Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22381 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22381 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14323-2024 proposto da:
COMUNE DI PARETE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3875/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/12/2023 R.G.N. 2963/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
NOME COGNOME adiva il Tribunale di Napoli Nord -sezione lavoro e conveniva in giudizio il Comune di Parete assumendo
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.14323/2024
Ud 01/07/2025 CC
di essere un Lavoratore Socialmente Utile presso il Comune di Parete (CE), a far data dal 15.06.1995, di aver prestato e di prestare all’attualità la propria attività lavorativa presso la Farmacia Comunale di Parete, ove avrebbe sempre svolto le comuni occupazioni degli impiegati presso la farmacia comunale non inquadrati quali lavori socialmente utili e di avere così svolto, con vincolo di subordinazione, tutte attività non rientranti tra i progetti previsti dalla normativa in materia di lavori socialmente utili e comunque non riconducibili ai progetti L.S.U. approvati di volta in volta. La ricorrente ha chiesto, pertanto, la condanna del comune, ai sensi dell’art. 2126 c.c., al pagamento, in suo favore, del trattamento economico previsto per gli impiegati di Categoria B del C.C.N.L. ‘Enti Locali’, sottratto quanto percepito nel corso del tempo a titolo di indennità L.S.U. da parte dell’INPS e di integrazione oraria da parte del Comune. Il Comune di Parete è rimasto contumace. Il Tribunale di Napoli Nord, sezione lavoro, ha respinto il ricorso ritenendo la domanda infondata già in punto di prospettazione. 2. Avverso detta sentenza ha proposto appello NOME COGNOME. Il Comune di Parete si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Con la sentenza n. 3875/2023 depositata in data 28/12/2023 la Corte di Appello di Napoli, sezione lavoro, h a accolto l’appello e con esso l’originaria domanda spiegata da NOME COGNOME condannando l’ente territoriale al pagamento delle somme conseguenti e delle spese di lite.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Parete articolando due motivi di ricorso. NOME COGNOME si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, dell’art. 2697 c.c. nonché dell’art. 2126 c.c. Si critica la sentenza della Corte territoriale, nella parte in cui, nell’accogliere il gravame formulato dalla COGNOME, avrebbe invertito l’ onus probandi in violazione del primo comma dell’art. 2697 c.c. ovvero ponendo a carico dell’Ente comunale l’onere di provare la conformità al progetto delle mansioni espletate dalla lavoratrice socialmente utile e non viceversa.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., degli artt. 115, primo comma 1, c.p.c., 416 c.p.c., secondo e terzo comma, e 437, secondo comma c.p.c. La Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare, in ragione del principio di cui all’art. 115 c .p.c., che, non essendosi costituito nel grado precedente, il Comune non avrebbe contestato le ragioni della domanda.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, perché connessi sotto il profilo logico e giuridico, e sono fondati.
3.1. La sentenza impugnata ha motivato come di seguito: «La lavoratrice, pertanto, agendo in giudizio ha azionato il diritto al pagamento della retribuzione per l’espletamento di fatto di mansioni ai sensi dell’art. 2126 c.c. I fatti costitutivi di tale diritto sono da individuarsi nell’espletamento delle mansioni riconducibili all’attività istituzionale dell’ente secondo le modalità tipiche della subordinazione. Tali elementi sono stati
allegati e, per non contestazione, provati dalla COGNOME. Il fatto che dette mansioni rientrino in quelle previste da un progetto di LSU fonda un’altra diversa fattispecie, che esclude il rapporto dall’ambito di disciplina dell’art. 2126 c.c. facendolo rientrare nella normativa speciale sopra citata. A fronte della chiara allegazione, resa in primo grado, circa l’inesistenza di un progetto di LSU o la diversità dello stesso rispetto alle mansioni prestate, spettava all’ente comunale provare i fatti costi tutivi della fattispecie speciale rispetto a quella dell’art. 2126 c.c. Orbene il Comune di Parete non costituendosi in giudizio in primo grado è decaduto dalla prova; costituendosi ha allegato l’esistenza di progetti di LSU successivamente prorogati ed ha tardivamente prodotto solo quello di cui alla delibera del 1995, di durata annuale, del quale non si può tener conto stante la inammissibilità della produzione, senza nulla provare, del resto, intorno alla eventuale proroga e alla situazione attuale. Essendosi, quindi, il Comune sottratto al suo onere probatorio va accertato l’espletamento di fatto di mansioni riconducibili all’attività istituzionale dell’ente secondo le modalità allegate dalla COGNOME. La fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. è, pertan to, integrata»
3.2. La sentenza impugnata ha, dunque, affermato che la lavoratrice, sul presupposto dello svolgimento di mansioni di lavoro subordinato (descritte all’inizio di pag. 2 della sentenza impugnata) non riconducibili ai progetti di LSU di cui ai rapporti inter partes ha agito chiedendo il riconoscimento del trattamento retributivo ex art. 2126. Ha aggiunto che era incontestato l’espletamento da parte della ricorrente di mansioni riconducibili all’attività istituzionale dell’ente secondo le modalità tipiche della subordinazione (fine pag. pag. 4 e inizio pag. 5) poiché vi era stata una chiara allegazione in primo grado
circa l’inesistenza di un progetto di LSU o circa la diversità dello stesso rispetto alle mansioni espletate (sempre pag. 5) e il Comune di Parete non si era costituito.
3.3. E’, allora, innanzi tutto fondato il secondo motivo di ricorso che deduce l’erroneità della affermazione secondo la quale non essendosi il Comune costituito nel grado precedente, sarebbero stati accertati per mancata contestazione i fatti posti a fondamento della domanda.
3.4. La contumacia del Comune in primo grado non poteva portare a ritenere non contestati i fatti allegati: in tal senso si consideri il costante orientamento di questa Corte secondo il quale «alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, con conseguente ammissibilità della suddetta contestazione da parte del convenuto costituitosi in appello» (Cass. 24/05/2023, n. 14372).
E’ fondato anche il primo motivo di ricorso, con il quale, si critica la sentenza della Corte territoriale, nella parte in cui, nell’accogliere il gravame, avrebbe invertito l’ onus probandi in violazione del primo comma dell’art. 2697 c.c. ovvero ponendo a carico dell’Ente comunale l’onere di provare la conformità al progetto delle mansioni espletate dalla lavoratrice socialmente utile e non viceversa.
4.1. Va premesso che ove le prestazioni rese dagli occupati in lavori socialmente utili o di lavori per pubblica utilità si discostino, per contenuto ed orario, da quelle dovute in base al programma cui si riferisce il contratto per LSU o LPU originario e siano rese in contrasto con norme poste a tutela del lavoratore, trova applicazione la disciplina sul diritto alla
retribuzione, in relazione al lavoro effettivamente svolto, prevista dall’art. 2126 cod. civ., in altri termini, la qualificazione normativa di LSU, avente matrice assistenziale e componente formativa, non esclude che in concreto il rapporto possa atteggiarsi diversamente e configurare un vero e proprio lavoro subordinato, con conseguente applicazione dell’art. 2126 c.c.. (cfr. Cass. n. 6914 del 2015, nn. 22287 e 21311 del 2014, n. 11248 del 2012 e n. 10759 del 2009; Cass. n. 15071 del 2015 e da Cass. nn. 13472 e 13596 del 2016; più recentemente, Cass. nn. 17101, 17012 e 17014 del 2017, Cass. n. 20986 del 2017), compatibile con i rapporti di pubblico impiego contrattualizzato, come più volte affermato da questa Corte (cfr. sent. n. 12749 del 2008, n. 20009 del 2005 e più recentemente, ex plurimis , n. 1639 del 2012, n. 991 e n. 23645 del 2016, n. 3384 del 2017).
4.2. Si consideri, altresì, che l’azione proposta ai sensi dell’art. 2126 c.c., avendo fonte in una specifica previsione di legge, è di natura contrattuale sicché è onere del lavoratore allegare e dimostrare l’esistenza dei fatti generatori, consistenti nell’attuazione della prestazione di lavoro e nella conseguente quantificazione delle retribuzioni secondo la contrattazione collettiva applicabile, mentre grava su chi riceva tali prestazioni di lavoro la prova di quanto, in ragione della medesima vicenda sostanziale, il lavoratore ha comunque percepito e va quindi detratto dal dovuto (Cass. 08/10/2019, n. 25169).
4.3. Orbene, alla luce dei principi, appena richiamati incombeva sul lavoratore l’onere di provare il fatto allegato come generativo della pretesa e -trattandosi in base alla stessa prospettazione del ricorrente in primo grado -della circostanza di aver lavorato in ragione di un progetto di LSU, di non essere stato adibito alle mansioni di cui al programma dei LSU, doveva
allegare e provare quali fossero le mansioni che avrebbe dovuto svolgere secondo il progetto LSU e provare quale fosse stata l’effettiva esecuzione del rapporto in senso difforme dal progetto. Sarebbe, poi, spettato alla amministrazione resistente provare che il lavoratore era stato effettivamente adibito a mansioni corrispondenti al progetto e, per questa via, l’inapplicabilità dell’art. 2126 c.c.
4.4. La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi e va cassata anche sotto questo profilo.
Il ricorso va accolto, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione