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Onere della prova LSU: chi deve dimostrare i fatti?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22381/2025, ha chiarito che l’onere della prova in una causa promossa da un Lavoratore Socialmente Utile (LSU) per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato spetta al lavoratore stesso. Questi deve dimostrare che le mansioni svolte erano diverse da quelle previste dal progetto LSU e tipiche della subordinazione. La Corte ha inoltre ribadito che la contumacia del datore di lavoro nel primo grado di giudizio non equivale a un’ammissione dei fatti affermati dal lavoratore.

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Onere della Prova nei Lavori Socialmente Utili: la Cassazione Chiarisce

Quando un lavoratore socialmente utile (LSU) ritiene di aver svolto in realtà un’attività di lavoro subordinato, a chi spetta l’onere della prova? Questa è la domanda cruciale a cui ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, ribaltando una decisione di merito e riaffermando principi fondamentali del diritto processuale e del lavoro. L’intervento della Suprema Corte offre spunti essenziali per comprendere la distribuzione delle responsabilità probatorie in queste complesse controversie.

Il Caso: da Lavoro Socialmente Utile a Richiesta di Retribuzione

Una lavoratrice, formalmente impiegata come LSU presso un ente comunale dal 1995, adiva il Tribunale sostenendo di aver sempre svolto mansioni tipiche degli impiegati comunali, con un vincolo di subordinazione e al di fuori dei progetti LSU approvati. Per questo motivo, chiedeva la condanna del Comune al pagamento delle differenze retributive previste dal CCNL Enti Locali, ai sensi dell’art. 2126 c.c.

In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda, nonostante la contumacia del Comune. La Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione, accogliendo le richieste della lavoratrice. Secondo i giudici di secondo grado, la mancata costituzione del Comune in primo grado aveva reso incontestati i fatti allegati dalla lavoratrice e aveva invertito l’onere della prova, ponendo a carico dell’ente l’obbligo di dimostrare la conformità delle mansioni al progetto LSU.

La Decisione della Cassazione e l’Errata Inversione dell’Onere della Prova

Il Comune ricorreva in Cassazione, lamentando principalmente due violazioni di legge:
1. L’errata applicazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.).
2. L’erronea interpretazione degli effetti della contumacia (art. 115 c.p.c.).

La Suprema Corte ha ritenuto fondati entrambi i motivi, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I giudici di legittimità hanno smontato la costruzione logico-giuridica della Corte d’Appello, chiarendo due principi cardine del nostro ordinamento processuale.

La Contumacia non è un’Ammissione

In primo luogo, la Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la contumacia del convenuto non può essere interpretata come una mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore. La non negazione dei fatti, per avere valore processuale, deve derivare da una scelta volontaria della parte costituita. La semplice assenza dal giudizio (contumacia) non permette di presumere tale volontà. Di conseguenza, il Comune, costituendosi in appello, aveva pieno diritto di contestare i fatti posti a fondamento della domanda, e la Corte d’Appello ha errato nel considerarli come già accertati.

L’Onere della Prova Grava sul Lavoratore

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La Corte ha chiarito che, in un’azione basata sull’art. 2126 c.c., è il lavoratore che deve allegare e dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del suo diritto. Nel caso specifico, essendo la lavoratrice formalmente inquadrata in un progetto LSU, spettava a lei provare:
1. Quali fossero le mansioni previste dal progetto LSU.
2. Quali fossero le mansioni effettivamente svolte.
3. Che l’esecuzione del rapporto si era discostata dal progetto, assumendo le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato (orari, direttive, eterodirezione, ecc.).

Solo dopo che il lavoratore ha fornito questa prova, scatta l’onere dell’amministrazione di dimostrare, al contrario, che le mansioni svolte erano conformi al progetto, escludendo così l’applicabilità dell’art. 2126 c.c. La Corte d’Appello, ponendo fin da subito a carico del Comune l’onere di provare la conformità, ha operato un’illegittima inversione dell’onere della prova.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza riafferma con forza un principio fondamentale: chi agisce in giudizio per far valere un diritto deve provarne i fatti costitutivi. Non è possibile scaricare sulla controparte, soprattutto se inizialmente contumace, l’onere di dimostrare l’inesistenza di quel diritto. Per i lavoratori socialmente utili che intendono rivendicare un rapporto di lavoro subordinato, ciò significa che è indispensabile preparare una solida base probatoria (documenti, testimonianze) in grado di dimostrare in modo inequivocabile la natura subordinata della prestazione resa, al di là del nomen iuris formale del rapporto.

Chi deve provare che le mansioni svolte da un Lavoratore Socialmente Utile (LSU) sono diverse da quelle del progetto e configurano un lavoro subordinato?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta integralmente al lavoratore. Egli deve dimostrare quali fossero le mansioni previste dal progetto, quali quelle effettivamente svolte e come queste ultime si siano configurate come un rapporto di lavoro subordinato.

Se un datore di lavoro non si costituisce in primo grado (contumacia), i fatti affermati dal lavoratore si considerano automaticamente provati?
No. La Cassazione ha chiarito che la contumacia non equivale a una non contestazione dei fatti. La parte che non si costituisce in primo grado può legittimamente contestare le affermazioni avversarie costituendosi nel successivo grado di appello.

Un rapporto di Lavoro Socialmente Utile (LSU) può essere riconosciuto come lavoro subordinato ai fini della retribuzione?
Sì, è possibile. Se il lavoratore riesce a provare che le prestazioni rese si sono discostate, per contenuto e orario, da quelle previste dal progetto LSU e sono state svolte con le modalità tipiche della subordinazione, trova applicazione l’articolo 2126 c.c., che garantisce il diritto alla retribuzione per il lavoro effettivamente prestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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