Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4053 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4053  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15437/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, titolare dell’omonima ditta, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ;
-ricorrente- contro COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso  la  SENTENZA  del  TRIBUNALE  di  TERMINI  IMERESE  n. 299/2022, depositata il 13/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali soci amministratori della  RAGIONE_SOCIALE,  hanno  impugnato  la sentenza n. 771/2016 del Giudice di pace di Termini Imerese, che aveva  rigettato  l’opposizione  da  loro  proposta  avverso  il  decreto che aveva loro ingiunto il pagamento di euro 3.074,15 in favore di NOME COGNOME.
Il Tribunale di Termini Imerese -con la sentenza 13 aprile 2022, n. 299 -ha  accolto  l’appello  e  in  riforma  della  sentenza  di  primo grado  ha  revocato  il  decreto  ingiuntivo.  Il  Tribunale  ha  accolto  il primo motivo di gravame, con il quale gli appellanti lamentavano la ‘erronea valutazione della prova del credito, per avere il Giudice di pace  errato  nel  ritenere  provato  il  credito  riportato  nel  decreto ingiuntivo opposto’.
Avverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE NOME, quale titolare dell’omonima ditta.
Gli  intimati  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  non  hanno proposto difese.
CONSIDERATO CHE
 Il  ricorso  è  articolato  in  due  motivi,  tra  loro  strettamente connessi:
il primo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., errata pronuncia in ordine a un punto decisivo della controversia’; il Tribunale ha errato nell’affermare che l’appellato non ha assolto l’onere probatorio, in quanto controparte nei propri scritti difensivi non ha mai contestato il quantum della fattura emessa; le uniche argomentazioni dell’opposizione vertono esclusivamente in ordine alla prova del rapporto sottostante e alla inidoneità della fattura quale fonte di prova in favore della parte che l’ha emessa; inoltre, il credito vantato dal ricorrente per le prestazioni rese e non retribuite, oltre a trovare ampia base probatoria nella fattura non pagata, è provato documentalmente in
forza del registro delle merci in lavorazione per conto terzi vidimato dalla Questura di Palermo ed è confermato dall’espletamento della prova testimoniale resa da COGNOME e NOME;
b) il secondo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.’; il Tribunale ha errato laddove non ha considerato e comunque ha erroneamente valutato tutte le prove documentali prodotte dall’odierno ricorrente e non ha considerato che nessuna contestazione era stata mossa da controparte in ordine al quantum dovuto; infine, con l’allegazione della scrittura contabile vidimata si è consentito al giudice di verificare le singole prestazioni rese con le voci e gli importi presenti nelle fatture.
I motivi sono inammissibili in quanto carenti sotto il profilo della specificità.
Il giudice d’appello ha accolto il gravame  di  COGNOME e COGNOME affermando che il ricorrente, alla luce della documentazione prodotta e delle dichiarazioni testimoniali assunte, non ha provato il quantum a lui dovuto per l’attività prestata e che, in particolare, né la  fattura,  né  l’estratto  del  registro  delle  merci  in  lavorazione  per conto terzo forniscono elementi sufficienti a tal fine.
Di fronte a tali affermazioni, il ricorrente da un lato obietta che la prova del corrispettivo a lui dovuto non era necessaria, in quanto gli intimati non avevano ‘mai contestato il quantum della fattura emessa’ e che d’altro canto il corrispettivo, ‘oltre a trovare ampia base probatoria nella fattura non pagata’, sarebbe stato ‘provato documentalmente in forza del registro delle merci in lavorazione per conto terzi’, che andrebbe ‘qualificato come prova legale’, e sarebbe stato confermato dai testi escussi.
A prescindere dall’erroneità dell’affermazione relativa alla sufficienza nel giudizio di opposizione della documentazione unilaterale  prodotta  in  sede  di  ricorso  monitorio,  è  generico  il richiamo  alle  dichiarazioni  testimoniali  e  soprattutto  è  generico  il riferimento  alla  mancanza  di  contestazione  del quantum dovuto,
alla  luce  dell’omessa  specificazione  del  tipo  di  rapporto  intercorso tra le parti (a pag. 7 si parla di ‘merce commissionata’, a pag. 9 di ‘attività  di  lavoro’)  e  all’assenza  di  qualunque  riferimento  a  un eventuale accordo tra le parti in relazione al supposto ‘corrispettivo’.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Non vi è pronuncia sulle spese, non essendosi gli intimati difesi nel presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono, ex art.  13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto  per  il  ricorso  a  norma  del  comma  1bis dello  stesso  art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  adunanza  camerale  della  sezione