Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4434 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4434 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
Oggetto: contributi
pubblici – sisma del 6
febbraio 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5472/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Pescara, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
Comune di L’Aquila ;
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello de L’Aquila n. 1138/2020, depositata l’11 settembre 2020 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, depositata l’11 settembre 2020, di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del locale
Tribunale che aveva respinto le sue domande di condanna del comune di L’Aquila dell’ente locale al pagamento in suo favore del l’indennizzo di cui all’art. 2 O.P.C.M. n. 3789 del 2009, relativamente alla residua somma di euro 19.950,00, e al risarcimento dei danni per ritardo nell’ erogazione dello stesso, anche con riferimento alla somma già erogata;
la Corte di appello, dopo aver riferito che il giudizio era stato originariamente instaurato presso il giudice amministrativo e che, a seguito di declinatoria di giurisdizione, era stato riassunto dinanzi al Tribunale de L’Aquila, ha dato atto che la richiesta di indennizzo riguardava il valore di beni in relazione ai quali l’ente locale aveva escluso che rientrassero nella categoria di beni mobili strumentali all’esercizio dell’attività espletata per i quali il richiamato art. 2 O.P.C.M. n. 3789 del 2009 riconosceva l’indennizzo e, inoltre, aveva rilevato l’impossibilità di determinarne il valore;
ha, quindi, disatteso il gravame evidenziando, in particolare, la mancata dimostrazione da parte del richiedente del valore di tali beni;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
il Comune RAGIONE_SOCIALE L’Aquila non spiega alcuna difesa ;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché la motivazione apparente, illogica e perplessa della sentenza impugnata;
con tale censura si duole del fatto che la Corte di appello ha respinto il motivo di gravame vertente sulla ritenuta necessità di allegare il libro dei cespiti ammortizzabili al fine di dimostrare il valore dei beni in questione, benché con riferimento ad altri beni l’ente locale ave sse provveduto, sia pure in esecuzione di una sentenza del giudice amministrativo, all’erogazione del relativo indennizzo pur in assenza della produzione di un siffatto libro;
evidenzia che il provvedimento amministrativo di rigetto della sua richiesta era privo di sufficiente motivazione e che era illogico il passaggio della sentenza con il quale si affermava che in tale provvedimento l’ente locale aveva negato la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2 O.P.C.M. n. 3789 del 2009 con riferimento a tutti i beni interessati dall’originaria richiesta di indennizzo;
con il secondo motivo deduce la «motivazione incongrua, perplessa e solo apparente» della sentenza di appello nella parte in cui aveva ritenuto che non fosse stata offerta prova del valore dei beni perduti in ragione della «carenza di qualsiasi elemento obiettivo per l’accertamento del valore dei beni esclusi dall’indennizzo, in relazione sia all’elevato valore dichiarato del richiedente, sia per la natura particolare dei beni medesimi, costituiti da oggetti di antiquariato»;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
nella parte in cui con tali motivi si fanno valere vizi di carenza o apparenza o manifesta illogicità della motivazione, le doglianze, in realtà, si risolvono in una contestazione della valutazione delle risultanze probatorie operata dal giudice di merito il quale ha escluso che il ricorrente avesse offerto idonea dimostrazione del valore dei beni perduti a seguito del sisma del 2009, ritenendo insufficiente a tal fine la perizia di parte prodotta;
il paradigma normativo della assenza di motivazione risulta, dunque, erroneamente invocato;
sotto altro aspetto, va rammentato che la valutazione delle risultanze delle prove offerte dalle parti è attività riservata al giudice di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
nella parte in cui, invece, tali motivi veicolano la censura di carenza di motivazione del provvedimento dell’ente locale di accoglimento solo parziale della richiesta di indennizzo, deve osservarsi che la questione prospettata dal ricorrente non è concludente, in quanto l’oggetto del giudizio verte sulla sussistenza del diritto vantato dall’attore e non già
sulla legittimità del provvedimento amministrativo, benché avente a oggetto la medesima pretesa, attesa l’in idoneità di tale provvedimento a incidere sull’esistenza o meno del diritto;
con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o l’elusione del giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo n. 161/12, la violazione dei principi in tema di liquidazione equitativa, in relazione al rigetto del motivo di gravame vertente sulla domanda di risarcimento dei danni per ritardato erogazione dell’indennizzo, e l’inidoneità, illogicità e incongruità della motivazione su tale aspetto;
il motivo è inammissibile;
-quanto al profilo relativo all’elusione del giudicato, la relativa questione avrebbe dovuto essere fatta valere nel corso del giudizio di merito, atteso che lo stesso si sarebbe formato nel corso di tale giudizio, mentre né dal ricorso, né dalla sentenza impugnata emerge che la stessa sia stata ritualmente introdotta e sottoposta al giudice; – in ordine al profilo relativo al mancato riconoscimento dei danni da ritardo nell’erogazione dell’indennizzo, la doglianza non si confronta con la sentenza impugnata, la quale ha respinto i relativi motivi di imputabile all’istante, documentazione
gravame in ragione sia del fatto che il ritardo era avuto riguardo all’incompletezza della originariamente prodotta, sia dell’assenza del nesso di causalità;
tali rationes decidendi non risultano, infatti, puntualmente aggredite, essendosi il ricorrente limitato ad allegare genericamente che non vi era stata alcuna incompletezza nell’istruttoria, che non era tenuto a d adempiere all ‘onere della prova e che la liquidazione del danno poteva avvenire anche in via equitativa, senza illustrare le ragioni sottese a tali assunti;
-con l’ultimo motivo il ricorrente critica la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dei principi in tema di condanna alle spese , avuto riguardo al fatto che anche l’appello (incidentale) del
Comune era stato respinto, e al raddoppio del contributo unificato e per illogicità e perplessità della motivazione sul punto;
il motivo è inammissibile;
deve rilevarsi che il giudice di appello ha disatteso (anche) il gravame incidentale dell’ente locale, vertente sulla compensazione delle spese processuali operata dal giudice di primo grado, e ha compensato le spese processuali del grado di appello nella misura di un quarto condannand o l’odierno ricorrente alla rifusione della frazione residua in ragione della sua «prevalente soccombenza»;
-orbene, deve rammentarsi che ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., se vi è soccombenza reciproca il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero;
la doglianza non si confronta né con il dettato normativo, né con l’argomentazione resa dal giudice di merito sul punto, limitandosi ad affermare che «la particolarità e novità delle questioni trattate» avrebbe imposto la compensazione integrale delle spese processuali, così come disposto dal giudice di primo grado;
tuttavia, la decisione del giudice di merito di disporre, in una siffatta situazione, la compensazione e l’entità della stessa è rimessa alla sua valutazione discrezionale, fondata sul principio di causalità, che resta sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 24 giugno 2021, n. 18183; Cass. 20 dicembre 2017, n. 30592; Cass. 22 febbraio 2016, n. 3438);
del pari, inammissibile è la doglianza formulata avverso il capo di sentenza con cui la Corte ha condannato l’odierno ricorrente al pagamento del raddoppio del contributo unificato di cui a ll’art. 13, comma 1quater , t.u. spese giust., in quanto non si confronta né con tale dato normativo, né con la relativa consolidata interpretazione di questa Corte secondo la quale il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato è collegato al fatto oggettivo del rigetto integrale o
della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (cfr. Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315; vedi anche, più recentemente, Cass. 21 settembre 2023, n. 26981; Cass. 22 febbraio 2021, n. 4731);
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
nulla va disposto in tema di governo delle spese processuali in assenza di attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 6 febbraio 2024.