Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5856 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36346/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO AVV_NOTAIO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
nonchè contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1321/2018 depositata il 17/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva
Nel 1985 NOME COGNOME (poi deceduto) e NOME COGNOME citarono in giudizio NOME COGNOME, anch’egli comproprietario del Palazzo Ducale di Larino, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, ai quali ultimi il COGNOME aveva venduto per intero un terreno, di cui costui, secondo
gli AVV_NOTAIOri, era solo comproprietario, derivante dalla divisione del palazzo risalente al 1886 (a NOME COGNOME era pervenuto dal padre NOME, il quale, a sua volta, lo aveva ricevuto in donazione, nel 1901, dai di lui genitori), chiedendo riconoscersi la comproprietà del fondo, annullarsi l’AVV_NOTAIO di compravendita del 1985, poiché frutto di dolo e rilasciarsi il predetto fondo in favore degli istanti, secondo le quote di pertinenza, oltre al risarcimento del danno.
1.1. Nel 1998 NOME COGNOME citò NOME COGNOME e nel giudizio intervenne NOME COGNOME, chiedendo condannarsi il COGNOME al rilascio di un terreno, già di NOME COGNOME e NOME COGNOME e acquistato dall’AVV_NOTAIOre e che assumeva risultare essere occupato senza titolo.
1.2. I due giudizi vennero riuniti.
1.3. Con la sentenza n. 562/2012 il Tribunale, a riguardo del giudizio r.g. 523/1985, accolse in toto la domanda, condannando i convenuti a rilasciare il terreno e a risarcire il danno. In relazione al giudizio n. 799/988, accolta la domanda, condannò NOME COGNOME a rilasciare in favore dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME un’area di 80 mq, oggetto della scrittura stipulata il 7/11/1976 tra NOME COGNOME e il COGNOME, facente parte della particella n. 500 del foglio 24 del Comune di Larino.
Avverso la decisione di primo grado NOME COGNOME propose appello (r.g. 626/2013), lamentando l’errato vaglio dell’onere probatorio (negava che gli AVV_NOTAIOri avessero acquistato titolo traslativo od originario); l’errato apprezzamento degli elementi di fAVV_NOTAIO (interpretazione AVV_NOTAIO del 1886, in particolare a riguardo della funzione del massiccio roccioso aderente al Palazzo Ducale di Larino) – i confini dimostravano che il massiccio era di proprietà della famiglia COGNOME -; errata interpretazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli, Sezione distaccata di Salerno n. 30/1973; errata pronuncia a
riguardo dell’acquisto per usucapione del massiccio ad opera del convenuto COGNOME.
2.1. Con separato AVV_NOTAIO proposero appello NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (r.g. 844/2013), lamentando il mancato assolvimento dell’onere probatorio; l’errata valutazione in ordine alla funzione del massiccio; l’errata interpretazione della citata sentenza n. 30/1973; l’intervenuta usucapione della particella n. 389; l’erroneo riconoscimento del risarcimento del danno.
2.2. Si costituirono NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per resistere all’impugnazione. Si costituirono, del pari, proponendo anche appello incidentale, in entrambi i giudizi d’appello, NOME COGNOME, il quale chiese che, in riforma della sentenza di primo grado, fosse dichiarato il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME e NOME COGNOME e dichiarata cessata la materia del contendere, essendo già avvenuto il rilascio dell’are di 80 mq, oggetto della scrittura tra NOME COGNOME e il medesimo COGNOME.
La Corte d’appello adita, riuniti di due processi, rigettò gli appelli di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME; accolse, per quanto reputato di ragione, l’appello incidentale di NOME COGNOME, e confermando nel resto la decisione di primo grado, dichiarò cessata la materia del contendere quanto al rilascio degli 80 mq di terreno; regolò le spese.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi. NOME COGNOME propone <>, sulla base di due motivi, in seno al depositato controricorso. Si costituiscono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Hanno depositato memorie i controricorrenti COGNOME e COGNOME e i ricorrenti COGNOME, COGNOME e COGNOME.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2697, 948 e 840 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fAVV_NOTAIO controverso e decisivo, assumendo che la Corte locale, appiattitasi sulla motivazione di primo grado, aveva erroneamente affermato che gli AVV_NOTAIOri COGNOME avessero assolto all’onere probatorio su di loro incombente e che il costone roccioso sito a valle del Palazzo non era mai stato oggetto di atti traslativi. Si dolgono, inoltre della condanna al risarcimento per danno ‘in re ipsa’.
5.1. la doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità, per il convergere di una pluralità di ragioni e in parte è prova di fondamento.
Viene contestato il vaglio di merito, sulla base del quale la sentenza ha ritenuto che la particella 389 (costone roccioso) non avesse mai formato oggetto di atti traslativi e quindi fosse comune. Non si rileva una violazione dell’art. 2697 cod. civ., poiché non si è in presenza di una inversione dell’onere probatorio, bensì di una ricostruzione fattuale non condivisa dai ricorrenti.
L a evocazione della regola sull’onere probatorio perciò solo non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito manifesti la prospettata violazione di legge, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la conclusione nel senso auspicato dal ricorrente, evenienza che qui niente affAVV_NOTAIO ricorre, richiedendosi, in definitiva, che la Corte di legittimità, sostituendosi inammissibilmente alla Corte d’appello, faccia luogo a nuovo vaglio probatorio, di talché, nella sostanza, peraltro neppure efficacemente dissimulata, la doglianza investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove
effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage (che per vero qui neppure è stato sperimentato) del richiamo agli artt. 115 e 116, cod. proc. civ. (cfr., da ultimo, Cass. nn. 11775/019, 6806/019).
Va, inoltre, soggiunto che i documenti evocati dai ricorrenti sono in questa sede inconoscibili.
In tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Sez. 1, n. 11482, 3/6/2016, Rv. 639844; conf. Cass. 19427/2017).
Attiene al potere del giudice del merito vagliare i titoli di provenienza e sul punto la sentenza impugnata è giunta alla incensurabile conclusione che con l’AVV_NOTAIO del 26/10/1986 si provvide a dividere il palazzo in due quote uguali, di consistenza pari a 3/6, la prima di tali quote venne attribuita per 2/6 ai COGNOME, da cui acquistarono i COGNOME, e per 1/6 ai COGNOME, da cui acquistarono i COGNOME. La seconda, a oriente, venne attribuita per tutti i 3/6 ai coniugi COGNOME. Il massiccio, costituente la particella 389, spiega la Corte d’appello, che svolge funzione pertinenziale ed accessoria del Palazzo Ducale, garantendone il sostegno, <>.
Siccome ha chiarito la sentenza impugnata, su quel costone roccioso parte attrice aveva riconosciuto la impossibilità di esercitare godimento o manutenzione, né il contrario risultava provato.
Oggi i ricorrenti affermano che con la prova testimoniale avrebbero potuto dimostrare il proprio possesso, ma del contenuto di essa prova nulla è dato sapere in questa sede. Aspecifico, per difetto di autosufficienza, risulta il riferimento a una azione esperita nei confronti del Comune di Larino per tutelare il massiccio.
La vendita, poi, del 1985, perciò solo non soddisfa i requisiti dell’usucapione, trattandosi di una autoaffermazione di proprietà, non supportata dagli atti o dai comportamenti possessori.
Quanto alla condanna al risarcimento del danno la Corte locale ha fAVV_NOTAIO corretta applicazione del principio di diritto assai di recente enunciato dalle Sezioni unite, secondo il quale in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato (S.U. n. 33645, 15/11/2022 (Rv. 666193).
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., addebitandosi alla Corte d’appello di avere malamente vagliato le prove.
6.1. Il motivo è inammissibile.
La ricostruzione probatoria, come noto, anche qualora sostenuta dall’asserita violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e
116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Rv. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Rv. 659037).
Con il primo motivo del ricorso incidentale viene denunciato l’omesso esame di un fAVV_NOTAIO controverso e decisivo.
7.1. Il motivo è inammissibile, poiché, trovando applicazione, come si è anticipato, ‘ratione temporis’, l’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fAVV_NOTAIO poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affAVV_NOTAIO.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione degli artt. 2697, 948 e 840 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fAVV_NOTAIO controverso e decisivo, contestandosi tutti i profili della sentenza, alla quale si addebita l’appiattimento sulle motivazioni di primo grado, l’acritica adesione alle conclusioni del consulente tecnico, l’irrilevanza di un remoto comune dante causa ai fini della declaratoria d’usucapione, il non avere trAVV_NOTAIO le debite conseguenze dal titolo, l’erroneo apprezzamento del materiale documentale prodotto.
8.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità, essendo palesemente diretto a un completo riesame di merito, come se si fosse in presenza di un terzo grado di giudizio e in presenza di ‘doppia conforme’.
Nel resto valgono le osservazioni sopra esposte a proposito del ricorso principale.
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo di entrambi i ricorsi e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art.
334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, a carico solidale dei ricorrenti principali e di quello incidentale, in favore dei controricorrenti siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle attività espletate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
dichiara il ricorso principale e quello incidentale inammissibili e condanna i ricorrenti principali e quello incidentale, in solido, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, con distrazione in favore degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiaratisi distrattari.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà AVV_NOTAIO della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, e, rispettivamente, per quello incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 21 giugno 2023.