Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4295 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4295 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36760-2019 proposto da:
NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 354/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 25/06/2019 R.G.N. 173/2018;
Oggetto
R.G.N. 36760/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 13/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
la Corte d’appello di Salerno ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda dell’attuale ricorrente volta alla reiscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli in relazione alle giornate lavorative effettuate negli anni 2006-2008 alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE
avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura, cui ha resistito l’INPS con controricorso;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex artt. 112 e 132, n. 4, c.p.c. per avere la Corte di merito fondato la propria decisione sulle risultanze dei verbali ispettivi che avevano reputato fittizi tutti i rapporti di lavoro agricoli denunciati dalla RAGIONE_SOCIALE nel periodo summenzionato e dunque in mancanza di elementi oggettivi che direttamente la concernessero;
con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2094 c.c. per avere la Corte territoriale travisato la prova testimoniale assunta in prime cure e aver conseguentemente escluso la ricorrenza del rapporto di lavoro subordinato;
con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2699 e 2094 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che gravasse su di lei l’onere della prova del rapporto di lavoro subordinato, ancorché ella fosse stata regolarmente iscritta negli elenchi dei lavoratori agricoli;
con il quarto e il quinto motivo, proposti rispettivamente in via gradata, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 230-bis e 2094 c.c. nonché dell’art. 48, l. n. 203/1982, e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale travisato la prova testimoniale e illogicamente escluso la sussistenza del denunciato rapporto di lavoro agricolo; che, al riguardo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver posto a carico dell’odierna ricorrente l’onere della prova circa la sussistenza del rapporto di lavoro intrattenuto con la RAGIONE_SOCIALE, hanno reputato che l’istruttoria documentale e testimoniale espletata non consentisse di reputare assolto tale onere, emergendo piuttosto una situazione tale per cui i soci della cooperativa lavoravano ciascuno il proprio terreno quali coltivatori diretti;
il ricorso è da rigettare in continuità con altri precedenti di questa Corte (per tutti, Cass. n.3003/2024);
appare logicamente prioritario l’esame del terzo motivo, con la cui la ricorrente ha contestato l’erronea ripartizione dell’onere della prova;
sul punto, è assolutamente consolidato il principio di diritto secondo cui la funzione di agevolazione probatoria dell’iscrizione di un lavoratore nell’elenco dei lavoratori agricoli viene meno qualora l’INPS, a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro che ne costituisce il presupposto, con la conseguenza che, in tal caso, il lavoratore che agisce in giudizio ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto di iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale che abbia fatto valere (così, tra le più
recenti, Cass. nn. 12001 del 2018 e 31954 del 2019, sulla scorta di Cass. S.U. n. 1133 del 2000);
più in particolare, nel dare continuità all’anzidetto principio di diritto, questa Corte ha recentemente ribadito che, come perspicuamente chiarito già da Cass. n. 7995 del 2000, l’agevolazione probatoria garantita dall’iscrizione negli elenchi, che vale sul presupposto che non vi siano disconoscimenti, non può mai giustificare alcuna inversione dell’onere della prova a carico dell’ente previdenziale che istituzionalmente è preposto al controllo della veridicità ed esattezza dei dati dichiaratigli dal datore di lavoro (come impropriamente si legge in Cass. Sez.Un. n. 1133 del 2000, cit.) e che, piuttosto, l’agevolazione probatoria costituita dall’iscrizione negli elenchi consiste nel fatto che, fintanto che sussiste, esime l’assicurato dalla prova dei presupposti di fatto utili al riconoscimento del diritto alle prestazioni previdenziali per gli operai agricoli, a meno che l’ente previdenziale convenuto in giudizio non contesti l’attendibilità delle risultanze documentali richiamando elementi di fatto la cui valutazione possa far sorgere dubbi circa l’effettività del rapporto di lavoro o del suo carattere subordinato, essendo tale contestazione, pur in presenza dell’iscrizione, affatto sufficiente ad escludere che il giudice possa risolvere la controversia in base al semplice riscontro dell’iscrizione ancora in essere, dovendo invece pervenire alla decisione valutando liberamente e prudentemente tutti gli elementi probatori acquisiti alla causa (così Cass. n. 3556 del 2023, in motivazione);
dovendosi pertanto ritenere corretta l’attribuzione all’odierna ricorrente dell’onere probatorio concernente
l’effettività del rapporto di lavoro oggetto di disconoscimento, il terzo motivo si rivela infondato;
il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo sono invece affatto inammissibili, pretendendo di veicolare, al di là dei riferimenti a violazioni di legge sostanziale e processuale, una critica dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici territoriali, che non è in alcun modo consentita in questa sede di legittimità in presenza di una doppia conforme di merito (art. 348-ter, ult. co., cod.proc.civ., nel testo vigente ratione temporis);
il ricorso, conclusivamente, va rigettato;
le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13 novembre 2024
Il Presidente NOME COGNOME