Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2   Num. 25  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27985/2022 R.G. proposto da:
PUGLIESE RAGIONE_SOCIALE NOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME  COGNOME  (CODICE_FISCALE)  che  la  rappresenta  e difende per procura in calce al ricorso,
-ricorrente- contro
NOME,  NOME  NOME  e  NOME, elettivamente  domiciliati  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende per procura in calce al controricorso, -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n.3763/2022 depositata il 14.9.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  17.12.2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 28.6.2016 NOME COGNOME NOME, proprietario del piccolo immobile su due piani sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO e Marina INDIRIZZO, pervenutogli in base a testamento olografo del 24.10.2012, pubblicato il 15.1.2015, della zia COGNOME NOME, alla quale a sua volta era stato assegnato con l’atto di divisione e donazione del AVV_NOTAIO del 18.5.1956, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, comproprietari di un immobile sito in INDIRIZZO, piano secondo, servito anch’esso dalla scala a due rampe, corridoio e terrazzo, che permettevano di raggiungere in basso la Marina INDIRIZZO. L’attore precisava che tale immobile era stato donato ai COGNOME dalla madre, COGNOME NOME, che lo aveva acquistato con l’atto del AVV_NOTAIO del 19.11.1961, nel quale ultimo era menzionata la comproprietà sia
della  scala  che  del  terrazzo  di  NOME,  COGNOME  COGNOME NOME e COGNOME NOME (dante causa dell’attore).
L’attore chiedeva di ordinare ai comproprietari COGNOME, previo accertamento della sua comproprietà, di rimuovere oltre ad altri ostacoli presenti in loco (cancelli), il palo che era stato in passato posto dietro alla porta del piano inferiore del suo immobile impedendone l’apertura, che ne ostacolava l’accesso alla scala, al corridoio di accesso alla stessa ed al terrazzo dalla stessa attraversato, e che gli impediva di accedere dal suo immobile alla sottostante Marina di Corricella. Deduceva al riguardo che negli ultimi tempi della sua vita la zia COGNOME NOME non aveva più esercitato il passaggio sulla scala per raggiungere la Marina Corricella a causa dell’età avanzata e delle sue condizioni di salute. Si costituivano nel giudizio di primo grado i COGNOME, che in via preliminare eccepivano il difetto d’integrità del contraddittorio per mancata evocazione in giudizio di COGNOME NOME, che aveva acquistato dagli NOME RAGIONE_SOCIALE per atto del AVV_NOTAIO del 14.12.1991, rep. n. 9842, racc. n. 1776, in comunione legale col marito COGNOME NOME, il distinto immobile di Procida, INDIRIZZO, piano terzo, avente anch’esso diritto sulla scala in questione. In via riconvenzionale essi chiedevano di essere riconosciuti come proprietari esclusivi per usucapione della scala e del corridoio che dal sottostante porticciolo di Marina Corricella conducevano alla loro proprietà, in quanto la dante causa dell’attore, COGNOME NOME, che non usava la scala in questione, non aveva più inteso partecipare alle spese di manutenzione della scala di accesso alla Marina Corricella, per cui oltre quaranta anni prima era avvenuta la chiusura col palo della porta della COGNOME, che permetteva l’accesso alla scala, e la stessa ed il corridoio erano stati utilizzati in via esclusiva dai COGNOME e dalla loro dante causa COGNOME NOME.
Eseguita l’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME NOME, la stessa rimaneva contumace nel giudizio di primo grado.
Il  legale  dei  COGNOME  non  articolava  tempestivamente  la  prova testimoniale  a  supporto  della  riconvenzionale  di  usucapione  e veniva respinta l’istanza di rimessione in termini formulata su tale prova.
Il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 5915/2019 del 7.6.2019 rigettava la domanda principale di NOME COGNOME NOME, qualificata come rivendica, in quanto lo stesso non aveva fornito la prova della comproprietà della scala, del corridoio e del terrazzo, attraverso la dimostrazione del compimento in suo favore, anche tramite la dante causa, di un acquisto a titolo originario e tipicamente per usucapione, essendo insufficienti i titoli prodotti (testamento olografo di COGNOME NOME ed atto di divisione e donazione del 18.5.1956). Riteneva, quindi, che i COGNOME, pur avendo chiesto in via riconvenzionale l’usucapione, non avessero comunque rinunciato alla posizione di favore che a loro competeva quali convenuti rispetto all’azione di rivendica di COGNOME COGNOME NOME, potendo limitarsi ad opporre il principio possideo quia possideo, in proposito richiamando l’ordinanza di questa Corte del 7.6.2018 n. 14734, che in un caso analogo aveva escluso l’attenuazione dell’onere probatorio proprio dell’azione di rivendica (cosiddetta probatio diabolica ).
Il Tribunale rigettava poi la domanda riconvenzionale di usucapione dei  COGNOME,  ritenendo  non  certo  chi  fosse  l’originario  proprietario dei beni oggetto di causa e compensava le spese processuali.
Proposto  appello  da  NOME  COGNOME  NOME,  che  riproponeva l’originaria  domanda,  lamentando  l’erronea  applicazione  dell’art. 2697 cod. civ. in materia di onere probatorio, l’erronea valutazione delle  prove  documentali  prodotte  e  la  motivazione  insufficiente  e contraddittoria,  si  costituivano  in  secondo  grado  i  COGNOME,  che
chiedevano il rigetto dell’appello principale e proponevano appello incidentale  condizionato  ai  fini  della  rimessione  in  termini  per l’ammissione dei capitoli di prova testimoniale sulla riconvenzionale di usucapione.
Si costituiva, altresì, in secondo grado, COGNOME NOME, già contumace in primo grado, che chiedeva il rigetto dell’appello principale per il mancato assolvimento del relativo onere probatorio nei suoi confronti. Sottolineava che l’appello era basato esclusivamente sull’attenuazione dell’onere probatorio della probatio diabolica che sarebbe derivato dalla riconvenzionale di usucapione dei COGNOME, e dal preteso riconoscimento dei diritti della sua dante causa, COGNOME NOME, risultante dal titolo di acquisto della dante causa dei COGNOME, COGNOME NOME (atto del AVV_NOTAIO del 19.11.1961), ragioni che palesemente non potevano valere nel caso di specie, in quanto lei era rimasta contumace nel giudizio di primo grado senza proporre alcuna domanda riconvenzionale di usucapione. Il titolo di acquisto della dante causa dei COGNOME del 1961 non aveva nulla a che fare col suo acquisto insieme a COGNOME NOME dagli COGNOME COGNOME dell’immobile di Procida, INDIRIZZO, piano terzo, con annessi diritti sulla scala e sul corridoio di accesso, per atto del AVV_NOTAIO del 14.12.1991, rep. n. 9842, racc. n. 1776, nel quale non vi era alcun accenno a diritti sulla scala, sul terrazzo e sul corridoio di COGNOME NOME.
Sull’onere della prova attenuato richiesto dall’appellante in ragione della riconvenzionale di usucapione dei COGNOME, la COGNOME faceva presente  che  nella  specie  questo  non  era  invocabile,  in  quanto  i COGNOME avevano fatto valere una possessio ad usucapionem iniziata non già dopo ma prima del titolo di acquisto di COGNOME COGNOME NOME, la quale, pertanto, se riconosciuta, avrebbe travolto anche l’asserito titolo della dante causa dell’appellante,  COGNOME NOME.
Nel merito la COGNOME, nel giudizio di secondo grado, evidenziava, che da quando frequentava i luoghi di causa (quasi 50 anni) la scala in questione era stata utilizzata solo dai proprietari degli immobili con accesso da INDIRIZZO (i COGNOME e lei), e non da COGNOME NOME, che per accedere all’immobile poi lasciato all’appellante utilizzava l’ingresso da INDIRIZZO, e che nessun riconoscimento del diritto di COGNOME COGNOME NOME sulla scala, sul corridoio e sul terrazzo oggetto di causa poteva essere a lei attribuito, in quanto il principio di non contestazione dell’art. 115 comma 2° c.p.c. valeva solo per le parti costituite, mentre lei era rimasta contumace nel giudizio di primo grado. Aggiungeva poi la COGNOME, che trattandosi di un litisconsorzio necessario, che doveva sfociare in una decisione unica per tutti i litiganti, e non essendo ipotizzabile la non contestazione se tutte le parti contro le quali la domanda era rivolta non erano costituite, l’azione di rivendica non poteva essere accolta neppure nei confronti dei COGNOME, essendo basata solo su atti aventi efficacia meramente dichiarativa, ed in particolare su un testamento olografo che indicava l’immobile lasciato da COGNOME NOME al nipote come sito in INDIRIZZO, senza fare alcuna menzione dell’accesso da INDIRIZZO, e su un atto di divisione del 1956.
La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 3763/2022 dell’1/14.9.2022, accoglieva l’appello principale di NOME COGNOME NOME, dichiarandolo comproprietario della scala utilizzata per accedere alla Marina INDIRIZZO di Procida; condannava COGNOME NOME, NOME ed NOME e COGNOME NOME, in solido, a rimuovere il palo posto all’esterno della porta dell’immobile di Procida, INDIRIZZO, di proprietà dell’appellante principale, che impediva l’apertura ed il successivo transito sulla scala e sul terrazzino esistenti per accedere al INDIRIZZO di Marina Corricella, ed al pagamento delle spese processuali
di secondo grado, e con l’esclusione della sola COGNOME, anche delle spese  processuali  di  primo  grado;  respingeva,  infine,  l’appello incidentale  dei  COGNOME,  concernente  la  richiesta  di  rimessione  in termini per la prova testimoniale, e la riconvenzionale di usucapione.
In particolare, per quanto ancora rileva, la Corte d’Appello riteneva attenuato l’onere probatorio di NOME COGNOME NOME, attore in rivendicazione, applicando l’ordinanza n. 28865/2021 di questa Corte, secondo la quale il rigore probatorio dell’attore in rivendica rimaneva attenuato quando il convenuto, nell’opporre l’usucapione, riconosceva anche se implicitamente, o comunque non contestava specificamente, l’appartenenza del bene al rivendicante, o ad uno dei suoi danti causa (nella specie De NOME) all’epoca in cui assumeva di avere iniziato a possedere uti dominus, mentre l’attenuazione non valeva se non vi era il riconoscimento, o la mancata contestazione della precedente appartenenza del bene.
Il giudice di secondo grado riteneva che i convenuti costituitisi in primo grado (i COGNOME) avevano riconosciuto la comproprietà sulla scala spettante a COGNOME NOME, dante causa di COGNOME COGNOME NOME, menzionata nell’atto di acquisto della loro dante causa (atto del AVV_NOTAIO del 1961) e che prive di pregio erano le deduzioni formulate in secondo grado da COGNOME NOME, poiché la sua posizione contumaciale in primo grado e la mancata contestazione degli elementi probatori acquisiti nel giudizio di primo grado conservavano efficacia nei confronti del contumace costituitosi in appello, che non aveva provveduto ad impugnare gli atti. Pertanto, in ragione del ridotto onere probatorio, attribuiva rilievo al fatto che la scala oggetto di causa, pur chiusa da una porta in legno bloccata da un palo, si dipartiva dall’interno dell’immobile dell’appellante principale, e reputava sufficienti a provare la comproprietà rivendicata dall’appellante principale la relazione tecnica descrittiva di parte del geom.
NOME COGNOME, con foto allegate del 16.6.2016, il testamento olografo di COGNOME NOME del 24.10.2012 pubblicato  il  15.1.2015  col  quale  l’immobile  di  Procida  INDIRIZZO  era  pervenuto  all’appellante  principale  dalla  zia,  e  l’atto  di divisione e donazione del AVV_NOTAIO del 18.5.1956, titolo di acquisto di COGNOME NOME, nel quale ultimo era menzionata la comproprietà della scala e del terrazzo.
Avverso tale sentenza, notificata il 16.9.2022, ha proposto tempestivo  ricorso  COGNOME  NOME,  affidandosi  a  due motivi, al quale hanno aderito con controricorso COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME NOME.
Il 13.4.2023 veniva formulata proposta di definizione anticipata del giudizio  ex  art.  380  bis  c.p.c.  per  inammissibilità  e/o  manifesta infondatezza  del  ricorso,  ed  a  seguito  di  tempestiva  istanza  di decisione con nuova procura a margine di COGNOME NOME, veniva fissata l’udienza camerale del 6.12.2023.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale tutte le parti depositavano memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria del 6.12.2023/11.4.2024 questa Corte rinviava la causa a nuovo ruolo per la fissazione di pubblica udienza per la sussistenza di profili di rilevanza nomofilattica attinenti all’attenuazione del rigoroso onere probatorio previsto, per la domanda di rivendicazione, dall’art. 948 cod. civ., nel caso in cui solo alcune delle parti nei cui confronti l’azione è rivolta abbiano riconosciuto, espressamente, o tacitamente, la proprietà del cespite in capo al rivendicante, o la sua provenienza da un comune dante causa. Ciò in quanto, nella specie, la ricorrente era estranea sia al testamento olografo di COGNOME NOME del 2012, sia all’atto di divisione del AVV_NOTAIO del DATA_NASCITA, ed essendosi costituita solo nel giudizio di appello, dopo la contumacia del primo grado, contestando sia la comproprietà di COGNOME COGNOME NOME, sia la
riferibilità  a  lei  della  mancata  contestazione  da  parte  dei  COGNOME della comproprietà della dante causa dell’appellante.
Fissata quindi la pubblica udienza, la Procura AVV_NOTAIO, in persona del AVV_NOTAIO, ha concluso  per  l’accoglimento  del primo  motivo  di  ricorso,  con assorbimento del secondo.
Tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso COGNOME NOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione  degli  articoli  102,  354,  115,  116,  167  e  291  c.p.c., degli  articoli  948,  2697  e  1988  cod.  civ.  e  dell’art.  111  della Costituzione.
Dopo avere premesso che la qualificazione come rivendicazione dell’azione esercitata da COGNOME COGNOME NOME e la natura plurisoggettiva ed inscindibile della causa non sarebbero più in contestazione, perché non oggetto d’impugnazione, la ricorrente sottolinea, che mentre i convenuti COGNOME, costituitisi nel giudizio di primo grado, avevano proposto domanda riconvenzionale di usucapione, lei era rimasta contumace in primo grado e si era poi costituita nel giudizio di appello, assumendo una posizione di contrasto nei confronti dell’originario attore, completamente diversa da quella dei COGNOME. Assume la ricorrente, che la Corte d’Appello non poteva liquidare superficialmente le difese da lei spiegate in secondo grado, limitandosi a parlare di mancata contestazione degli elementi probatori acquisiti nella fase processuale pregressa, destinati a conservare efficacia nei confronti del contumace che non aveva provveduto nei termini di legge ad impugnare atti e documenti, né desumere, dalla sua contumacia in primo grado, la mancata contestazione dei titoli di proprietà prodotti in primo grado da NOME COGNOME NOME, in quanto il principio di non contestazione valeva, in base all’art. 115 comma
2° c.p.c., solo per le parti costituite, che avevano l’onere della contestazione specifica dei fatti posti a base della domanda, e la contumacia era un comportamento equivoco e non concludente, che determinava specifici effetti previsti espressamente dalla legge, ma non introduceva deroghe al principio dell’onere della prova, non permettendo all’attore di ritenere incontroversi o pacifici fatti da lui allegati, ma non provati (Cass. 11.7.2003 n.10947; Cass. 6.2.1998 n. 1293; Cass. 20.7.1985 n. 4301; Cass. 7.12.1984 n. 6462; Cass. 28.1.1982 n. 560).
Inoltre, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia trasferito su di lei gli effetti dell’asserita mancata contestazione, da parte del litisconsorti necessari COGNOME, della comproprietà della dante causa di COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, sull’onere probatorio dell’azione di rivendica, ritenuto attenuato, pur essendo ciò ipotizzabile solo quando il difetto di contestazione sia riferibile a tutte parti convenute costituite in giudizio (Cass. 19.10.2016 n. 21096; Cass. 13.2.2013 n. 3567), dovendo poi essere adottata una decisione unica sull’unico rapporto plurisoggettivo, in ottemperanza al principio di non contraddizione proprio delle decisioni adottate in ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass. sez. un. 5.5.2006 n. 10311).
Col  secondo  motivo  la  ricorrente  lamenta,  in  relazione  all’art. 360  comma  primo  n.  3)  c.p.c.,  la  violazione  e  falsa  applicazione degli articoli 948 e 2697 cod. civ. e degli articoli 115 e 116 c.p.c..
Si duole la ricorrente che la Corte d’Appello, avendo applicato all’azione di rivendica il principio dell’attenuazione dell’onere probatorio, che per quanto esposto nel primo motivo non poteva operare, abbia omesso di applicare il più rigoroso ed obbligatorio principio per il quale nella rivendica l’attore deve fornire rigorosa dimostrazione del titolo originario di acquisto del bene o risalendo attraverso i titoli derivativi ad un acquisto a titolo originario, o
fornendo  prova  dell’esercizio  di  un  possesso ad  usucapionem ultraventennale.
Rileva infatti la ricorrente, che la Corte d’Appello, anziché compiere tale doveroso accertamento sul possesso effettivamente esercitato da NOME COGNOME NOME e dalla sua dante causa COGNOME NOME sulla scala, sul corridoio e sul terrazzo che consentivano in un remoto passato di accedere dall’immobile di Procida, INDIRIZZO, alla Marina Corricella, si sia basata solo sulle risultanze dell’atto di divisione del AVV_NOTAIO del 18.5.1956, di formazione successiva alla perdita del possesso della scala da parte di COGNOME NOME, dante causa dell’originario attore, e comunque di natura dichiarativa, del testamento olografo di COGNOME NOME del 24.10.2012, pubblicato il 15.1.2015, a sua volta di natura dichiarativa e neppure riferito alla comproprietà della scala, del corridoio e del terrazzo per accedere alla Marina Corricella, e della relazione tecnica di parte del geom. NOME COGNOME del 15.6.2016, che secondo giurisprudenza consolidata della Corte costituiva una semplice allegazione difensiva e non una prova (Cass. 30.11.2020 n. 27297; Cass. 6.8.2015 n. 16552; Cass. sez. un. 3.6.2013 n. 13902; Cass. 8.1.2013 n. 259). Conclude poi la ricorrente, sottolineando che, poiché lei era rimasta contumace nel giudizio di primo grado impedendo l’operatività del principio di non contestazione, valevole solo per le parti costituite, ed in secondo grado aveva contestato il possesso rivendicato dall’originario attore, pur senza invocare l’usucapione, e non aveva rinunciato alla posizione di vantaggio del possideo quia possideo, a lei derivante dalla posizione di convenuta rispetto ad un’azione di rivendica, la Corte d’Appello avrebbe senz’altro dovuto applicare le comuni regole probatorie di tale azione, e richiedere quindi all’originario attore la cosiddetta probatio diabolica.
Ritiene la Corte che i due motivi, attinenti all’applicazione da parte della Corte d’Appello all’azione di rivendica della comproprietà della
scala, del terrazzino e del corridoio di accesso che in passato permettevano di accedere dall’immobile di INDIRIZZO, INDIRIZZO, alla sottostante INDIRIZZO, nei confronti dei litisconsorti necessari COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (che nel costituirsi nel giudizio di primo grado hanno domandato l’usucapione della proprietà esclusiva di tali immobili), e nei confronti di COGNOME NOME (rimasta contumace nel giudizio di primo grado e costituitasi poi in appello contestando il possesso dell’attore NOME COGNOME NOME), di un onere probatorio attenuato rispetto a quello in genere richiesto per l’azione di rivendicazione (cosiddetta probatio diabolica ), debbano essere esaminati congiuntamente e che siano fondati.
Premesso  che  va  confermata  la  qualificazione  della  domanda principale  quale  azione  di  rivendica,  va  evidenziato,  quanto  alla posizione di COGNOME NOME, che  il principio di  non contestazione non è applicabile alla parte contumace nel giudizio di primo grado, che costituendosi in secondo grado abbia comunque contestato i fatti costitutivi della domanda dell’originario attore.
In realtà l’art. 115 comma 1° c.p.c., nello stabilire che ‘ Salvi i casi previsti  dalla  legge,  il  giudice  deve  porre  a  fondamento  della decisione  le  prove  proposte  dalle  parti  o  dal  pubblico  ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite ‘, esclude quindi in modo inequivoco l’applicabilità del principio di non contestazione al contumace.
La contumacia, al pari del silenzio in campo negoziale, non equivale ad  alcuna  manifestazione  di  volontà  favorevole  alla  pretesa  della controparte, ma lascia del tutto inalterato il substrato di contrapposizione su cui si articola il contraddittorio (Cass. 11.7.2003 n. 10947; Cass. 9 dicembre 1994, n. 10554; Cass. 13 novembre  1989,  n.  4800),  dando  luogo  solo  a  quei  particolari effetti ed incombenti che sono espressamente previsti dal
legislatore,  e  mantenendo  per  il  resto  un  carattere  neutro  (Cass. 7.12.1984 n. 6462; Cass. 28.1.1982, n.560).
Non è quindi possibile considerare come non contestati dal convenuto contumace fatti costitutivi della domanda della cui sussistenza l’attore ha l’onere della prova (Cass. 11.7.2003 n. 10947; Cass. 6.2.1998 n. 1293; Cass. 20.7.1985 n. 4301; Cass. 11 aprile 1985, n. 2410), ed il giudice in presenza di un contumace ha il dovere di accertare se da parte dell’attore sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano stati o meno proposte, dalla parte legittimata a contraddire, contestazioni specifiche, difese ed eccezioni improprie (Cass. 11.7.2003 n. 10947; Cass. 9.3.1990, n.1898).
Va poi considerato che trattandosi nella fattispecie di un litisconsorzio necessario, legato al fatto che COGNOME COGNOME NOME non solo rivendicava dei beni indicati come di proprietà comune tra gli originari convenuti e la chiamata in causa, ma chiedeva anche la demolizione di manufatti insistenti sulla proprietà comune, e che era stata anche proposta domanda riconvenzionale di usucapione della cosa comune da parte dei COGNOME, la mancata contestazione da parte di questi ultimi del fatto che la dante causa di COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, fosse stata in passato comproprietaria della scala, del corridoio e del terrazzino, come risultante dall’atto di acquisto della loro dante causa COGNOME NOME (atto del AVV_NOTAIO COGNOME del 19.11.1961), – da non confondere con l’atto di acquisto della ricorrente e di suo marito dai venditori COGNOME COGNOME dell’immobile di Procida, INDIRIZZO, piano terzo, (atto del AVV_NOTAIO del 14.12.1991, rep. n. 9842, racc. n. 1776) – , e dall’atto di acquisto della dante causa dell’originario attore, COGNOME NOME (atto di divisione e donazione del AVV_NOTAIO del 18.5.1956), non poteva essere estesa alla già contumace COGNOME NOME,
che di contro costituendosi in appello, aveva contestato l’esercizio del possesso da parte di COGNOME COGNOME NOME e della sua dante causa,  COGNOME  NOME,  facendo  risalire  il  mancato  uso  della scala dall’immobile, che quest’ultima ha poi lasciato per testamento all’originario attore, addirittura ad epoca anteriore all’acquisto della COGNOME con l’atto di divisione e donazione del AVV_NOTAIO del 18.5.1956.
Inoltre, trattandosi di litisconsorzio necessario, il principio di non contestazione, in disparte la sua invocabilità solo per i fatti che siano a conoscenza delle parti e ad esse comuni, non poteva essere applicato neppure per i COGNOME, costituitisi in primo grado, data la contumacia della COGNOME, e l’impossibilità di applicare il principio dell’art. 115 comma 1° c.p.c. quando non siano costituiti tutti i convenuti destinatari dell’azione a litisconsorzio necessario, poichè la controversia deve svolgersi in maniera unitaria e con applicazione della medesima disciplina sull’onere probatorio tra tutti i soggetti del rapporto processuale unitario ed inscindibile, e deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano (Cass. n.21096/2016; Cass. n. 3567/2013; Cass. n.3011/2006).
Neppure potevano farsi ricadere sulla COGNOME, contumace in primo grado, le conseguenze dell’avvenuta proposizione in primo grado della domanda riconvenzionale di usucapione di NOME NOME, NOME NOME e NOME NOME, trattandosi di domanda dalla medesima mai avanzata, dovendosi pertanto escludere che possa giustificarsi la ritenuta attenuazione dell’onere probatorio dell’azione di rivendicazione sulla base della riconvenzionale di usucapione dei COGNOME (sulla base della sentenza 19.10.2021 n. 28865 di questa Corte) anche per i COGNOME medesimi, per la necessità di regolare allo stesso modo l’onere probatorio per tutti i convenuti nello stesso giudizio di rivendica a litisconsorzio necessario (vedi in tal senso Cass. sez. un. 5.5.2006 n. 10311).
Ne deriva che, non ricorrendo alcuna delle ragioni addotte dall’impugnata sentenza a giustificazione dell’attenuazione dell’onere probatorio gravante sull’attore in rivendicazione, la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare se NOME COGNOME NOME avesse dato dimostrazione del titolo originario di acquisto della comproprietà dei beni controversi o risalendo attraverso i titoli derivativi ad un acquisto a titolo originario, o fornendo prova dell’esercizio su di essi di un compossesso ad usucapionem ultraventennale (cosiddetta probatio diabolic a) e non limitarsi ad una verifica degli asseriti titoli di acquisto dei diritti reali rivendicati. L’accoglimento dei due motivi di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La  Corte  di  Cassazione  accoglie  entrambi  i  motivi  del  ricorso  di COGNOME NOME, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi  accolti  e  rinvia  alla  Corte  d’Appello  di  Napoli  in  diversa composizione,  che  provvederà  anche  per  le  spese  del  giudizio  di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 17.12.2024