Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 975 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 975 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23214-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 603/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 29/05/2021 R.G.N. 214/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. 23214/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 21/11/2023
CC
la Corte d’appello di Lecce con la sentenza in atti ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza con cui era stata accolta parzialmente la domanda di condanna di NOME COGNOME al pagamento di € 88.628, 20 e € 7338,84 a titolo di emolumenti spettanti per prestazioni di lavoro subordinato;
avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con due motivi;
NOME COGNOME è rimasto intimato;
Il ricorrente ha comunicato memoria ed il Collegio ha riservato il deposito della motivazione all’esito della camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
1.- col primo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. avendo la Corte di merito violato le regole di giudizio riguardanti l’onere della prova allorquando ha affermato a pag. 6 non esservi prova del legame solidaristico ed affettivo tra le odierne parti, quando lo stesso emergeva già dal tenore del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado;
il motivo è infondato atteso che la Corte d’appello ha ritenuto, in modo del tutto conforme all’ordinamento, che fosse stata raggiunta la prova della subordinazione e che da ciò nascesse, per chi eccepiva il fatto modificativo ed estintivo della gratuità della prestazione, di darne a sua volta dimostrazione, secondo il normale criterio di ripartizione dell’onere della prova; non potendosi ritenere operante la
presunzione di gratuità della prestazione lavorativa resa in ambito familiare dal convivente;
pertanto a nulla rileva che vi potesse essere o meno un legame solidaristico ed affettivo tra le parti, una volta che il giudice ha riscontrato in giudizio la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato atto a superare la presunzione di gratuità delle prestazioni di lavoro tra conviventi;
in proposito la stessa Corte d’appello ha poi rilevato come le circostanze di prova dedotte dall’appellante fossero del tutto generiche e irrilevanti ‘in quanto afferenti ai rapporti pregressi fra l’appellante e la madre dell’appellato, totalmente estrane a all’oggetto della presente controversia, e agli eventuali apporti genericamente dedotti e temporalmente incerti di cui avrebbe di riflesso beneficiato il Fisher’; e che dunque fossero inidonee a fondare, una volta provata la sussistenza del dedotto rapporto lavorativo, che la prestazione fosse stata resa affectio vel benevolentiae causa ; inoltre può essere ancora rilevato come la stessa affermazione effettuata nella sentenza impugnata, relativa al legame solidaristico e affettivo fra le parti, è invero riferita ai capitoli di prova (del dedotto legame solidaristico ed affettivo fra le odierne parti non vi è prova nella capitolazione di cui s’è detto ; essa, ripetesi generica e temporalmente incerta, rivela, all’inizio, un fisiologico svolgimento di un normale rapporto di coniugio tra il COGNOME e la COGNOME); e quindi si sottrae alla stessa censura formulata col ricorso;
2.- col secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. laddove la Corte d’appello ha sposato il ragionamento del primo giudice nel ritenere raggiunta la prova della subordinazione sulla base delle dichiarazioni testimoniali assunte e della documentazione prodotta, tacciando l’appellante di essersi limitato ad una mera declamazione di stile dell’erroneità di tali valutazioni; avendo di contro l’appellante ben argomentato a sostegno delle proprie ragioni l’inesistenza degli elementi costitutivi di un rapporto di lavoro subordinato, in particolare dei requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione, elementi che non erano nemmeno desumibili dalle posizioni di prova ammesse;
il motivo è inammissibile perché, nonostante la denuncia di violazioni di legge, censura la valutazione della prova assunta nel giudizio di primo e di secondo grado ed afferisce quindi all’accertamento di fatto in ordine all’esistenza del rapporto di lavoro subordinato che è di pertinenza del giudice di merito ed il cui sindacato è inibito a questa Corte di legittimità , fatto salvo lo specifico vizio denunciabile in cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
come statuito dalle Sez. Un. sentenza n. 8053 del 07/04/2014, ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Cass. n. 27815/2018).
3. sulla scorta delle premesse il ricorso va rigettato; nulla per le spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva; sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato ;
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio del 21 novembre 2023.
Dott.ssa NOME COGNOME