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Onere della prova NASpI: chi deve dimostrare il lavoro?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33339/2024, ha stabilito un principio fondamentale riguardo all’onere della prova NASpI. In caso di revoca del sussidio da parte dell’ente previdenziale per dubbi sulla genuinità del rapporto di lavoro, spetta al lavoratore dimostrare l’effettiva esistenza, durata e natura onerosa del rapporto di lavoro subordinato. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva erroneamente attribuito tale onere all’ente previdenziale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova NASpI: la Cassazione Fa Chiarezza

L’indennità di disoccupazione NASpI rappresenta un sostegno fondamentale per i lavoratori che perdono involontariamente il proprio impiego. Ma cosa succede quando l’ente previdenziale mette in dubbio la stessa esistenza del rapporto di lavoro che dà diritto al sussidio? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di onere della prova NASpI, stabilendo con fermezza su chi gravi il compito di dimostrare i fatti. L’introduzione di questa regola chiarisce le responsabilità processuali, con importanti conseguenze pratiche per i lavoratori.

I Fatti di Causa: Dalla Concessione alla Revoca del Sussidio

Il caso esaminato riguardava un lavoratore a cui l’ente previdenziale aveva inizialmente concesso l’indennità NASpI. Successivamente, a seguito di controlli, l’ente aveva revocato il beneficio, sostenendo l’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato dichiarato. Il lavoratore si era quindi rivolto al Tribunale per ottenere il ripristino dell’indennità. Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto la sua domanda, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, affermando che spettasse all’ente previdenziale, che agiva per la restituzione delle somme già versate (ripetizione dell’indebito), provare l’assenza dei presupposti per il diritto alla prestazione.

La Controversia sull’Onere della Prova NASpI

Il cuore della controversia legale si è concentrato su una domanda fondamentale: in un giudizio per il ripristino della NASpI, chi deve provare l’esistenza del rapporto di lavoro? Il lavoratore che richiede il beneficio o l’ente previdenziale che ne contesta la legittimità? La Corte d’Appello aveva sposato la seconda tesi, ritenendo che l’ente, revocando il sussidio, dovesse dimostrare la fondatezza della sua decisione. L’ente previdenziale ha impugnato questa sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo la violazione dell’articolo 2697 del codice civile, che disciplina proprio l’onere della prova NASpI e in generale di qualsiasi diritto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribadendo il suo orientamento consolidato. I giudici hanno chiarito che, quando un soggetto fa valere un diritto in giudizio, ha l’onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso della NASpI, il presupposto indispensabile è l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Di conseguenza, anche quando è l’ente previdenziale a contestare, a seguito di un controllo, la sussistenza di tale rapporto, spetta sempre e comunque al lavoratore (l’assicurato) dimostrare in giudizio:
1. L’esistenza del rapporto di lavoro.
2. La sua durata.
3. La sua natura onerosa.

La Corte territoriale, attribuendo l’onere della prova all’ente, ha commesso un errore di diritto, basando la propria decisione su premesse giuridiche errate. L’errore ha viziato non solo l’applicazione della norma sull’onere probatorio ma anche la conseguente valutazione delle prove raccolte nel processo. Pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello per una nuova decisione che si attenga a questo principio di diritto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di notevole importanza pratica. Per i lavoratori che richiedono la NASpI, è fondamentale essere in possesso di tutta la documentazione e degli elementi probatori idonei a dimostrare in modo inequivocabile la realtà del rapporto di lavoro subordinato (contratti, buste paga, testimonianze, ecc.). La decisione chiarisce che non è sufficiente affermare di aver lavorato; in caso di contestazione da parte dell’ente, il lavoratore deve essere pronto a fornire prove concrete in un eventuale giudizio. La sentenza sottolinea come il diritto a una prestazione previdenziale sia strettamente legato alla capacità di dimostrare i fatti costitutivi su cui si fonda, ponendo in capo al richiedente una responsabilità probatoria chiara e ineludibile.

A chi spetta l’onere della prova per ottenere l’indennità NASpI se l’ente previdenziale contesta il rapporto di lavoro?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato spetta sempre al lavoratore che richiede la prestazione, anche se la contestazione proviene dall’ente previdenziale a seguito di un controllo.

Cosa deve dimostrare concretamente il lavoratore per vedersi riconosciuto il diritto alla NASpI in caso di contenzioso?
Il lavoratore deve fornire le prove relative all’esistenza, alla durata e alla natura onerosa del rapporto di lavoro dedotto a fondamento della sua pretesa previdenziale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza perché la Corte d’Appello aveva erroneamente invertito l’onere della prova, ponendolo a carico dell’ente previdenziale anziché del lavoratore, in violazione del principio generale sancito dall’art. 2697 del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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