Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1503 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32375-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 385/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/06/2020 R.G.N. 612/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Indennità di
mobilità in deroga
R.G.N. 32375/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
RILEVATO CHE:
la Corte d’appello di Palermo, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di COGNOME NOME volta ad ottenere la corresponsione dell’indennità di mobilità in deroga con decorrenza dal 24.3.2014.
Riteneva la Corte che spettasse a Ragolia la prova della sussistenza della contribuzione versata dal datore all’Inps a copertura della provvidenza, attesa la contestazione dell’Inps. Tale prova non era stata fornita da Ragolia, né rilevava il verbale di intesa raggiunto in sede istituzionale presso la Regione, che disponeva in suo favore il diritto all’indennità: il verbale, infatti, subordinava l’efficacia dell’intesa alla sussistenza di idonea copertura finanziaria.
Avverso la sentenza ricorre COGNOME NOME per un motivo, illustrato da memoria.
L’Inps resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il l’unico motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art.33, co.21 ss. l. n.183/11, 2, co.84 l. n.92/12 e del decreto interministeriale n.83473 dell’1.8.2014. Sostiene che l’Inps non aveva contestato la sussistenza dei requisiti legittimanti la concessione del trattamento di mobilità in deroga, e che comunque il giudice avrebbe erroneamente valutato le prove dedotte ai fini di dimostrare la sussistenza del diritto. Questo, del resto, era stato affermato anche dal verbale d’intesa.
Il motivo risulta inammissibile.
La Corte ha motivato sulla mancanza di prova fornita dalla parte, cui incombeva l’onere dei fatti costitutivi del proprio diritto, in ordine al fatto che il datore di lavoro, quale cooperativa di vigilanza rientrante nel novero di quelle considerate dal d.P.R. n.602/70, avesse versato la contribuzione necessaria per finanziare i trattamenti di mobilità. L’Inps aveva infatti contestato che il datore avesse mai pagato i relativi contributi.
A fronte di tale motivazione, il ricorso si mostra innanzitutto generico.
Esso afferma che l’Inps non aveva mai contestato la sussistenza dei presupposti del diritto. Si fa appello all’art.115 c.p.c. ma non si allega specificamente, a confutazione della motivazione della pronuncia, da quali atti processuali risulterebbe la non contestazione dell’Inps.
Il motivo è altresì inammissibile laddove sindaca la valutazione delle prove compiute dalla Corte, e assume che, in base alle prove acquisite al processo, il collegio d’appello avrebbe dovuto affermare raggiunta la prova. Come noto (Cass. S.U. n.20867/20), è inammissibile la censura con cui si deduca che il giudice abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, al di fuori dei limiti dell’art.360, co.1, n.5 , c.p.c. Resta da aggiungere che nemmeno il motivo sottopone a specifica censura l’ulteriore affermazione della sentenza secondo cui il verbale d’intesa non sorreggeva la pretesa attorea, essendo il diritto ivi menzionato subordinato alla presenza di idonea copertura finanziaria. Sul punto, il motivo non adduce alcun argomento contrario.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l’inammissibilità del ricorso , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.