Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4463 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4463 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2986-2018 proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 749 del 2017 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA, depositata il 12 luglio 2017 (R.G.N. 588/2014).
R.G.N. 2986/2018
COGNOME.
Rep.
C.C. 25/10/2023
giurisdizione Indennità di disoccupazione agricola. Ripetizione d’indebito.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 749 del 2017, depositata il 12 luglio 2017, la Corte d’appello di Catania ha respinto il gravame del signor NOME COGNOME e ha dunque confermato la pronuncia del Tribunale di Ragusa, che aveva riconosciuto la fondatezza della domanda dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, volta a ottenere la restituzione dell’indennità di disoccupazione agricola, indebitamente corrisposta dal 2000 al 2003, e aveva dichiarato prescritte le pretese dell’Istituto per l’anno 1999.
1.1. -A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che grava sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto allegato a sostegno del diritto all’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli , quando tale rapporto sia contestato dall’Istituto previdenziale.
1.2. -Nel caso di specie, è ininfluente la sentenza penale di assoluzione dell’apparente datore di lavoro dell’appellante dai reati di truffa e falso ideologico, in quanto il giudicato non produce alcun effetto vincolante nei confronti dell’Istituto, che non si è costituito parte civile, e comunque non «ha positivamente accertato l’esistenza dei rapporti di lavoro dell’odierno appellante COGNOME NOME negli anni 99/2004» (pagina 4 della pronuncia d’appello).
Né la sentenza di assoluzione ha contraddetto l’elemento, riscontrato in sede ispettiva, dell’assenza sui luoghi di lavoro della manodopera indicata nel libro matricola.
Gli assunti dell’appellante neppure risultano avvalorati dalle prove testimoniali richieste, irrimediabilmente generiche in ordine alle giornate lavorative, agli orari, alle prestazioni svolte, alle retribuzioni percepite, al potere direttivo del datore di lavoro, dati essenziali per configurare un rapporto di lavoro subordinato e per accertare,
conseguentemente, la «spettanza dell’indennità di disoccupazione agricola» (pagina 5 della sentenza della Corte d’appello).
-Il signor NOME COGNOME impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Catania, con ricorso notificato l’8 gennaio 2018 e articolato in due motivi, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
-L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, notificato il 5 febbraio 2018.
-Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi al termine della camera di consiglio (art. 380bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
-Con il primo mezzo, il ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 420 e 421 cod. proc. civ.
Ad avviso del ricorrente, avrebbe errato la sentenza d’appello nel reputare generiche le prove capitolate e comunque nell’omettere l’assegnazione di un termine per la sanatoria delle eventuali irregolarità.
La Corte territoriale, inoltre, nel trascurare l’esercizio dei poteri istruttori officiosi, avrebbe violato l’art. 421 cod. proc. civ.
-Con la seconda doglianza, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente addebita alla sentenza d’appello di aver disatteso le istanze istruttorie, finalizzate a provare lo svolgimento delle mansioni di operaio agricolo, e di aver negato rilievo alla sentenza penale di assoluzione del datore di lavoro, che avrebbe smentito la natura fittizia d ell’azienda agricola.
Peraltro, sarebbe irrilevante l’accertamento ispettivo richiamato nella sentenza impugnata, in quanto espletato nel 2007 e dunque posteriore al periodo di lavoro dedotto in causa (1999-2004).
Il ricorrente puntualizza, infine, che la Corte d’appello di Catania ha riconosciuto la fondatezza delle pretese di altri lavoratori della medesima azienda agricola.
-I motivi di ricorso, per l’inscindibile connessione che li unisce, possono essere esaminati congiuntamente.
Le censure si rivelano inammissibili.
Le critiche del ricorrente si prefiggono, per un verso, di sollecitare a questa Corte la rivalutazione dell’apprezzamento delle risultanze di causa, compiuto in termini convergenti dai giudici di primo e di secondo grado, e si dimostrano, per altro verso, generiche e inidonee a scalfire il nitido ed esaustivo percorso logico della sentenza impugnata anche in ordine all’ammissione delle prove richieste dal ricorrente .
-Sotto il primo profilo, si deve rilevare che i giudici d’appello, all’esito del prudente apprezzamento di tutte le risultanze istruttorie, sono giunti a confermare le statuizioni già rese dal giudice di prime cure e hanno illustrato in maniera perspicua le ragioni della decisione adottata.
I motivi di ricorso, con rilievi ribaditi anche nella memoria illustrativa, si risolvono nel l’enfatizzare singoli aspetti di una valutazione complessiva e coerente e nel contrapporre un diverso inquadramento dei dati probatori.
Nella prospettiva del ricorrente, gli elementi racchiusi nella sentenza penale di assoluzione del datore di lavoro e nel diverso esito del contenzioso che ha coinvolto altri lavoratori presenterebbero una più elevata forza persuasiva.
Tali elementi, nondimeno, sono stati ponderati dalla Corte di merito, che, con giudizio plausibile, li ha reputati sprovvisti di valenza
decisiva, in quanto inidonei a fornire ragguagli sul caso di specie e sui requisiti costitutivi della fattispecie controversa.
Così formulate, le censure si sostanziano nella richiesta di riesame delle prove acquisite, inibito a questa Corte, e si dimostrano, pertanto, inammissibili, per le ragioni eccepite anche nel controricorso (pagine 5 e 6).
-Inammissibili, in quanto insanabilmente generiche, risultano anche le doglianze concernenti il rigetto delle istanze istruttorie e l’omesso esercizio dei poteri istruttori officiosi.
5.1. -Quanto al primo aspetto, il ricorrente si limita a sostenere, in maniera assertiva, la specificità dei capitoli di prova articolati, senza incrinare il percorso argomentativo della sentenza impugnata, che espone in maniera particolareggiata le ragioni della genericità delle istanze formulate, silenti in ordine a circostanze di fatto di cruciale importanza (pagina 5 della sentenza d’appello , punto 1.2. della sezione Fatti di causa della presente ordinanza).
La valutazione espressa dai giudici d’appello, alla stregua di tutte le allegazioni svolte nel processo e della lacunosità che le contraddistingue (pagine 7 e 8 del controricorso), non è stata, dunque, efficacemente censurata.
Come questa Corte ha affermato in controversie affini, riguardanti la prova del rapporto di lavoro nel settore dell’ agricoltura, non si tratta di «una mera irregolarità formale nella capitolazione della prova, suscettibile di essere emendata nel termine assegnato dal giudice, ma di una valutazione d ‘ inammissibilità delle prove, in quanto radicalmente generiche, al pari delle allegazioni che rappresentano l ‘ ineludibile termine di raffronto nello scrutinio di ammissibilità dei mezzi istruttori» (Cass., sez. lav., 2 febbraio 2023, n. 3128, punto 14.3. dei Motivi della decisione ).
5.2. -Non arride miglior sorte alle censure che fanno leva sulla violazione dell’art. 421 cod. proc. civ.
Nel rito del lavoro, il ricorrente, che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori d ‘ ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli atti processuali, dai quali emerge l ‘ esistenza di una ‘ pista probatoria ‘ qualificata, e deve avvalorare l ‘ esistenza di fatti o mezzi di prova, idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività e meritevoli di essere approfonditi con l ‘ officiosa attività d ‘ integrazione istruttoria demandata al giudice di merito.
Il ricorrente, infine, deve allegare di avere espressamente e specificamente richiesto al giudice tale intervento (Cass., sez. lav., 10 settembre 2019, n. 22628).
A tali oneri di allegazione la parte ricorrente non ha ottemperato in modo conforme alle indicazioni tratteggiate dalla giurisprudenza di questa Corte.
I motivi di ricorso criticano in modo apodittico la violazione dell’art. 421 cod. proc. civ. e s’infrangono contro la carenza degli elementi di supporto delle pretese, già vagliata nei gradi di merito con esiti concordi e incompatibile con quella semimplena probatio che è il presupposto imprescindibile per l’esercizio dei poteri istruttori officiosi (in tal senso, la citata sentenza n. 3128 del 2023, punto 14.3. dei Motivi della decisione ).
Ne discende l’inammissibilità delle censure, anche sotto il profilo da ultimo esaminato.
-Per le ragioni esposte, il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
-Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
-L a declaratoria d’inammissibilità del ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013, impone di dare atto dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell ‘ art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione