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Onere della prova licenziamento: chi deve provare?

La Cassazione chiarisce l’onere della prova licenziamento disciplinare. Le timbrature ai tornelli non sono sufficienti a dimostrare l’abbandono del posto di lavoro se l’orario contrattuale è rispettato. Spetta al datore di lavoro provare la mancata prestazione lavorativa, non al dipendente giustificare ogni spostamento.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento e Onere della Prova: Le Timbrature ai Tornelli Non Bastano

In materia di licenziamenti disciplinari, la questione dell’onere della prova licenziamento rappresenta un punto cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, stabilendo che le semplici registrazioni dei passaggi ai tornelli aziendali non sono sufficienti a dimostrare l’abbandono del posto di lavoro, specialmente se il sistema di rilevazione orario principale conferma il rispetto dell’orario contrattuale. Analizziamo insieme questa decisione e le sue implicazioni pratiche per datori di lavoro e dipendenti.

I Fatti del Caso

Una nota compagnia aerea, posta in amministrazione straordinaria, aveva licenziato per giusta causa una propria dipendente. L’accusa era quella di essersi allontanata ripetutamente e senza autorizzazione dalla propria postazione di lavoro. A sostegno della propria tesi, l’azienda aveva prodotto i tabulati del sistema di controllo accessi (badge ai tornelli), che registravano i passaggi della lavoratrice tra diversi edifici del complesso aziendale.

Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano annullato il licenziamento, ordinando la reintegra della lavoratrice. Secondo i giudici di merito, l’azienda non aveva fornito una prova adeguata e convincente della presunta infrazione. Il sistema marcatempo ufficiale, infatti, attestava che la dipendente aveva regolarmente rispettato l’orario di lavoro previsto. L’azienda, insoddisfatta, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Onere della Prova Licenziamento secondo la Cassazione

Il principale motivo di ricorso dell’azienda si basava sulla presunta violazione dell’art. 2697 del codice civile, relativo all’onere della prova. L’azienda sosteneva che, una volta dimostrati gli allontanamenti tramite i badge, sarebbe spettato alla lavoratrice provare che tali spostamenti fossero giustificati da esigenze di servizio.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, giudicandola infondata. I giudici hanno chiarito che non vi è stata alcuna inversione dell’onere probatorio. È sempre il datore di lavoro a dover dimostrare in modo completo e inequivocabile i fatti che costituiscono il fondamento del licenziamento disciplinare.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che i due sistemi di rilevazione presenti in azienda avevano finalità diverse:

1. L’orologio marcatempo: finalizzato alla verifica del rispetto dell’orario di lavoro contrattuale.
2. I tornelli di accesso: finalizzati al controllo e alla sicurezza degli accessi ai vari edifici.

Poiché il primo sistema (quello ufficiale per l’orario) confermava la presenza della lavoratrice per tutte le ore dovute, le semplici registrazioni del secondo sistema non potevano, da sole, dimostrare un inadempimento contrattuale. L’azienda avrebbe dovuto fornire prove concrete che, durante quegli spostamenti, la dipendente si stesse dedicando ad attività estranee al lavoro. Non è sufficiente contestare l’assenza dalla postazione; è necessario provare la sospensione dell’attività lavorativa.

In altre parole, il datore di lavoro non ha assolto al suo onere della prova licenziamento. I giudici hanno sottolineato che spettava all’azienda dimostrare che la lavoratrice avesse “indebitamente sospeso la prestazione lavorativa”, cosa che non è avvenuta. Le testimonianze, inoltre, avevano confermato che i brevi spostamenti tra palazzine non richiedevano alcuna autorizzazione specifica.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto del lavoro: nel licenziamento disciplinare, l’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. Non si può presumere l’inadempimento del lavoratore sulla base di dati indiretti o non specificamente finalizzati alla misurazione della prestazione, come le timbrature ai tornelli di sicurezza. Per legittimare un licenziamento per abbandono del posto di lavoro, l’azienda deve fornire prove concrete e convincenti della mancata esecuzione della prestazione lavorativa. Questa decisione rappresenta una tutela importante per i lavoratori, evitando che possano essere sanzionati sulla base di mere supposizioni o di un’interpretazione errata di dati raccolti per altre finalità.

A chi spetta l’onere della prova in un licenziamento disciplinare per abbandono del posto di lavoro?
L’onere della prova spetta interamente al datore di lavoro. È l’azienda che deve dimostrare in modo completo e convincente i fatti posti a fondamento della contestazione disciplinare, ovvero che il dipendente ha effettivamente sospeso la sua prestazione lavorativa senza giustificazione.

Le timbrature del badge ai tornelli di accesso sono una prova sufficiente per un licenziamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le timbrature ai tornelli, predisposti per motivi di controllo e sicurezza, non sono di per sé una prova sufficiente a dimostrare la mancata prestazione lavorativa, specialmente se il sistema marcatempo ufficiale, finalizzato alla verifica dell’orario, attesta il rispetto dell’orario contrattuale.

Perché il motivo di ricorso relativo alla condanna al pagamento di somme è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse. La lavoratrice, infatti, aveva già rinunciato alla sua domanda di condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria nel corso del primo grado di giudizio, a seguito della sottoposizione dell’azienda alla procedura di amministrazione straordinaria. Di conseguenza, non esistendo più una domanda di condanna, l’azienda non aveva più alcun interesse a farne dichiarare l’improcedibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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