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Onere della prova: investitore perde causa contro banca

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che rigettava la richiesta di risarcimento di un investitore contro un istituto di credito. Il caso sottolinea l’importanza dell’onere della prova: non è sufficiente una contestazione generica, ma l’investitore deve allegare specificamente gli inadempimenti della banca e provare il nesso causale con il danno subito. La Corte ha distinto tra la determinatezza della domanda (ammissibilità) e la sua fondatezza nel merito (prova), chiarendo che la prima non implica la seconda.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova: L’Importanza di Domande Specifiche negli Investimenti Finanziari

La lunga e complessa battaglia legale di un investitore contro un primario istituto di credito si è conclusa con una pronuncia della Corte di Cassazione che ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: l’onere della prova. Questa ordinanza chiarisce che, per ottenere un risarcimento, non basta lamentare genericamente un comportamento scorretto della banca, ma è necessario formulare accuse precise e supportarle con elementi concreti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Contenzioso: Una Lunga Battaglia Legale

Tutto ha origine da un contratto di intermediazione finanziaria stipulato nel lontano 1992. Un investitore, ritenendo di aver subito ingenti perdite a causa di informazioni inadeguate fornite dalla sua banca, decideva di agire in giudizio chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni.

Inizialmente, le sue domande vennero respinte dalla Corte d’Appello perché ritenute troppo generiche. L’investitore, però, non si arrese e ricorse in Cassazione, ottenendo una prima vittoria: la Suprema Corte, con un’ordinanza del 2018, stabilì che le sue richieste erano sufficientemente determinate per essere esaminate nel merito e rinviò il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Tuttavia, all’esito del giudizio di rinvio, la Corte d’Appello rigettò nuovamente le domande, questa volta non per un vizio di forma, ma perché le riteneva infondate e non provate. Contro questa seconda sconfitta, l’investitore ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, che ha dato origine all’ordinanza in commento.

La Decisione della Corte e l’Onere della Prova

La Suprema Corte ha rigettato definitivamente il ricorso dell’investitore, chiarendo un punto cruciale che spesso genera confusione: la distinzione tra la determinatezza di una domanda e la sua fondatezza. La precedente ordinanza del 2018 aveva solo stabilito che la domanda era ammissibile, cioè formulata in modo abbastanza chiaro da poter essere processata. Non si era però espressa sul merito, ovvero se le accuse fossero effettivamente provate.

Il compito del giudice di rinvio era proprio quello di valutare le prove. E, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha svolto correttamente il suo lavoro, accertando che l’investitore non aveva assolto al proprio onere della prova. L’investitore, infatti, pur lamentando un comportamento scorretto della banca su un arco temporale molto lungo (1997-2002), non aveva indicato quali specifiche informazioni fossero state omesse, per quali dei tanti titoli acquistati e perché questi fossero da considerarsi rischiosi.

L’onere della prova per l’investitore e per la banca

La sentenza ribadisce il principio consolidato sulla ripartizione dell’onere della prova nelle controversie in materia di intermediazione finanziaria:
1. L’investitore ha l’onere di allegare in modo specifico l’inadempimento della banca (es. quali informazioni obbligatorie sono state omesse) e di provare l’esistenza del danno e il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno stesso.
2. La banca, di contro, ha l’onere di provare di aver adempiuto alle proprie obbligazioni informative e di aver agito con la diligenza richiesta.

In questo caso, l’investitore si è fermato al primo stadio, non riuscendo a circostanziare in modo adeguato le sue accuse.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sull’incapacità dell’investitore di superare la genericità delle sue accuse anche in fase probatoria. Non è stato sufficiente affermare che il patrimonio era andato ‘disperso’ e che il conto presentava un saldo passivo. La Corte d’Appello ha evidenziato che quel saldo negativo non derivava unicamente dagli investimenti, ma anche da aperture di credito, interessi passivi e spese personali.

Inoltre, la Corte ha notato che alcuni dei titoli in portafoglio avevano persino generato incrementi di valore, a dimostrazione del fatto che non si poteva attribuire l’intero esito negativo alla sola condotta della banca. L’investitore non ha saputo isolare e provare il danno specifico derivante dalla presunta carenza informativa, rendendo la sua domanda infondata nel merito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione pratica fondamentale per tutti gli investitori: agire in giudizio contro un intermediario finanziario richiede preparazione e precisione. Non è sufficiente un generico malcontento per l’andamento degli investimenti. È indispensabile costruire un’accusa circostanziata, indicando con esattezza quali obblighi informativi sono stati violati, in relazione a quali specifiche operazioni, e dimostrando con prove concrete come tale violazione abbia causato un danno economico. In assenza di questi elementi, come insegna questo caso, la domanda, seppur ammissibile, è destinata a essere respinta per non aver soddisfatto il fondamentale onere della prova.

È sufficiente per un investitore lamentare genericamente la mancanza di informazioni da parte della banca per ottenere un risarcimento?
No. La sentenza chiarisce che l’investitore ha l’onere di allegare specificamente quale inadempimento imputa all’intermediario, indicando quali informazioni sarebbero state omesse e per quali operazioni, e di provare il danno e il nesso di causalità.

Qual è la differenza tra ‘determinatezza’ e ‘fondatezza’ di una domanda giudiziale?
La determinatezza riguarda l’ammissibilità della domanda, cioè se è formulata in modo sufficientemente chiaro da poter essere esaminata nel merito. La fondatezza riguarda il merito, cioè se, una volta esaminata, la domanda è supportata da prove sufficienti per essere accolta. Una domanda può essere determinata ma infondata.

Come è ripartito l’onere della prova nelle cause di responsabilità dell’intermediario finanziario?
L’onere è ripartito: l’investitore deve allegare l’inadempimento specifico della banca e provare il danno subito e il legame causa-effetto. Spetta poi all’intermediario dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi informativi e di aver agito con la diligenza professionale richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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