SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1671 2025 – N. R.G. 00002036 2021 DEPOSITO MINUTA 29 09 2025 PUBBLICAZIONE 29 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
SEZIONE III CIVILE
La Corte di Appello di Firenze, Sezione Terza Civile, in persona dei Magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere Relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2036/2021
promossa da:
COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Firenze presso lo studio dell’Avv. NOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in atti.
PARTE APPELLANTE
contro
in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Firenze presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende con gli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in atti.
PARTE APPELLATA
Avverso
ordinanza del Tribunale di Pisa, del 27.10.2021, pubblicata in pari data,
resa nella causa rubricata al n. 78/2019 RG
CONCLUSIONI
trattenuta in decisione sulle seguenti conclusioni:
Per la parte appellante: ‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze, contrariis reiectiis, in accoglimento dei motivi di appello, annullare e/o riformare in toto -sulla base di quanto dedotto in narrativa – l’ordinanza del Tribunale di Pisa, dr.ssa COGNOME del 27.10.2021 pubblicata in pari data, e per l’effetto, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accertata la legittimità e conformità alle previsioni regolamentari della fatturazione emessa, dichiarare tenuta e condannare la , in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Roma al INDIRIZZO a versare alla società , per i motivi esposti in atto introduttivo, la somma complessiva di € 34.135,10 o quella diversa somma che sarà provata in corso di causa, oltre interessi ex art. 5 del D.lgs nr. 231/2002 decorrenti dalla data di scadenza di ciascuna fattura al dì del saldo. Con vittoria di spese e competenze di causa di entrambi i gradi di giudizio, ed applicazione dell’art. 13 del d.lgs. nr. 28/2010 ‘ .
Per la parte appellata: ‘ voglia, contrariis reictis: – in via preliminare, dichiarare l’appello proposto da improcedibile ai sensi dell’art. 348 c.p.c.; – in ulteriore via preliminare, dichiarare l’appello proposto da inammissibile per violazione dell’art. 342 c.p.c.; – in ulteriore via preliminare, dichiarare l’appello proposto da inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.; – nel merito, rigettare l’appello avversario proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Pisa Rep. n. 2104/2021 del 26.10.2021 pubblicata il 27 ottobre 2021, in quanto del tutto infondato per le ragioni indicate e che ci si riserva fin da ora, all’occorrenza, di ulteriormente argomentare nelle forme e nei tempi di rito, confermando integralmente l’ordinanza gravata. In ogni caso, con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio. In via istruttoria si insiste, in ipotesi, per l’ammissione delle prove richieste e non ammesse ‘
MOTIVAZIONE
1) ha proposto appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Pisa del 27.10.2021, resa nella causa rubricata al n. 78/2019 RG, con la quale era stata respinta la domanda della stessa (avanzata con ricorso ex art. 702bis c.p.c.) volta ad ottenere la condanna di (di seguito: al pagamento dell’importo di € 34.135,10 o del diverso importo dimostrato in corso di causa, oltre accessori. Cont
1.1) La causa di prime cure era stata infatti instaurata da allegando che:
a far data dal 01.01.2002 era divenuta gestore del servizio idrico integrato dei comuni – tra cui quello di San Gimignano – compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale nr. 2 Basso Valdarno ed era dunque tra l’altro subentrata nella fornitura di servizi di acquedotto, fognatura e depurazione a favore dell’utenza ‘generale’ posta in INDIRIZZO (avente codice identificativo 2221200),
tale utenza era stata oggetto, in data 20.12.2001, di una convenzione intercorsa tra il precedente gestore del servizio idrico del San Gimignano RAGIONE_SOCIALE e la soc. volta a regolare lo svolgimento del servizio di ripartizione dei consumi relativi ad utenze divisionali collegate a contatori generali (posti cioè a servizio di una pluralità di unità immobiliari);
la soc. aveva poi comunicato che, alla data del 03.01.2019 (sempre con riferimento ai consumi misurati fino al 13.01.2016, data in cui il contatore era stato rimosso), l’importo addebitabile a ammontava ad € 34.135,10, in base alla ripartizione dei consumi determinata in forza delle letture effettuate dalla stessa Cont
inutili si erano rivelati i solleciti di pagamento rivolti a RAGIONE_SOCIALE
1.1.1) Sulla scorta di tali allegazioni, era stato quindi chiesto: ‘ Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Pisa, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accertata la legittimità e conformità alle previsioni regolamentari della fatturazione emessa, dichiarare tenuto e condannare la , in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Roma al INDIRIZZO a versare alla società per i motivi suesposti, la somma complessiva di € 34.135,10 o quella diversa somma che sarà provata in corso di causa, oltre interessi ex art. 5 del D.lgs nr. 231/2002 decorrenti dalla data di scadenza di ciascuna fattura al dì del saldo. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del giudizio ‘.
1.2) Si era costituita tardivamente in giudizio contestando le allegazioni di controparte ed in particolare esponendo che: Cont
o non risultavano trasmesse a le fatture indicate da parte ricorrente, né i solleciti di pagamento asseritamente ad esse correlati; Cont
o le fatture in questione, comunque, non potevano avere una valenza dimostrativa del credito vantato;
o in ogni caso, prima dell’interruzione della fornitura di acqua si erano verificate perdite causate da rilevanti sbalzi di pressione imputabili al gestore di rete, che avevano determinato cedimenti strutturali della conduttura;
o infine, era incorsa in errori di lettura e ripartizione degli importi dovuti, che rendevano del tutto inattendibili i dati indicati nelle fatture prodotte da
1.2.1) In base a tali assunti, era stato chiesto: ‘ Voglia l’ o Tribunale di Pisa: in via preliminare, previo rinvio dell’udienza per consentire alla il pieno esercizio dell’attività difensionale, disporre il mutamento del rito; – nel merito, rigettare in quanto infondata la domanda di con vittoria di spese e competenze di giudizio ‘. Cont
1.3) Il Tribunale di Pisa, senza dare corso al mutamento di rito, aveva poi ritenuto che:
-‘ Il credito posto a fondamento della domanda della ricorrente non è provato. ha infatti prodotto unicamente le fatture che, in quanto documenti unilateralmente prodotti, non sono idonee a provare il diritto di credito, ove lo stesso, come nel caso di specie, venga contestato dal preteso debitore. Inoltre il sollecito di pagamento e la costituzione in mora prodotte (rispettivamente comunicazioni del 10/06/2014 per € 5.847,70, del 10/09/2014 per € 3.668,05, del 10/10/2014 per € 1.099,00, del 09/12/2014 per € 1.030,25 e del 13/01/2015 per € 2.062,24) non riguardano l’intero ammontare del credito preteso in questa sede, ma la minor somma di € 13.707,24. Anche tale discrepanza conduce a ritenere non attendibile la pretesa creditoria ‘;
-‘ Anche le comunicazioni della società di cui ai doc. nn. 22 e 23 del fascicolo della ricorrente sono unilateralmente predisposte e non ne è stato provato il ricevimento da parte del destinatario; esse sono inoltre estrapolate dal loro contesto (manca infatti l’email alla quale la società ha risposto). Peraltro le comunicazioni in argomento effettivamente confermano la ricostruzione di parte resistente circa la lamentata verificazione di perdite occulte (doc. 22 ‘ricordiamo che in linea generale gli oneri relativi all’individuazione della perdita e ai conseguenti costi per i lavori di riparazione sono a carico dell’utenza’), oltre al verificarsi di taluni errori nelle letture e nelle ripartizioni dei costi e dei consumi da parte della società (doc. 22 ‘vogliamo precisare che nell’anno 2014 RAGIONE_SOCIALE ha già riconosciuto …omissis… il ricalcolo, che ha di conseguenza provveduto a contabilizzare nella fatturazione ai singoli’) ‘.
1.3.1) Il Tribunale predetto aveva infine reso la seguente statuizione: ‘ Rigetta il ricorso; condanna la società al pagamento delle spese di lite di parte resistente, liquidate in € 4.000,00, oltre oneri, IVA e Cpa ‘.
Nei confronti di tale pronuncia ha dunque proposto appello censurando preliminarmente l’omessa conversione del rito e contestando comunque le valutazioni del Tribunale di Pisa laddove era stato ritenuto che: a) le eccezioni sollevate da fossero tempestive, b) il credito vantato dalla stessa non fosse sufficientemente provato e c) la documentazione in atti non attestasse la fondatezza dei fatti costitutivi del diritto, allegati da ma i fatti impeditivi di tale diritto, allegati da Cont Cont
2.1) Il gravame è stato poi in particolare affidato ai seguenti motivi:
1°. ‘ Error in procedendo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 702 ter commi 3 e 4 cpc in relazione all’art. 2697 c.c. ed agli art. 101 e 115 cpc. Violazione dell’art. 2697 c.c. dei principi generali in tema di onere della prova e dei principi di contraddittorio corrispondenza tra chiesto e pronunciato ‘, evidenziando la contraddittorietà delle valutazioni del Tribunale di Pisa che, dapprima, aveva respinto l’istanza di modifica del rito rilevando l’assenza di istanze istruttorie e, poi, ritenendo insufficienti alla dimostrazione del credito le fatture dimesse in atti, all’esito della contestazione della parte resistente: ciò, tuttavia, senza tenere conto del fatto che si era costituita tardivamente e non era stata posta nella condizione di avanzare istanze istruttorie all’esito delle contestazioni mosse da nella propria comparsa di costituzione e, a monte, neppure di operare le proprie controdeduzioni rispetto alle allegazioni di (ad es., sulla natura delle perdite lamentate e/o sulle modalità di riscontro dei consumi); Cont Cont Cont
2°. ‘ Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 702 bis comma 4 cpc. Erroneità della valutazione delle fonti di prova con conseguente violazione degli art. 112 e 115 cpc ‘, adducendo che la tardiva costituzione in giudizio di aveva determinato l’insorgenza di una preclusione processuale (che, come tale, avrebbe dovuto essere rilevata dal giudicante) in ordine alla possibilità di sollevare eccezioni fondate su fatti modificativi, impeditivi e/o estintivi del diritto azionato, potendosi al più limitare ad esporre mere difese o a contestazioni sulla verità storica dei fatti dedotti dalla ricorrente; Cont
3°. ‘ Error in iudicando. Violazione del principio dispositivo e del contraddittorio. Erroneità ed illogicità della motivazione. Violazione dell’art. 2697 c.c., dei principi generali in tema di onere della prova. Erroneità della motivazione ed errata interpretazione e valutazione delle fonti di prova con conseguente violazione degli art. 115 cpc. e/o errata valutazione ed interpretazione dei fatti di causa ‘, esponendo come la documentazione in atti comprovasse sia l’esistenza del rapporto di somministrazione (in base alla convenzione del 2001), sia il quantum
del credito (tramite le fatture prodotte), sia i consumi (con la lettura del contatore), considerando anche che non era mai stato contestato il dedotto mancato pagamento delle fatture stesse e che, trattandosi di rapporto contrattuale, incombeva su fornire la dimostrazione di aver regolarmente adempiuto alle proprie obbligazioni; infine, il Tribunale aveva erroneamente valorizzato la discrepanza tra quanto richiesto in pagamento a e quanto invece oggetto della domanda giudiziale, dal momento che il sollecito preso in considerazione dal Tribunale era quello rivolto da a e non a Cont Cont Cont
4°. ‘ Error in iudicando. Erroneità e Contraddittorietà della motivazione. Violazione dell’art. 2697 c.c., dei principi generali in tema di onere della prova in relazione all’art. 2735 c.c.. Omessa, errata interpretazione e valutazione delle fonti di prova e/o errata valutazione ed interpretazione dei fatti di causa ‘, evidenziando come il Tribunale di Pisa avesse errato nel qualificare la corrispondenza intercorsa tra e l’avv. COGNOME (procuratore di ), nonché nell’attribuire rilevanza di ‘prova’ contraria a tale corrispondenza e ciò sia in quanto era destinataria (‘per conoscenza’) della risposta che aveva reso all’avv. COGNOMEe non era in possesso del reclamo di quest’ultimo), sia in quanto poteva fornire alcuna prova circa il ricevimento o meno di tali comunicazioni, non essendo il mittente;
5°. ‘ Erroneità della sentenza anche sul capo afferente alla condanna alle spese di lite ‘, rilevando come il Tribunale di Pisa avesse completamente trascurato che non aveva versato alcunché a fronte della fornitura ricevuta, dovendosi dunque quantomeno procedere ad una compensazione delle spese di lite. Cont
L’appellante ha quindi chiesto che la Corte, in riforma della impugnata sentenza, accogliesse le conclusioni come in epigrafe trascritte.
2.2) Radicatosi il contraddittorio, ha: Cont
-preliminarmente eccepito l’improcedibilità del gravame ex art. 348 c.p.c., dal momento che il gravame stesso era stato notificato in data 16.11.2021 ed era stato poi depositato in data 2.12.2021, e dunque oltre il termine previsto dall’art. 347, 1° comma, c.p.c.;
-eccepito poi l’inammissibilità del gravame stesso, ex art. 342 c.p.c. o ex art. 348bis c.p.c.;
-contestato comunque nel merito la fondatezza del gravame. In base a ciò, ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni ricordate in epigrafe. Cont
3) Ciò premesso, occorre in primo luogo prendere in considerazione l’eccezione di improcedibilità del gravame sollevata da parte appellata con riferimento all’art. 348, 1° comma, c.p.c., laddove è richiamato l’obbligo di costituzione ex art. 347, 1° comma, c.p.c. nei termini stabiliti per il processo avanti al Tribunale e, quindi, nei dieci giorni contemplati dall’art. 165 c.p.c.
A) In proposito occorre anzitutto rilevare, sul piano di una mera ricostruzione storica (sulla base della documentazione disponibile in atti), che:
-l’atto di citazione in appello è stato notificato in data 16.11.2021 (trattasi di circostanza pacifica nella presente causa, comunque confortata dalle produzioni documentali effettuate al riguardo da parte appellante);
-a fronte del tentativo di deposito telematico dell’atto da parte dell’appellante, effettuato in data 16.11.2021 (indicato come ‘accettato’ ed ‘inoltrato’ – alle ore 16.36 – e quindi ‘consegnato’ nella casella di destinazione – alle 16.37 – dal sistema), risulta poi – alle 16.53 – che tale deposito è stato seguito da ‘ errore imprevisto, sono necessarie verifiche tecniche da parte dell'ufficio ricevente ‘;
-in data 25.11.2021:
alle ore 12.17, la difesa dell’appellante ha fatto presente alla Cancelleria della Corte d’Appello la circostanza concernente il predetto tentativo di deposito, chiedendo informazioni in ordine all’eventuale buon esito dello stesso;
alle ore 13.10 la Cancelleria ha comunicato che l’iscrizione in oggetto era stata inserita dal sistema informatico ministeriale tra gli ‘errori fatali’, in ordine ai quali la stessa Cancelleria non aveva alcuna possibilità di intervento in quanto integranti ‘errori bloccanti’;
ad ore 13.12 la difesa dell’appellante ha chiesto quale fosse stato l’errore e se fosse necessario un nuovo invio;
ad ore 13.58 la Cancelleria ha evidenziato come non fosse possibile individuare quale tipo di errore fosse intercorso, facendo comunque presente che vi erano stati, e persistevano, continui malfunzionamenti e rallentamenti del programma, consigliando quindi di procedere a nuovo deposito;
-a fronte di un secondo tentativo di siffatto deposito, effettuato dall’appellante sempre in data 25.11.2021 (anche in questo caso indicato come ‘accettato’ ed ‘inoltrato’ – alle ore 14.28 – e quindi ‘consegnato’ nella casella di destinazione sempre alle 14.28 – dal sistema) risulta parimenti insorto un ‘ errore imprevisto ‘
con indicazione che ‘ sono necessarie verifiche tecniche da parte dell'ufficio ricevente ‘;
-in data 26.11.2021 la difesa dell’appellante ha chiesto alla Cancelleria quale fosse stato l’esito del nuovo tentativo di deposito effettuato il giorno precedente;
-in data 29.11.2021 la Cancelleria ha risposto che la ‘busta’ era stata nuovamente inserita tra gli ‘errori fatali’, consigliando il ricorso all’assistenza informatica;
-la causa è stata iscritta a ruolo in data 2.12.2021;
B) A fronte di tale scansione temporale (all’evidenza superiore al predetto termine di dieci giorni), risulta poi che:
-parte appellante, già con istanza del 7.12.2021, aveva esposto che:
→ ‘… al buon esito della notificazione, il sottoscritto ha proceduto all’iscrizione a ruolo a mezzo nonostante la correttezza della procedura, non giungeva alla casella di posta elettronica dello scrivente la c.d. ‘quarta pec’, attestante l’accettazione del deposito da parte della cancelleria ‘;
→ ‘ decorsi alcuni giorni venivano presi contatti con la Cancelleria per conoscere l’esito del deposito e/o la natura del problema riscontrato; la Cancelleria faceva presente che era stato rilevato dal c.d. ‘server’ della giustizia civile un errore fatale (sulla cui natura non venivano forniti chiarimenti), ed invitata a depositare nuovamente ‘;
→ ‘ in data 25.11.2021 (quindi sempre entro il termine di cui all’art. 347 e 165 c.p.c.) si procedeva con un secondo tentativo di iscrizione a ruolo del giudizio sempre a mezzo anche in questo caso non giungeva la c.d. ‘quarta pec’ attestante l’accettazione del deposito; – anche in questo caso, la Cancelleria faceva presente che era stato riscontrato un errore fatale, e suggeriva di contattare l’assistenza tecnico-informatica ‘;
→ ‘ in data 29.11.2021 veniva contattata l’assistenza tecnico-informatica ( al n. Verde NUMERO_TELEFONO) e l’operatore rappresentava la presenza di problemi al server ministeriale ed invitata a rinnovare il deposito, ancorchè fuori termine; di conseguenza, in data 29.11.2021 si procedeva con nuovo tentativo di iscrizione a ruolo, sempre tramite e trasmissione di busta elettronica a mezzo pec ‘;
→ ‘ stante l’assenza della quarta pec, in data 2.12.2021 si procedeva con ulteriore tentativo di iscrizione a ruolo tramite procedura di UpLoad del medesimo ATTO. direttamente dal portale PdA -Cancelleria telematica; in data 3.12.2021 alle 9.46 giungeva a mezzo pec la Cont
comunicazione di accettazione del deposito e successivamente la comunicazione di attribuzione di RG 2036/2021 al giudizio in oggetto ‘;
→ ‘ …appare evidente che il sottoscritto procuratore si è attivato tempestivamente, entro i termini di cui agli articoli 347 e 165 c.p.c. per l’iscrizione a ruolo dell’appello in oggetto, e che l’iscrizione del 2.12.2021 sia avvenuta fuori termine per causa a lui non imputabile ‘;
-con ordinanza del 2.2.2022, il collegio aveva statuito al riguardo: ‘ prende atto della superiore comunicazione, riservando ogni statuizione da assumersi nel contraddittorio delle parti ‘.
3.1) L’eccezione è infondata.
3.1.1) In termini generali, la Corte di Cassazione (Cass. 238 del 5.1.2023, avente ad oggetto deposito di atti in Cancelleria gravati dall’insorgenza di ‘errore fatale’) ha avuto modo di indicare che ‘ …la disciplina giuridico-processuale di una tale evenienza è ricostruita da C. 17404/2020, la quale ha spiegato come il deposito telematico degli atti via PEC si perfezioni in quattro fasi, caratterizzate da una serie di PEC trasmesse dalla Cancelleria o dal sistema al depositante, consistenti in: – ricevuta di accettazione; ricevuta di avvenuta consegna (da cui prende data il deposito ma che è condizionata dai controlli automatici di cui al punto che segue); – esito controlli automatici; – esito del controllo manuale del Cancelliere, che può consistere in una ‘accettazione’ o nel ‘rifiuto’ del deposito;…i menzionati controlli automatici possono infatti concludersi con il rilievo di un ‘errore fatale’, che non si imputa necessariamente a colpa del mittente, ma esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico e che impedisce al Cancelliere l’accettazione del deposito; …. il sistema ruota giuridicamente attorno al disposto dell’art. 16bis, co. 4, d.l. 179/2012, nella parte in cui esso regola il deposito con modalità telematiche richiamando, per la sua attuazione, il «rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici»;… C. 17404 cit. spiega altresì come l’art. 16-bis cit., al comma 7, precisi che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia; … sempre C. 17404 cit. riferisce che la normativa regolamentare cui fa rinvio l’art. 16-bis, co. 4 è quella di cui al d.m. n. 44 del 2011 e «per effetto dell’ulteriore rinvio operato dall’art. 34 di quest’ultimo, quella del Provv. DGSIA 16.4.2014′ e che «in particolare, gli artt. 13, comma 7, del d.m. n. 44 del 2011 e 14 del Provv. DGSIA, stabiliscono che «il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia… , secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34»; la
richiamata ordinanza di questa S.C. ne conclude, richiamando anche altri precedenti, che «il perfezionamento del deposito telematico di un atto, benché anticipato al momento della ricezione della seconda delle quattro PEC di cui si è ampiamente dato conto in precedenza, resta comunque condizionato dal superamento (positivo) dei controlli automatici eseguiti dai sistemi ministeriali: in altri termini, il valore della RdAC è equiparabile a quello del timbro del “depositato” solo per effetto del superamento dei controlli automatici, nel senso che è l’esito positivo di questi ultimi che consente alla seconda ricevuta PEC di produrre – anticipatamente rispetto al momento di ricezione della quarta ricevuta – gli effetti giuridici previsti dal comma 7 dell’art. 16-bis d.l. n. 179 del 2012 (e 13 del d.m. n. 44 del 2011)», sicché in quella sede, stante la non imputabilità alla parte dell’esito finale negativo del deposito, si è ritenuta ammissibile l’istanza di remissione in termini presentata dalla parte onde procedere a nuovo deposito; successivamente, C. 19796/2021, nel ribadire che «il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, vale a dire la ricevuta di avvenuta consegna’ ha aggiunto dapprima che il verificarsi dell’effetto giuridico del deposito dell’atto non dipende dalle successive PEC (controlli automatici e comunicazione del loro esito), che condiziona soltanto «il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità dalle altre parti del processo », ne ha desunto che «l’eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non fa venir meno tale effetto, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l’atto stesso o i suoi allegati»; ‘.
Questo stessa Corte, del resto, ha già avuto modo di aderire alla prospettazione per cui, nel sistema vigente, con la regolare generazione della 2^ PEC, l’atto inviato deve considerarsi giunto presso la cancelleria, così argomentando (App. FI, III, sentenza n. 1494/2021 pubblicata il 26.7.2021): ‘ L’art. 16 bis co. 7^ D.L. 18.10.2012 n. 179, conv. con mod. in L. 17.12.2012 n. 221, stabilisce: ‘ Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile. ‘. La norma di legge è stata seguita da quella regolamentare di cui all’art. 13 co. 2^ D.M. Giustizia 21.2.2011 n. 44 (recante Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009,
n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24), del seguente tenore: ‘ I documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. La ricevuta di avvenuta consegna alla quale il citato art. 16 bis co. 7^ riconnette il perfezionamento del deposito telematico di un atto di parte e che la disposizione regolamentare menzionata ribadisce e specifica segnare il momento in cui gli atti informatici si intendono ricevuti dal dominio giustizia è la c.d. 2^ PEC, ossia quella che – per venire al caso di specie – è stata generata il 24.10.2017 alle ore 19,27, attestando l’avvenuta consegna del messaggio proveniente dall’indirizzo certificato del procuratore di parte opponente (contenente la nota di iscrizione e quant’altro necessario per la costituzione in giudizio di ) alla casella di destinazione, ossia quella del Tribunale di (tribunaleEMAIL) ‘.
Il collegio intende dare continuità al principio, che, fra l’altro, ha trovato specifica convalida in sede di legittimità (Cass. sez. 3^ civ. ord. 9291/2024).
In quest’ottica deve quindi ulteriormente rilevarsi come la Suprema Corte abbia anche di recente evidenziato (Cass. 1348 del 12.1.2024), con riferimento ai più recenti i precedenti in materia, come sia stato ‘ …chiarito che: – è necessario operare una distinzione sulla valenza delle ricevute PEC, tra gli aspetti che concernono la tempestività del deposito e gli aspetti che invece riguardano la definitiva regolarità dello stesso; – a tal fine, è vero che – come sostenuto anche dalla ricorrente nella presente sede – la generazione della ‹‹ricevuta di avvenuta consegna›› (‘RdAC’ – c.d. ‘seconda PEC’) individua il momento di perfezionamento del deposito e costituisce il riferimento temporale sulla cui base valutare la tempestività o meno del deposito medesimo (ex plurimis Cass., sez. U, 21/07/2022, n. 22834; Cass., sez. L, 19/01/2022, n. 12422; Cass., sez. 2, 12/07/2021, n. 19796); – tuttavia, tale efficacia costituisce un effetto anticipato meramente provvisorio, in quanto risulta comunque subordinata al generarsi con esito positivo delle successive PEC, e cioè quella ‹‹esito controlli automatici deposito›› (c.d. ‘terza PEC’) e quella di ‹‹accettazione deposito›› (cd. ‘quarta PEC’) e ciò ‘in quanto lo scopo del deposito non può dirsi raggiunto finché non vi sia stata l’accettazione dell’atto da parte della Cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione (cd. quarta p.e.c.)’ con la conseguenza che ‘in caso di mancato completamento dell’iter del deposito telematico, ed in particolare
ove sia risultato negativo l’esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non può dirsi efficace, poiché inidoneo al raggiungimento dello scopo’ (così Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19307 del 07/07/2023); conseguentemente, in caso di deposito che generi unicamente le prime due PEC, la parte potrà ritenere di aver rispettato eventuali termini di legge per il deposito medesimo, ma è solo con le due PEC successive che potrà invece ritenere che il deposito sia definitivamente efficace e rituale, mentre in assenza delle PEC successive alla seconda ed a maggior ragione nel caso in cui la terza o la quarta PEC diano esito non favorevole la parte non potrà ritenersi per ciò solo decaduta dal deposito, ma – stante il mancato perfezionarsi del medesimo – avrà l’onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile (considerata la possibilità di una sfasatura temporale nella generazione della terza e quarta PEC) per rimediare a tale mancato perfezionamento, procedendo ad un nuovo deposito (da ritenersi nei termini, stante il primo tentativo, e quindi dovendosi considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività: Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 6743 del 10/03/2021) oppure alla tempestiva formulazione di una richiesta di rimessione in termini ‘.
Nel contesto di tale pronuncia, la Corte di Cassazione ha quindi concluso che ‘ La cronologia dei fatti viene ad evidenziare, in primo luogo, che l’attivazione dell’odierna ricorrente è avvenuta ‘in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 25289 del 11/11/2020), non potendosi certo ritenere tardiva un’attivazione a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell’esito negativo del tentativo di deposito – avendo questa Corte ritenuto, semmai, ingiustificati ritardi dell’ordine di diciannove mesi (Cass. Sez. 6 L, Ordinanza n. 16423 del 17/07/2014); un anno e mezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4841 del 26/03/2012); cinque mesi (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22342 del 05/08/2021) ‘ (con approccio interpretativo da ultimo ribadito dalla Suprema Corte, con ordinanza 69 del 3.1.2025).
3.1.2) Avendo a riferimento le predette coordinate interpretative, deve rilevarsi come nel caso di specie:
-il deposito del gravame sia stato tempestivo (alla stregua delle sopra ricordate valutazioni concernenti l’efficacia, al riguardo, della 2^ pec);
-l’effetto anticipatorio correlato a tale valenza della 2^ pec non si è poi riverberato nella definitiva regolarità dello stesso, stante l’insorgenza del già ricordato errore fatale;
-la parte si è attivata, nei termini, per un secondo tentativo di deposito (parimenti tempestivo nell’ottica anticipatoria predetta) ma parimenti inefficace sul piano
della definitiva regolarità, sempre a causa dell’insorgenza di un errore fatale ostativo all’emissione della 4^ pec;
-la parte si è attivata con richiesta di remissione in termini in data 7.12.2021, e dunque 11 giorni dopo la scadenza del termine per il deposito tempestivo (26.11.2021) e dopo 5 giorni dall’esito positivo dell’ultimo tentativo di iscrizione a ruolo (il 2.12.2021).
In tale contesto ritiene il collegio che l’appellante si sia attivata in un ‘tempo ragionevolmente contenuto’ (per usare la terminologia della stessa Suprema Corte) onde chiedere la remissione in termini, anche in considerazione del fatto che il lasso temporale qui considerato è esattamente il medesimo (11 giorni) ritenuto dalla Corte di Cassazione come integrante una tempestiva attivazione ai fini che qui rilevano.
3.2) Deve quindi essere accolta l’istanza di rimessione in termini, avanzata dall’appellante e, per l’effetto, la costituzione in giudizio deve ritenersi ritualmente avvenuta, con conseguente procedibilità del gravame.
Per quanto poi concerne le ulteriori eccezioni in rito sollevate dall’appellata in ordine all’ammissibilità del gravame, si osserva come quella ex art. 348bis c.p.c. risulti orami superata per effetto della fase processuale in cui si trova il giudizio, mentre quella ex art. 342 c.p.c. non appare suscettibile di accoglimento nel merito.
A quest’ultimo proposito va infatti rilevato come il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sia attestato nel senso che ‘ Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata ‘ (cfr Cass. 13535 del 30.5.2018; nello stesso senso: Cass. 27199 del 16.11.2017; Cass. 10916 del 5.5.2017), valorizzando il ricorso a modalità non rigidamente formali nella proposizione di atti di gravame ed evidenziando dunque che ‘ Non può considerarsi aspecifico e deve, quindi, essere dichiarato ammissibile, il motivo d’appello che esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto ed in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica, non
occorrendo, tuttavia, che l’appellante alleghi e, tantomeno, riporti analiticamente le emergenze di causa rilevanti, le quali risultino investite ed evocate non equivocamente dalla censura, diversamente da quel che è previsto per l’impugnazione a critica vincolata ‘ (Cass. 7675 del 19.3.2019). Infine, è stato precisato che ‘ In materia di appello, l’inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 342 c.p.c. sussiste solo quando il vizio investa l’intero contenuto dell’atto, mentre quando sia possibile individuare motivi o profili autonomi di doglianza, sufficientemente identificati, è legittimo scrutinare questi ultimi nel merito, resecandoli dalle ragioni d’impugnazione viziate da genericità, sicché, ove la suddetta opera selettiva e l’esame che ne è derivato siano stati compiuti correttamente, l’eventuale errore del giudice sul tipo di formula adottata all’esito dello scrutinio dei motivi (dichiarati inammissibili o rigettati) non integra ragione di nullità della sentenza, risolvendosi in una irregolarità non incidente sul diritto di difesa ‘ (così Cass. 20124 del 7.10.2015)
In quest’ottica deve quindi evidenziarsi come il gravame in analisi non possa in alcun modo assurgere al deficit contenutistico valorizzato dalla Suprema Corte onde ritenere applicabile l’art. 342 c.p.c., dal momento che risultano esposti dall’appellante profili di censura sufficientemente chiari nei confronti della sentenza impugnata, con indicazione delle considerazioni del giudice di prime cure oggetto delle censure predette, la cui valutazione deve essere compiuta sul piano della fondatezza o meno dell’appello e non su quello della sua ammissibilità.
Passando quindi all’analisi del merito dell’appello deve immediatamente rilevarsi come lo stesso si presenti fondato e debba essere, conseguentemente, accolto alla stregua e nei limiti delle considerazioni che seguono.
5.1) Il primo motivo di gravame è infondato.
Non sono infatti anzitutto condivisibili le censure mosse dall’appellante alla decisione del giudice di prime cure di non procedere al mutamento del rito, con passaggio al rito ordinario, rilevando come sia stata la stessa a ritenere sufficienti le prove documentali (prodotte con il ricorso ex art. 702bis c.p.c.) al fine di dimostrare la fondatezza delle proprie ragioni di credito.
La tardiva costituzione in giudizio di in prime cure, non determinava del resto – di per sé isolatamente considerata – la necessità di dare corso al mutamento di rito, trattandosi se mai di valutare quale tipologia di attività difensive fosse consentita alla predetta resistente, sul piano delle allegazioni. Cont
Il fatto, poi, che all’udienza avanti al Tribunale di Pisa del 6.2.2020, sia stata proprio ad opporsi al mutamento di rito chiesto da vieppiù conferma Cont
come proprio abbia ritenuto satisfattive, dal proprio punto di vista difensivo, le risultanze istruttorie già in atti.
In tale ottica, del tutto condivisibile risulta la conseguente valutazione del giudice di prime cure di fissare udienza di discussione, ‘ rilevato che non ci sono istanze di prova ‘.
Né è possibile pervenire a diversa conclusione sulla base della contestazione dell’appellante, esposta nel medesimo motivo qui in analisi, concernente la proposizione di allegazioni di che non potevano essere effettuate in quanto tardive. Cont
Il punto, infatti, non concerne – anche in questo caso – la necessità o la mera opportunità di dare corso al mutamento di rito sulla base di tali allegazioni (e dell’attività istruttoria conseguentemente necessaria determinata dalla loro proposizione) ma direttamente la possibilità per di effettuare tali allegazioni (oggetto precipuo del secondo motivo di gravame) e, per il giudicante, di prenderle in considerazione. Cont
5.2) Il secondo motivo di appello attiene espressamente al profilo da ultimo menzionato, avendo ivi contestato il fatto che ‘ …al fondo dell’errore in cui è caduto il giudicante sta la mancata declaratoria della decadenza in cui era (ed è) incorsa e che avrebbe dovuto indurre a ritenere non validamente rese (recte: tardive) le eccezioni di merito spiegate in comparsa di costituzione e risposta e di note conclusive ‘.
Il motivo è fondato.
In particolare, mentre le contestazioni sollevate da in ordine all’attitudine probatoria delle fatture dimesse da integrano gli estremi di mere difese, tali non sono quelle concernenti: Cont
-l’insorgenza di fenomeni di perdite d’acqua ‘ causate da rilevanti sbalzi di pressione imputabili al gestore di rete che hanno determinato cedimenti strutturali della conduttura; è stato, infatti, rilevato che la pressione dell’acqua immessa n elle condutture raggiungeva talvolta picchi di due volte superiori alla pressione media di esercizio stabilita dal regolamento ‘;
-la commissione, da parte di di ‘ …errori di lettura e ripartizione che rendono del tutto inattendibili i dati assunti a fondamento delle fatture prodotte da .
Tali difese consistono in effetti nell’allegazione di fatti impeditivi che non risultano attenere ad eccezioni rilevabili d’ufficio, ma in senso stretto.
Dunque, la valutazione del Tribunale di Pisa, secondo cui ‘ Peraltro le comunicazioni in argomento effettivamente confermano la ricostruzione di parte resistente circa la lamentata verificazione di perdite occulte (doc. 22 ‘ricordiamo che in linea generale gli oneri relativi all’individuazione della perdita e ai conseguenti costi per i
lavori di riparazione sono a carico dell’utenza’), oltre al verificarsi di taluni errori nelle letture e nelle ripartizioni dei costi e dei consumi da parte della società (doc. 22 ‘vogliamo precisare che nell’anno 2014 Acque ha già riconosciuto …omissis… il ricalcolo, che ha di conseguenza provveduto a contabilizzare nella fatturazione ai singoli’) ‘ risulta attenere a circostanze di fatto che, tuttavia, non avrebbero potuto essere prese in considerazione.
5.3) Con il terzo motivo di gravame è stata contestata la complessiva valutazione che il giudice di prime cure ha fornito con riferimento agli elementi di giudizio disponibili.
Il motivo è fondato.
5.3.1) La necessaria premessa da cui muovere nel caso di specie è data dalla natura contrattuale del rapporto oggetto delle domande di e dovendosi quindi rilevare, in tale ottica, che:
-nel costituirsi in giudizio, non ha contestato: Cont
o l’esistenza del rapporto di fornitura d’acqua dedotto da
o l’effettiva prestazione di tale servizio da parte di
o l’esistenza del proprio debito;
-si è limitata a contestare la valenza probatoria delle fatture dimesse da e, come già detto, ad allegare (tardivamente) l’insorgenza di perdite (di cui, peraltro, non consta l’indicazione del momento della loro verificazione, la loro entità, i soggetti che le avevano rilevate, le conseguenze delle stesse, le loro ricadute sul piano della dinamica contrattuale) e l’esistenza di errori nelle rilevazioni effettuate da (anche in questo caso, nuovamente, senza alcuna indicazioni di quali fossero tali errori, di quale consistenza, di come fossero stati accertati, ecc.). Cont
In questo contesto di riferimento, dunque, una volta preso atto che doveva ritenersi dimostrata sia l’esistenza del rapporto che l’adempimento della prestazione (di fornitura) da parte di incombeva su fornire la dimostrazione di aver correttamente adempiuto alla propria obbligazione (di pagamento). Cont
Già sotto questo aspetto, dunque, non è condivisibile la decisione del Tribunale di Pisa secondo cui ‘ Il credito posto a fondamento della domanda della ricorrente non è provato. ha infatti prodotto unicamente le fatture che, in quanto documenti unilateralmente prodotti, non sono idonee a provare il diritto di credito, ove lo stesso, come nel caso di specie, venga contestato dal preteso debitore ‘, con il rilievo per cui come detto, non ha contestato l’esistenza del credito di (sotto il profilo della titolarità del rapporto e dell’esistenza della fornitura) ma solo l’attitudine probatoria delle fatture a dimostrare tale credito. Cont
E ciò a prescindere dal fatto che, nel caso di specie, si è in presenza di soggetti imprenditoriali ( e nei cui rapporti la fatture possono svolgere funzione dimostrativa ex art. 2710 c.c. (rilevando come non abbia – anche in questo caso – sollevato contestazioni concernenti la ritualità delle fatture in questione e/o la non corrispondenza alle scritture contabili). Cont
5.3.2) Sono dunque condivisibili le argomentazioni dell’appellante secondo cui nell’ottica sopra descritta – la documentazione in atti doveva ritenersi idonea a dimostrare la fondatezza della propria domanda di pagamento, in quanto erano state prodotte:
la convenzione in base alla quale era stata abilitata al servizio di ripartizione dei consumi, con la precedente società di gestione del servizio idrico, RAGIONE_SOCIALE (non contestata da ; Cont
le letture operate da con il calcolo del residuo dovuto da (doc. 10, non contestato da come documento formato da ; Cont Cont
le fatture (contestate solamente sul piano della loro attitudine probatoria).
5.3.2.1) In questa prospettiva deve poi rilevarsi come siano frutto di errata lettura dei dati documentali disponibili i rilievi del giudice di prime cure secondo cui:
-‘ … il sollecito di pagamento e la costituzione in mora prodotte (rispettivamente comunicazioni del 10/06/2014 per € 5.847,70, del 10/09/2014 per € 3.668,05, del 10/10/2014 per € 1.099,00, del 09/12/2014 per € 1.030,25 e del 13/01/2015 per € 2.062,24) non riguardano l’intero ammontare del credito preteso in questa sede, ma la minor somma di € 13.707,24. Anche tale discrepanza conduce a ritenere non attendibile la pretesa creditoria ‘, dal momento che i (cinque) solleciti di pagamento presi in considerazione dal Tribunale di Pisa non esauriscono l’elenco dei solleciti documentalmente riscontrati da (in tutto dodici: cfr docc. 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34 e 38 allegati al ricorso introduttivo, non contestati nel loro contenuto da parte resistente) né le richieste di pagamento fatte dalla stessa a (cfr doc. 35, 36 e 37 della produzione predetta, in cui è richiesto il pagamento dell’importo di € 17.599,10, non contestati nel loro contenuto da parte resistente); Cont
-‘ Anche le comunicazioni della società di cui ai doc. nn. 22 e 23 del fascicolo della ricorrente sono unilateralmente predisposte e non ne è stato provato il ricevimento da parte del destinatario; esse sono inoltre estrapolate dal loro contesto (manca infatti l’email alla quale la società ha risposto) ‘, rilevando anzitutto come la censura concernente l’unilateralità della predisposizione non abbia un condivisibile portato logico-giuridico ove riferito ad una comunicazione di parte (essendo ontologicamente predisposta dalla parte
stessa) e, in secondo luogo, dovendosi rilevare come il contenuto di tali comunicazioni (da all’Avv. COGNOME per conto di evidenzi in modo piuttosto nitido l’oggetto delle stesse, aventi ad oggetto le modalità di rilievo dei consumi, di trasmissione di tale dato ad e delle modalità di calcolo degli importi dovuti, rilevando peraltro come anche tali atti non siano stati contestati, nel loro contenuto, da (e, precisando, come in questo caso non sia stata neppure eccepita la mancata ricezione di tali comunicazioni, come invece valorizzato dal Tribunale di Pisa). Cont Cont
5.4) Il quarto motivo di gravame è fondato in forza dei medesimi rilievi già esposti nel contesto dell’analisi degli altri motivi di appello.
Non risulta infatti suscettibile di essere condivisa la valutazione del Tribunale di Pisa secondo cui il contenuto delle comunicazioni inviate da all’Avv. COGNOME attesterebbe l’esistenza di perdite occulte e di errori nella rilevazione dei consumi.
Ciò, per un triplice ordine di motivi:
anzitutto, il profilo concernente le perdite nelle forniture e gli errori nelle rilevazioni dei consumi non poteva essere preso in considerazione in forza della già precedentemente rilevata tardività della relativa allegazione;
in secondo luogo, è gravata da contraddittorietà la valutazione del giudice di prime cure secondo cui tali comunicazioni non potrebbero essere prese in considerazioni in quanto unilaterali e prive di riscontri in ordine alla loro ricezione (ove valutate a favore di ma potrebbero invece esserlo al fine della dimostrazione delle problematiche concernenti il rapporto in oggetto (e, dunque, a favore di ; Cont
in terzo luogo, in quanto il tenore di tali comunicazioni è improntato ad indicare che gli oneri relativi all’individuazione delle perdite erano a carico dell’utenza, in quanto localizzate dopo il contatore generale (e, si ripete, non risulta – al netto della tardività dell’allegazione – aver prospettato ove le lamentate perdite si sarebbero verificate) e che, comunque, per l’anno 2014 era già stato dato corso da Cont
al ricalcolo di quanto dovuto da per alcune fatture di uno dei due contatori generali presenti (cfr doc. 22). Cont
5.5) Infine, il quinto motivo di gravame, concernente le censure mosse alla liquidazione delle spese di lite è assorbito per effetto dell’accoglimento dell’appello, che comporta di per sé la necessità di procedere a nuova statuizione sul punto.
Il gravame deve dunque trovare accoglimento e, in riforma dell’ordinanza impugnata, deve parimenti trovare accoglimento la domanda di condanna avanzata da
nei confronti di con condanna di quest’ultima al pagamento dell’importo di € 34.135,10, oltre interessi ex art. 5 del D.lgs n. 231/2002 decorrenti dalla data di scadenza di ciascuna fattura sino al momento del saldo effettivo. Cont
In applicazione del principio della soccombenza, avuto riguardo all’esito complessivo della controversia (Cass. civ. n. 14916/2020; Cass. civ. n. 3083/2017; Cass. 2274/2017; 11423/2016), le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio devono essere poste a carico della parte appellata e vengono liquidate come in dispositivo sulla scorta dei parametri medi di liquidazione di cui al D.M. 55/2014 (e successive integrazioni), con riferimento allo scaglione di valore compreso tra € 26.000,01 ed € 52.000,00 (in considerazione del valore della causa) di cui alle tabelle 2 e 12 allegate al predetto D.M., e, per il presente grado di giudizio, con riferimento alla notula dimessa da parte appellante, conforme ai parametri predetti.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso ordinanza del Tribunale di Pisa del 27.10.2021, pubblicata in pari data, resa nella causa rubricata al n. 78/2019 RG, in accoglimento dell’appello ed in totale riforma dell’ordinanza predetta, così provvede:
1) condanna parte appellata a versare a parte appellante l’importo di € 34.135,10, oltre interessi ex art. 5 del D.lgs n. 231/2002 decorrenti dalla data di scadenza di ciascuna fattura posta da a fondamento del credito sino al momento del saldo effettivo;
2) condanna parte appellata a rimborsare a parte appellante le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, liquidate:
per il primo grado, in complessivi € 7.616,00 per compenso, di cui € 1.701,00 per la fase di studio, € 1.204,00 per la fase introduttiva, € 1.806,00 per la fase istruttoria, € 2.905,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge;
per il secondo grado, in complessivi € 7.616,00 per compenso, di cui € 1.701,00 per la fase di studio, € 1.204,00 per la fase introduttiva, € 1.806,00 per la fase istruttoria, € 2.905,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 23.9.2025 dalla Corte di Appello di Firenze su relazione del Dott. NOME COGNOME
Il Presidente Dott. NOME COGNOME
Nota
La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni