Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15838 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 31615/2021 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE. in liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 6545/2021 pubblicata il
6.10.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 1.4.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex. art.702bis c.p.c. proposto in data 19.5.2015 dinanzi al Tribunale di Frosinone, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa chiese la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 542.813,10 ai sensi dell’ art. 2033 e/o dell’art. art. 2036, comma 3, c.c., e d ell’ art. 2041 c.c. Espose che la società in bonis aveva svolto la propria attività sociale di residenzacasa di cura per anziani nell’immobile sito in Alatri (FR) di proprietà della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in virtù di un contratto di locazione del 15.6.1998, rinnovato in data 2.11.2005; che le parti avevano previsto che i costi per le opere straordinarie sull’immobile e i lavori di ristrutturazione in corso dovessero interamente gravare sul locatore, come da clausola di cui a ll’art. 2 del primo contratto, poi riprodotta nel secondo; che il commissario l iquidatore, nell’ambito della propria attività anche di ricostruzione del patrimonio della Coop., aveva rinvenuto n. 81 pagamenti privi di giustificazione, eseguiti dalla società in bonis tra l’8 .1.2004 ed il 13.7.2010, per complessivi € 542.813,10 dei quali: a) € 346.048,81 relativi alle opere e/o lavori di ristrutturazione dell’immobile sito in Alatri , non dovuti; b) € 140.762,99 relativi a presunte opere svolte a forfait in favore della RAGIONE_SOCIALE in bonis dal personale (2 dipendenti) della Casa di RAGIONE_SOCIALE mai effettivamente eseguiti; c) € 56.001,30 per indebite e/o illegittime ‘ integrazioni canoni di affitto locali ‘ mai convenute tra le parti. Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE contestando le avverse domande e chiedendone il rigetto. Istruita la causa, il Tribunale di Frosinone, con sentenza n. 527/2018, condannò
N. 31615/21 R.G.
la convenuta alla restituzione in favore dell’attrice della somma di € 542.813,10 oltre interessi dalla domanda all’effettivo soddisfo , regolando le spese.
La RAGIONE_SOCIALE propose gravame, cui resistette la Soc. RAGIONE_SOCIALE, pure proponendo appello incidentale in ordine agli interessi. L a Corte d’appello di Roma, con sentenza del 6.10.2021, accolse l’appello principale e rigettò l’incidentale, respingendo le domande attoree. Osservò in particolare il giudice d’appello che le somme pretese avevano come presupposto i due contratti di locazione, tuttavia prodotti in giudizio dall’originaria attrice tardivamente, solo in grado d’appello , dunque in violazione del divieto dei nova di cui all’art. 345 c.p.c. Il Tribunale di Frosinone, proseguì la Corte territoriale, aveva erroneamente applicato alla fattispecie una disciplina non pertinente, ritenendo che la conduttrice della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse provato di aver eseguito prestazioni non dovute quali quelle relative alla ristrutturazione dell’immobile locato, pur in assenza dei contratti di locazione e senza valutare la violazione da parte della locatrice dell’obbligazione di mantenere la cosa locata in buono stato locativo ex art. 1576 c.c. Aggiunse poi che l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. ha natura extracontrattuale, mentre l’azione che avrebbe dovuto proporsi, in forza della stessa prospettazione dei fatti da parte dell’originaria attrice , non poteva che essere di natura contrattuale, trovando la sua fonte nel rapporto locatizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, sulla scorta di quattro motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE che ha pure proposto ricorso incidentale condizionato, basato su due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE
1.1 Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112-115 c.p.c. e de ll’ art. 2697 c.c. In ordine a quanto rilevato dalla Corte romana circa la natura dell’azione esercitata (ripetizione d’indebito) , rispetto a quella che avrebbe dovuto esercitarsi ( ex contractu ), si sostiene testualmente che ‘ nel ricorso introduttivo della ricorrente, a pag.1, è stata, affermata l’esistenza dei contratti sottoscritti tra le identiche parti (quanto ai soci ed al legale rapp.te) nonché integralmente riprodotta per scannerizzazione la clausola n. 2 dei medesimi identici contratti, esclusivamente quale parametro di rapporto tra le parti ma non come fondamento della domanda giudiziale formulata, la quale rimane esclusivamente di accertamento dell’illecito civile extracontrattuale ‘. Il contratto di locazione, cioè, non è stato ‘ mai dedotto come causa petendi bensì quale premessa in fatto decisiva ai fini dell’esclusione della giustificazione causale degli avvenuti pagamenti, con conseguente domanda di condanna in virtù del carattere indebito della prestazione eseguita ovvero di arricchimento senza causa ‘ . Pertanto, era onere della convenuta dimostrare che -a fronte della allegazione circa l’insussistenza della causa solvendi relativa ai contestati pagamenti -essi trovavano riparo nelle previsioni contrattuali, con conseguente onere a suo carico di produrre tempestivamente i contratti di locazione. Infine, la convenuta non aveva neppure contestato le clausole contrattuali riportate nel ricorso introduttivo.
N. 31615/21 R.G.
1.2 -Con il secondo motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 2697 c.c., per non aver la Corte romana esaminato le ulteriori due domande da essa ricorrente formulate, fondate su fatti integralmente dimostrati, estranei alla locazione intercorsa.
1.3 -Con il terzo motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., per aver la Corte territoriale censurato la scelta attorea circa l’azione da esercitare, ut supra , benché la convenuta non avesse mai contestato l’esistenza dei contratti e il contenuto delle clausole richiamate nell’atto introduttivo, che dunque dovevano ritenersi pienamente provati. Sarebbe stato onere della convenuta, dunque, eventualmente produrre i suddetti contratti.
1.4 Con il quarto motivo, infine, in relazione all’a rt. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., si denuncia la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , nonché dell’art. 111, comma 6, Cost., per aver la Corte territoriale ritenuto, contrariamente al vero e del tutto immotivatamente, che le domande attoree fossero fondate sul rapporto di locazione.
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO
1.5 Con il primo motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 702bis , 702ter , 163bis , 166 e 167 c.p.c., per aver la Corte d’appello rigettato il motivo di gravame concernente le eccezioni preliminari da essa società sollevate sin dalla costituzione in primo grado.
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1.6 Con il secondo motivo, infine, in relazione all’a rt. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 702bis , 702ter , 420, 426 e 447bis c.p.c. , per aver la Corte d’appello rigettato il proprio motivo di gravame incidentale, circa la mancata conversione del rito prescelto dall’attrice, dovendo applicarsi nella specie il rito locatizio.
2.1 -Iniziando dal ricorso principale, il primo motivo è palesemente inammissibile.
Viene impugnata la motivazione con cui la Corte territoriale ha affermato: che la domanda attorea era basata sul contratto di locazione; che, dunque, i patti contrattuali avrebbero dovuto adeguatamente provarsi; infine, che la suddetta prova si era inteso offrirla solo tramite la produzione dei contratti in appello, dunque tardivamente ex art. 345 c.p.c.
Di fronte a tale motivazione, l’illustrazione del mezzo in esame lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. , assumendo apoditticamente che sarebbe stato onere della parte convenuta ‘ produrre integralmente il contratto ‘, assunto la cui spiegazione rimane però del tutto inespressa, atteso che non si spiega in alcun modo la ragione del preteso onere di produzione integrale, tanto più che nemmeno si chiarisce se era avvenuta una produzione almeno parziale del contratto.
Quanto alla pretesa violazione dell’art. 115 c.p.c. , vi è manifesta violazione dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ), dato che si omette di indicare dove e come il fatto costitutivo dell’esistenza dei due contratti di locazione sarebbe stato oggetto della non contestazione.
3.1 Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
N. 31615/21 R.G.
Esso ragiona di ‘ulteriori due domande’ che non sarebbero state esaminate, ma nella congerie di riferimenti agli atti, così come espressa nel mezzo in esame, non solo si dovrebbe rintracciare d’ufficio ciò che le integrerebbe, ma, soprattutto, tanto non è assolutamente possibile fare. In dette condizioni, la pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c. rimane non prospettabile, così come quella dell’art. 2697 c.c. , di cui nel mezzo non v’è traccia di alcuna argomentazione.
Non dissimile, infine, è la valutazione circa l’ evocazione del l’art. 115 c.p.c. a proposito di un preteso omesso esame di fatti decisivi . L’omesso esame viene riferito a non meglio indicata documentazione e a generiche prove ed addirittura ad un passo della motivazione della sentenza di primo grado, senza alcuna esplicazione e, dunque, in assenza della necessaria specificità.
4.1 Il terzo motivo -che non è altro che una ripetizione di quanto già argomentato col primo e col secondo motivo -ne replica i relativi deficit , donde l’inammissibilità, ut supra .
5.1 Il quarto motivo, infine, è parimenti inammissibile.
Con esso si censura la motivazione della sentenza impugnata circa la causa petendi , senza considerare che -a dimostrazione dell’assunto – la sentenza rinvia chiaramente al punto 4 pag. 2 del ricorso; al riguardo, peraltro, difetta qualsiasi precisazione circa il preteso tenore alternativo della domanda, che non si evince nemmeno dallo scarno tenore dell’esposizione del fatto , sul punto (ultime tre righe della pag. 4 e prime due della pag. 5 del ricorso).
6.1 -Il ricorso incidentale condizionato a questo punto, stante l’inammissibilità del principale, diventa -al di là del suo condizionamento – inefficace, ex art.
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334, comma 2, c.p.c., essendo tardivo (in relazione al termine breve, corrente dalla data di notifica della sentenza, avvenuta il 29.10.2021).
7.1 In definitiva, il ricorso principale è inammissibile, mentre quello incidentale è inefficace. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, che è riferibile solo alla parte ricorrente principale (Cass. n. 4074 del 2014).
In relazione alla data di proposizione del ricorso principale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso principale inammissibile e dichiara inefficace il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 6.0 00,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi , oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 1.4.2025.