere reiterato tale riserva nelle memorie, non aveva mai eseguito la relativa produzione. Rileva che fin dalla prima memoria l’agente aveva contestato espressamente e integralmente il contenuto della domanda riconvenzionale, per nullità di petitum e causa petendi, e che all’esito delle memorie istruttorie aveva contestato integralmente ed espressamente gli asseriti controcrediti.
3.Con il terzo motivo, rubricato ‘ art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli art.li 2697, 2709 e 2710 c.p.c.’, la ricorrente lamenta la violazione di tali disposizioni con riferimento al valore probatorio da attribuire agli estratti conto che costituivano gli unici documenti prodotti dalla controparte a sostegno della propria domanda riconvenzionale; evidenzia che la sentenza impugnata, dopo avere richiamato principio su ll’efficacia probatoria degli estratti-conto,
ne ha fatto erronea applicazione, in quanto ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non fosse obbligata a fornire prova del fondamento delle sue pretese.
4.I tre motivi sono ammissibili, per cui devono essere rigettate le relative eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente, in quanto sono formulati nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 cod. proc. civ. e, esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati.
L a sentenza impugnata ha tratto dalle previsioni dell’art. 34 ANA applicato alla fattispecie non soltanto la regola secondo la quale spettasse alla società preponente conteggiare l’indennità di risoluzione, ma anche che in tale conteggio la società preponente avesse diritto di inserire i propri controcrediti, così che, in sostanza, l’indennità di risoluzione fosse corrispondente all’ammontare netto risultante da tale conteggio e non si ponesse questione di prova delle singole poste indicate nel conteggio, se non nei limiti della specifica contestazione della singola posta. Tale convinzione la sentenza ha esplicitato anche con il richiamo ai principi valevoli per i rapporti di dare e avere in conto corrente.
Al contrario, l’art. 34 ANA applicato alla fattispecie, il cui testo è trascritto anche nella sentenza impugnata ed è specificamente preso in esame nel ricorso al fine di fare emergere gli errori di interpretazione commessi dalla Corte d’appello , è intitolato ‘pagamento dell’indennità di risoluzione’ e dispone al primo comma che l’impresa preponente provveda al conteggio delle indennità previste dagli articoli da 24 a 33; ciò significa che l’indennità di risoluzione è la somma delle singole indennità previste dagli articoli da 24 a 33, che pongono i criteri per le relative quantificazioni, mentre non incidono sull’ammontare dell’indennità i crediti dell’impresa preponente, che sono soltanto opponibili in compensazione. Infatti, il secondo comma dell’art. 34 prevede il pagamento per l’intero dell’indennità ‘sempre che l’agente
abbia regolato i saldi di spettanza dell’impresa’ e costituisca cauzione ; in mancanza di cauzione, prevede il pagamento dell’indennità nella misura del 70% e il restante ‘alla definitiva concorde chiusura dei conti’; i l terzo comma prevede che ‘qualora l’agente non abbia regolato i saldi di spettanz a dell’impresa, i pagamenti previsti dal comma precedente vengono effettuati al netto delle somme a debito dell’agente risultanti all’impresa’ e ‘il conguaglio con quanto già pagato avviene alla definitiva concorde chiusura dei conti con regolamento dell’eventuale saldo’. Con queste previsioni l ‘art. 34 pone sì a carico della società preponente l’obbligo di eseguire i conteggi dell’indennità di risoluzione spettante all’agente e le riconosce il diritto di trattenere le somme che le risultano a debito dell’agente ; però, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non solo la disposizione non prevede che l’indennità di risoluzione sia importo determinato previa detrazione de i saldi di spettanza dell’impresa preponente, ma neppure riconosce all’impresa preponente il diritto di determinare unilateralmente e in modo vincolante per l’agen te le somme dell’indennità e dei suoi saldi . Tale lettura, oltre a essere evidentemente illogica, in quanto porrebbe l’agente in una posizione di ingiustificabile soggezione alle determinazioni del preponente, non è conforme neppure alla lettera della disposizione, secondo la quale il conguaglio relativo all’indennità di risoluzione avviene ‘alla definitiva concorde chiusura dei conti’.
Ne consegue che, nella mancanza della definitiva concorde chiusura dei conti alla quale fa riferimento l’art. 34, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la società preponente aveva l’onere di dimostrare i crediti che opponeva in compensazione al credito dell’agente per l’indennità di risoluzione. La sentenza impugnata ha espressamente riconosciuto che la contestazione dei crediti della società preponente da parte dell’agente vi era stata , ma l’ha ritenuta
inidonea in quanto generica e onnicomprensiva; in questo modo la pronuncia si è risolta nel la violazione dei principi sull’onere della prova lamentati con il secondo e con il terzo motivo di ricorso, in quanto ha esonerato la società pre ponente dall’onere di dimostrare i propri crediti. Si esclude che la pronuncia sia incensurabile per il fatto che spetta al giudice di merito valutare l’esistenza della non contestazione, come sostiene la controricorrente perché, al contrario, la sentenza è incorsa anche nel la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. lamentata dalla ricorrente. A gli effetti dell’art. 115 co.1 cod. proc. civ. -secondo il quale i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita devono essere posti dal giudice a fondamento della decisione- perché un fatto possa dirsi non contestato, e perciò non richiedente una specifica dimostrazione, occorre o che lo stesso sia esplicitamente ammesso, o che la controparte abbia improntato la sua difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili con il disconoscimento di quel fatto; la non contestazione scaturisce pertanto dalla non negazione del fatto costitutivo della domanda (così, in motivazione, Cass. Sez. 2 27-3-2023 n. 8571 Rv. 667315-01) e quindi non può ravvisarsi nella fattispecie, nella quale l’agente ha lamentato in giudizio che le deduzioni della preponente non consentivano di individuare il titolo e l’oggetto della domanda riconvenzionale della medesima società, secondo quanto dà atto la stessa sentenza impugnata (pag.7).
5.Per le ragioni esposte, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di AVV_NOTAIO in diversa composizione, affinché proceda a esaminare la domanda della società agente volta a ottenere l’indennità di risoluzione del rapporto facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra evidenziato.
Il giudice del rinvio statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di AVV_NOTAIO in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in AVV_NOTAIO, nella camera di consiglio della seconda sezione