Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25855 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18881/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale- contro
NOME COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1132/2021 depositata il 4/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME conveniva RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Firenze, per sentirla condannare al pagamento di euro 224.194,68, oltre rivalutazione ed interessi, quale risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento dei rapporti contrattuali intrattenuti per mezzo dell’ex promotore finanziario infedele, COGNOME NOME, non citato in causa.
1.1. Allegava: a) di aver sottoscritto in data 21.09.2000, per il tramite del promotore COGNOME, un contratto quadro di gestione fiduciaria individuale con la convenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché un contratto d’investimento con RAGIONE_SOCIALE; b) che -prima della firma del contratto quadro e dei successivi ordini d’acquisto consigliati per un complessivo importo di € 224.194,68 -il promotore COGNOME non l’aveva mai informata sul tipo di titoli negoziati, sui rischi generali di investimento e non le avrebbe altresì richiesto informazioni sulla propria propensione al rischio, sulla situazione finanziaria e sugli obiettivi d’investimento; c) che successivamente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le comunicava che la propria gestione patrimoniale aveva subito una perdita di euro 38.336,13 e, pertanto si era ridotta ad euro 157.917,49, e che COGNOME NOME non era più un suo promotore finanziario; d) che aveva appreso che il promotore infedele aveva falsificato alcune sue firme, compiendo operazioni finanziare non autorizzate che avevano condotto ad una perdita di euro 185.858,55, somma da aggiungersi alla già comunicata perdita di euro 38.336,13.
Concludeva, quindi, chiedendo la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in proprio favore dell’importo di euro 224.194,68, ovvero di diversa quantificazione ritenuta di giustizia, oltre a rivalutazione ed interessi, con vittoria di spese ed onorari.
1.2. Si costituiva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, eccependo la prescrizione delle pretese
avversarie e comunque contestandone la fondatezza.
Con sentenza n. 605/2018 del 27 febbraio 2018 il Tribunale di Firenze dichiarava prescritta la domanda della COGNOME volta ad ottenere il ristoro dei pregiudizi derivanti da investimenti per complessivi euro 38.336,13 effettuati in violazione degli obblighi d’informativa e comunque inadeguati al profilo della cliente, mentre accoglieva la domanda relativa alle operazioni poste in essere dal COGNOME mediante la falsificazione della firma della cliente, essendo indubbia la responsabilità dell’intermediario per la condotta illecita del proprio promotore finanziario; perveniva a liquidare il danno in misura corrispondente non all’intera somma investita, pari ad euro 185.858,55, ma soltanto alla porzione andata perduta, ovvero euro 41.153,62, sul rilievo che la differenza risultava invece accreditata su altri conti correnti intestati a COGNOME presso Banca Toscana e Banca della Rete, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale sentenza COGNOME proponeva appello, in cui si costituiva resistendo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 1132/2021 del 4 giugno 2021 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza impugnata, liquidava il risarcimento del danno in misura maggiore e per l’effetto condannava RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 144.640,45, oltre interessi e rivalutazione, in particolare affermando che NOME non era affatto a conoscenza e non aveva la disponibilità- dei conti correnti, accesi presso altri istituti di credito, in cui era stata accreditata parte della somma derivante dagli investimenti effettuati dal promotore infedele.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
COGNOME NOME resiste con controricorso anche contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi, al quale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Con memoria denominata ‘Memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. per l’udienza in camera di consiglio con contestuale memoria di intervento ex art 105 c.p.c.’ si costituiva nel presente grado di giudizio RAGIONE_SOCIALE, ‘quale succ essore a titolo universale di RAGIONE_SOCIALE‘, facendo proprie tutte allegazioni, deduzioni, domande, eccezioni, istanze e rilievi, anche istruttori, le produzioni documentali e le conclusioni di cui agli scritti difensivi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
NOME ha depositato propria memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere rilevato che l’intervento di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile.
Questa Corte intende anzitutto dare continuità all’orientamento secondo cui è inammissibile l’intervento proposto dal terzo direttamente in sede di legittimità (cfr. Cass., 25423/2019; Cass. 11/05/2010, n. 11375), mancando al riguardo una espressa previsione normativa, indispensabile nella disciplina di una fase processuale autonoma (in senso conforme si vedano, ex aliis, anche Cass. Sez. Un. 27466/2016 in motivazione, Cass. 27/12/2016, n. 27044; Cass. 23/03/2016, n. 5759; 19/02/2015 n. 3336; 30/05/2014, n. 12179; 7/04/2011, n. 7986); tale principio si correla con quello, secondo cui sono soggetti del giudizio di cassazione unicamente coloro che furono parti dei giudizi precedenti (fra le molte, Cass. civ., sez. VI, n. 7467/2017; Cass. civ., sez. I, n. 17974/2015; Cass. civ., sez. lav., n. 6348/2009; Cass. civ., Sez. Un., n. 9753/1994; Cass. civ., Sez. Un., n. 1245/2004; Cass. civ., sez. II, n. 5126/1999).
1.1. Qualora, poi, si intendesse attribuire rilievo al fatto che RAGIONE_SOCIALE si costituisce in qualità di ‘successore a titolo universale di RAGIONE_SOCIALE ‘, va osservato nel caso di specie che risulta prodotto telematicamente in allegato alla memoria soltanto l’atto di fusione.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il mandatario, in forza di una procura generale o speciale ad negotia , può esercitare tutti i poteri e le facoltà spettanti al mandante, inerenti e necessarie all’esecuzione del mandato
ricevuto, compreso quello di instaurare un giudizio di legittimità, e di conferire, quindi, ai fini processuali la debita procura speciale al difensore, a nulla rilevando che la procura a lui rilasciata dal mandante sia anteriore alla sentenza avverso la quale si intenda proporre ricorso per cassazione (Cass., 14/01/2016, n. 474; Cass., 9/09/2005, n. 16736; Cass., 15/02/1990, n. 1104).
Tuttavia, nel caso di specie, non risulta prodotta alcuna procura, né generale né speciale ad negotia , che giustifichi i poteri in forza dei quali la procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE ha conferito al difensore la procura speciale alle liti in relazione all’intervento nel presente giudizio di legittimità.
Con il primo motivo del ricorso principale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.lgs. 58/98, 2049 cod. ci v ., 2697 cod. civ.’.
Lamenta che la Corte di merito ha invertito l’onere della prova contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, affermando che, essendo stata accertata la distrazione di denaro da conti della cliente COGNOME, era onere della banca provare la correttezza dei bonifici e degli investimenti effettuati: invece, doveva essere affermato l’onere della prova a carico di COGNOME NOME di dimostrare che le somme investite fossero affluite su conti correnti diversi da quelli a lei riferibili.
2.1. Il motivo è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in linea generale, il vizio denunciato nel motivo ricorre allorché il giudice di merito viola il disposto di cui all’art. 2697 cod. civ. ed attribuisce l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., 22/11/2022, n. 34591; Cass., n. 4241/2018; Cass., n. 15107/2013; Cass., n. 19064/2006).
Orbene, l ‘impugnata sentenza afferma in motivazione quanto segue: ‘In tale contesto, si tratta allora di stabilire su chi incomba l’onere di accertare se i fondi, per quanto abusivamente prelevati presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, siano tornati altrove nella disponibilità dell’appellante oppure no. Una volta assodata l’abusività del prelievo, sembra a questa Corte evidente che l’accaduto si
traduce ipso facto in danno per il correntista defraudato; pertanto, spetta semmai alla banca provare che i fondi, sebbene illecitamente distratti, sono nondimeno tornati al legittimo proprietario senza di fatto danneggiarlo. Non v’è dubbio che l’onere di provare il danno incomba in linea di principio al danneggiato, ma avendo questi dimostrato la distrazione dei fondi dal luogo di deposito, compete alla banca che ne aveva la custodia dimostrare la circostanza esimente, ossia il supposto ritorno della provvista nella disponibilità di chi aveva subito la sottrazione. In tale ottica, la semplice coincidenza tra la denominazione dei conti accreditati e quello della cliente, a fronte della puntuale contestazione di quest’ultima, non basta ad escludere il danno e non integra adeguatamente l’esimente, ciò che avrebbe imposto un riscontro più esauriente presso le banche destinatarie circa l’effettiva titolarità/disponibilità dei conti accreditati, attraverso la verifica delle modalità di apertura, di gestione e di chiusura dei rapporti disconosciuti dall’interlocutore rimasto vittima delle falsificazioni degli ordini di bonifico. In un mondo normale, invero, non si poteva escludere una banale omonimia e, a maggior ragione, in un mondo anormale come quello costruito dal promotore infedele con una quantità di firme false, davanti ad una cliente truffata la quale negava di avere beneficiato di qualsivoglia rientro di denaro ed affermava di non conoscere neppure l’esistenza dei conti correnti accreditati, la banca convenuta/appellata, per esimersi da responsabilità, invece di far passare per pacifico quello che pacifico non era, avrebbe dovuto controllare attentamente la sorte dei bonifici controversi. Non avendolo fatto, in parziale riforma della sentenza impugnata, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deve risarcire interamente l’importo dei prelievi effettuati dal conto della COGNOME tramite firme false’.
Nel caso di specie, dunque, la sentenza impugnata ha accertato che ci fu un prelievo abusivo di somme di denaro da un conto intestato a NOME, che tale condotta del promotore finanziario infedele, di cui anche la banca risponde, è stata fraudolenta e che ha causato un danno, dato che, pacificamente, una parte del patrimonio della cliente era andata perduta.
La danneggiata COGNOME ha dunque assolto al proprio onere della prova, mentre la circostanza per cui parte della somma derivante dagli
investimenti effettuati dal promotore infedele fosse invero stata accreditata su altri conti correnti nella giuridica disponibilità della COGNOME stessa costituisce fatto estintivo, o perlomeno modificativo dell’entità del danno risarcibile, e doveva quindi essere provato con onere a carico della banca.
2.2. Resta infine assorbita l’ulteriore censura che compone il motivo, e cioè che, come corretta conseguenza della attribuzione -affermata come necessariadell’onere della prova a carico della COGNOME, la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare che la medesima non lo aveva correttamente assolto, dato che aveva prodotto in appello documenti nuovi, in violazione del divieto di cui all’art. 345 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo del ricorso principale la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti, ‘nella parte in cui la Corte territoriale non ha preso in considerazion e che SPI ha sempre dimostrato che le somme di cui agli ordini di bonifico sono confluite su conto corrente intestato alla NOME COGNOME e tale circostanza non è mai stata oggetto di contestazione da parte della NOME COGNOME nel giudizio di primo grado’.
3.1. Il motivo è inammissibile, nonché, gradatamente, infondato.
Lamenta che la Corte territoriale non ha considerato che la danneggiata non ha mai contestato la circostanza, positivamente provata dalla società di intermediazione a mezzo documenti, che erano a lei riferibili i conti in cui le somme investite dal promotore erano confluite, ma in tal modo non deduce correttamente il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., che in quanto tale deve investire la sentenza impugnata per l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte
le risultanze probatorie (Cass., Sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass., 27415/2018).
Ancora di recente si è ulteriormente precisato (Cass., 5/03/2020, n. 6172) che il principio di non contestazione ha per oggetto i fatti storici sottesi a domande ed eccezioni, ma non le conclusioni ermeneutiche da trarre, in ordine all’interpretazione di produzioni documentali; la non contestazione, cioè, non può riguardare, come nel caso di specie, prim’ancora che, comunque inammissibilmente, documenti (cfr. Cass., 21/06/2016, n. 12748), una conclusione ricostruttiva concernente, pertanto, la valutazione degli stessi (cfr. anche Cass., 21/12/2017, n. 30744).
3.2. Il motivo è anche infondato, dato che dalla motivazione della impugnata sentenza risulta che la Corte d’appello ha esaminato sia la specifica difesa della società di intermediazione sia la contestazione, o meglio la negazione, da parte della investitrice danneggiata, di avere la giuridica disponibilità dei conti in cui le somme investite erano confluite, per cui nel caso di specie non è ravvisabile nessun omesso esame, con la precisazione che la Corte di merito ha motivatamente ritenuto che la COGNOME abbia sempre negato di avere la disponibilità dei conti accreditati presso terze banche ( v. sentenza impugnata p. 8 e 9) e le contestazioni al riguardo dell’attuale ricorrente principale risultano del tutto generiche in relazione alla piana motivazione sul punto della Corte di merito e comunque inidonee, per le ragioni già dette, dette a scalfirla. Ed invero l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (v. Cass., 28/10/2019, n. 27490) nei ristretti limiti in cui è ora deducibile, e, nella specie, come già rilevato, dedotto con esito infausto.
4 . Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c.’.
Lamenta, riproducendo censure già svolte in sede di scrutinio dei primi due motivi, che la corte di merito, in violazione del disposto di cui all’art. 2697 c od.
civ., ha posto in capo a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare che le somme accreditate sul conto corrente intestato alla sig.ra COGNOME e acceso presso Banca della Rete, fossero entrate nella disponibilità effettiva della NOME. Inoltre, come sopra argomentato, ha assunto come tempestiva la contestazione della COGNOME, ancorchè allegata e provata tardivamente solo in appello, in merito all’esistenza di quel conto corrente e alla sua effettiva riconducibilità alla NOME.
Conseguentemente, la Corte ha omesso di valutare tutte quelle circostanze ben evidenziate e provate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, se invece considerate, avrebbero condotto alla declaratoria del concorso di colpa della COGNOME nella causazione e nel protrarsi delle conseguenze del danno.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato, per le ragioni svolte in sede di scrutinio del primo e del secondo motivo.
La doglianza circa la omessa considerazione della prova fornita da RAGIONE_SOCIALE, che, se invece valutata, avrebbe portato al riconoscimento del concorso di colpa della danneggiata ex art. 1227 cod. civ., non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata, che, nel ripartire l’onere della prova tra le parti, ha considerato sia il comportamento della società preponente sia il comportamento della danneggiata, e si risolve nel sollecitare un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 27/12/2019).
Con il primo motivo del ricorso incidentale, dedotto senza alcuna rubrica, la ricorrente incidentale lamenta che la corte territoriale ha errato nel liquidarle il danno.
Deduce: a) che il Tribunale aveva limitato il risarcimento del danno ad euro 41.153,62 affermando che la somma ulteriore di Euro 144.640,45 era stata accreditata, sebbene in modo fraudolento e con firme false, su conti riconducibili a COGNOME; b) che la Corte d’appello ha invece ritenuto mancante la prova della sua titolarità effettiva dei conti di destinazione; c) che, in conseguenza di ciò, il danno risarcibile sarebbe dovuto ammontare a complessivi euro 185.794,07, cioè la somma di euro 41.153,62, già riconosciuta dal tribunale e dell’ulteriore somma di euro 144.640,45, esclusa
dal Tribunale con motivazione tuttavia riformata dalla Corte d’appello; d) che invece, erroneamente, la Corte d’Appello ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 144.460,45 ‘in luogo’ di quella di euro 41.153,62, e non ha più considerato tale importo nel decisum .
5.1. Il motivo è fondato.
Emerge dalla lettura dell’impugnata sentenza che la Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione alla condotta fraudolenta ed abusiva del suo promotore finanziario, che ha comportato un danno di importo pari ai prelievi illegittimi, anche considerato, in riforma della sentenza di prime cure, in relazione alle somme confluite in tutti i conti correnti di cui quali l’investitrice danneggiata non poteva disporre.
Rispetto a tali premesse, svolte sotto il profilo dell’an debeatur , risulta pertanto intrinsecamente contraddittoria, tanto da risultare incomprensibile, la motivazione con cui, in punto quantum debeatur , la Corte di merito ha condannato la società preponente al pagamento in favore di COGNOME RAGIONE_SOCIALE ‘della somma complessiva di euro 144.460,45 a titolo di risarcimento del danno (in luogo della somma di euro 41.153,62 per cui è stata pronunciata condanna in primo grado)’: la condanna pronunciata ‘in luogo’, anziché ‘in aggiunta’, inspiegabilmente contrasta con la decisione di riformare la sentenza di prime cure in relazione all’accertamento della più ampia responsabilità della società preponente e della conseguente statuizione di una maggiore estensione del danno risarcibile.
Con il secondo motivo, parimenti privo di rubrica, la ricorrente incidentale dichiara di proporre ricorso incidentale condizionato ed impugna la decisione della Corte territoriale là dove ha dichiarato inammissibili ex art. 345 cod. proc. civ. le nuove istanze formulate ed i nuovi documenti prodotti in sede di gravame, in quanto successivi ai fatti oggetto del giudizio di prime cure.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale comporta l’assorbimento del motivo in esame, che è stato proposto in via condizionata.
In conclusione, l ‘impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo di ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo.
Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile