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Onere della prova lavoro agricolo: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7079/2024, ha stabilito che in caso di disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo da parte dell’INPS, l’onere della prova sull’effettiva esistenza e durata del rapporto grava interamente sul lavoratore. L’iscrizione negli elenchi previdenziali perde la sua efficacia probatoria una volta contestata dall’ente. La Corte ha inoltre chiarito che il provvedimento di cancellazione non è un atto amministrativo discrezionale e, pertanto, non è soggetto all’obbligo di motivazione previsto dalla Legge 241/1990.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova nel lavoro agricolo: a chi tocca dimostrare il rapporto?

La questione dell’onere della prova nel contenzioso tra lavoratori agricoli e INPS è un tema cruciale con importanti risvolti pratici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: quando l’ente previdenziale disconosce un rapporto di lavoro, spetta al lavoratore dimostrarne l’effettiva esistenza. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Lavoratore Agricolo contro l’INPS

Un lavoratore agricolo si è visto cancellare dagli elenchi annuali a seguito di un accertamento ispettivo dell’INPS, che aveva disconosciuto le giornate lavorative dichiarate presso un’azienda agricola. Di conseguenza, il lavoratore ha avviato una causa per ottenere la reinscrizione negli elenchi, ma la sua domanda è stata respinta sia in primo grado che in appello. I giudici di merito hanno sostenuto che, a fronte del disconoscimento da parte dell’INPS, gravasse sul lavoratore l’onere della prova circa la sussistenza e la durata del rapporto di lavoro, onere che non era stato assolto. Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito in modo definitivo la ripartizione dell’onere della prova in queste fattispecie e i limiti dell’obbligo di motivazione per gli atti dell’INPS.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova in Primo Piano

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni giuridiche precise, che analizzano la natura del rapporto tra assicurato ed ente previdenziale e le conseguenti regole processuali.

L’Inapplicabilità della Legge 241/1990

Uno dei motivi di ricorso si basava sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi (Legge n. 241/1990). Il lavoratore sosteneva che il provvedimento di cancellazione dell’INPS fosse illegittimo perché non adeguatamente motivato.

La Cassazione ha respinto questa tesi, spiegando che gli atti con cui l’INPS gestisce le posizioni assicurative non sono espressione di un potere amministrativo discrezionale, ma atti meramente ricognitivi di obbligazioni di natura pubblica. L’iscrizione o la cancellazione dagli elenchi dipendono unicamente dalla sussistenza (o insussistenza) dei presupposti di fatto previsti dalla legge. Di conseguenza, non si applica il rigoroso obbligo di motivazione della Legge 241/1990, in quanto ciò che conta è la realtà effettiva del rapporto di lavoro e non la forma del provvedimento dell’ente.

A Chi Spetta l’Onere della Prova?

Questo è il cuore della decisione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli funge da agevolazione probatoria per il lavoratore, ma solo fino a quando non interviene una contestazione fondata da parte dell’INPS.

Nel momento in cui l’ente, a seguito di un controllo, disconosce il rapporto di lavoro e procede alla cancellazione, questa agevolazione viene meno. In un eventuale giudizio, l’onere della prova torna integralmente in capo al lavoratore. Sarà lui a dover dimostrare con ogni mezzo l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto di lavoro, come previsto dalla regola generale dell’art. 2697 del codice civile. L’iscrizione, da sola, non è più sufficiente.

La Questione delle Prove Testimoniali Rigettate

Il ricorrente lamentava anche la mancata ammissione delle prove testimoniali. La Corte ha dichiarato infondato anche questo motivo, evidenziando una ‘doppia ratio decidendi’ nella sentenza d’appello: da un lato, il lavoratore non aveva specificamente impugnato il rigetto delle prove deciso in primo grado; dall’altro, la Corte d’Appello aveva comunque ritenuto le prove irrilevanti. La Cassazione ha ricordato che la mancata ammissione di una prova deve essere oggetto di uno specifico motivo di appello e, in ogni caso, per contestare un giudizio di irrilevanza, bisogna dimostrare la decisività di tale prova ai fini della risoluzione della controversia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Lavoratori

L’ordinanza della Cassazione conferma che l’iscrizione negli elenchi agricoli non è una garanzia assoluta. In caso di accertamento e successivo disconoscimento da parte dell’INPS, il lavoratore che intende far valere i propri diritti in tribunale deve essere preparato a sostenere pienamente l’onere della prova. È fondamentale, quindi, conservare tutta la documentazione e raccogliere ogni elemento utile a dimostrare l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, poiché non potrà fare affidamento sulla presunzione derivante dalla mera iscrizione.

Chi deve provare l’esistenza di un rapporto di lavoro agricolo se l’INPS lo contesta?
Secondo la Corte di Cassazione, una volta che l’INPS contesta e disconosce il rapporto di lavoro, l’onere della prova grava interamente sul lavoratore. Egli deve dimostrare in giudizio l’effettiva esistenza, la durata e la natura del rapporto lavorativo, poiché la semplice iscrizione negli elenchi previdenziali perde la sua efficacia probatoria.

Il provvedimento con cui l’INPS cancella un lavoratore dagli elenchi agricoli deve essere motivato ai sensi della Legge 241/1990?
No. La Corte ha chiarito che tali provvedimenti non sono atti amministrativi discrezionali, ma atti vincolati e ricognitivi di una situazione di fatto (l’esistenza o meno del rapporto di lavoro). Pertanto, non sono soggetti al rigoroso obbligo di motivazione previsto dalla Legge 241/1990 per gli atti della Pubblica Amministrazione.

Cosa succede all’agevolazione probatoria dell’iscrizione negli elenchi se l’INPS cancella il lavoratore?
L’agevolazione probatoria cessa di esistere. L’iscrizione negli elenchi esime il lavoratore dal provare i presupposti per le prestazioni previdenziali solo finché tale iscrizione sussiste e non è contestata. Se l’INPS cancella l’iscrizione a seguito di un disconoscimento, in un eventuale giudizio il lavoratore non potrà più beneficiare di questa presunzione e dovrà fornire prove concrete del suo rapporto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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