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Onere della prova: lavoratore agricolo e INPS

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un lavoratore agricolo contro la cancellazione dall’elenco di categoria disposta dall’ente previdenziale. Viene ribadito che, in caso di disconoscimento a seguito di ispezione, l’onere della prova sull’effettiva esistenza del rapporto di lavoro subordinato spetta interamente al lavoratore. La valutazione delle prove testimoniali e documentali, inoltre, è prerogativa dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova nel Lavoro Agricolo: la Cassazione chiarisce

Nel contesto del lavoro agricolo, la questione dell’iscrizione negli elenchi previdenziali è cruciale per i diritti dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema delicato dell’onere della prova quando l’ente previdenziale disconosce un rapporto di lavoro a seguito di un’ispezione. La decisione ribadisce principi fondamentali sia sul piano sostanziale che processuale.

I Fatti di Causa

Un lavoratore agricolo si era visto cancellare il proprio nominativo dall’elenco dei braccianti agricoli per gli anni dal 2008 al 2013. La cancellazione era stata disposta dall’ente previdenziale a seguito di un accertamento ispettivo presso l’azienda per cui il lavoratore sosteneva di aver prestato servizio.

Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, ma sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. I giudici di merito hanno ritenuto che le prove testimoniali raccolte fossero generiche, contraddittorie e non sufficienti a superare le risultanze dell’ispezione. In appello, il lavoratore aveva tentato di produrre nuova documentazione, ma la Corte territoriale l’aveva ritenuta inammissibile perché tardiva.

Contro la sentenza d’appello, il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la violazione del giusto processo, l’errata applicazione delle norme sull’onere della prova e l’omesso esame di fatti decisivi.

Il Principio dell’onere della prova secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per consolidare un importante principio in materia. L’iscrizione di un lavoratore negli elenchi dei lavoratori agricoli ha una funzione di agevolazione probatoria. Tuttavia, questa agevolazione viene meno nel momento in cui l’ente previdenziale, esercitando la propria facoltà di controllo, disconosce l’esistenza del rapporto di lavoro.

In questa situazione, l’onere della prova si inverte e torna pienamente in capo al lavoratore. È quest’ultimo che deve dimostrare in modo certo e inequivocabile l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto di lavoro subordinato. Non è sufficiente contestare genericamente l’operato dell’ente; è necessario fornire prove concrete che fondino il diritto all’iscrizione e ai conseguenti benefici previdenziali.

I Limiti del Giudizio di Cassazione

La Corte ha inoltre ribadito la natura del proprio giudizio. Il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono rivalutare le prove. I motivi basati sulla presunta errata valutazione delle testimonianze o sulla mancata comparazione tra diversi verbali ispettivi sono stati ritenuti inammissibili.

La valutazione della congruenza dei rilievi ispettivi, dell’attendibilità dei testimoni e della coerenza tra le prove emerse e le allegazioni delle parti è un compito che spetta esclusivamente al giudice di merito. In sede di legittimità, la Corte può intervenire solo se viene denunciata l’omissione dell’esame di un fatto storico, principale o secondario, che sia stato oggetto di discussione e che abbia carattere di decisività, cioè che, se esaminato, avrebbe portato a una soluzione diversa della controversia. Nel caso di specie, il ricorrente non ha indicato un fatto decisivo omesso, ma ha cercato di ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, attività preclusa in Cassazione.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. In primo luogo, viene chiarito che il disconoscimento del rapporto da parte dell’ente previdenziale, basato su rilievi ispettivi, annulla gli effetti dei periodi di lavoro dichiarati dal datore di lavoro. Di conseguenza, rientra nel corretto riparto dell’onere della prova assegnare al lavoratore il compito di dimostrare l’esistenza del rapporto che l’ente ha contestato. La Corte specifica che le doglianze del ricorrente non riguardavano un’alterazione della regola di giudizio (art. 2697 c.c.), ma la valutazione stessa compiuta dal giudice di merito, la quale non è sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, riguardo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo, la Corte richiama i principi espressi dalle Sezioni Unite (sent. n. 8053/2014), sottolineando che tale vizio non può consistere in una generica critica alla valutazione delle prove. Le dichiarazioni testimoniali e le risultanze del verbale ispettivo erano state esaminate e valutate dai giudici di merito, che erano giunti a una decisione conforme in entrambi i gradi di giudizio (c.d. doppia conforme). Non è stato individuato alcun fatto storico decisivo e discusso tra le parti che fosse stato completamente ignorato dai giudici precedenti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei principi che regolano il contenzioso previdenziale in ambito agricolo. Per i lavoratori, emerge la chiara indicazione che, in caso di contestazione da parte dell’ente, è fondamentale essere in possesso di prove robuste e circostanziate per dimostrare la realtà del rapporto di lavoro. Per i professionisti legali, la decisione ribadisce i rigorosi limiti del ricorso per Cassazione, che non può essere utilizzato come strumento per rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti e delle prove operato nei gradi di merito.

A chi spetta l’onere della prova se l’ente previdenziale disconosce un rapporto di lavoro agricolo?
Una volta che l’ente previdenziale, a seguito di un controllo, disconosce il rapporto di lavoro, l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa di tale rapporto spetta interamente al lavoratore.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione delle testimonianze fatta dal giudice d’appello?
No, la valutazione delle prove, incluse le dichiarazioni testimoniali e la loro attendibilità, è un’attività riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, entro limiti ben definiti.

La decisione di un giudice di svolgere un’udienza in forma scritta, nonostante la richiesta di discussione orale, è sempre illegittima?
No. La Corte ha affermato che, specialmente nel contesto della legislazione emergenziale (come quella per il Covid-19), la decisione del giudice di disporre la trattazione scritta è legittima se basata su un bilanciamento di interessi, come quello di assicurare la tempestiva definizione della controversia, e se vengono esplicitate le ragioni organizzative alla base di tale scelta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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