Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10034 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10034 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
1.Il Tribunale di Taranto accoglieva per quanto di ragione la domanda proposta da NOME COGNOME, vigile venatorio alle dipendenze della Provincia di Taranto, volta ad ottenere il pagamento della somma di € 13.247,04 a titolo di lavoro straordinario, indennità di turnazione, indennità di vigilanza, indennità per il ritardato riposo, indennità per il mancato riposo annuo, festività non godute, indennità di reperibilità ed indennità di responsabilità, e condannava la Provincia di Taranto al pagamento della somma di € 7.494,45 a titolo di indennità di turnazione, indennità di vigilanza e di compenso per lavoro festivo.
La Corte d’Appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto accoglieva l’appello avverso tale sentenza proposto dalla Provincia di Taranto e rigettava la domanda originariamente proposta dal Dragone.
La Corte territoriale riteneva non dovute le differenze retributive pretese a titolo di indennità di turnazione in quanto difettava la prova dei presupposti di fatto dell’erogazione, non essendo emerse dagli atti l’attestazione del dirigente e l’inserimento del COGNOME in turni implicanti almeno dieci ore di lavoro; riteneva parimenti non dovute le somme richieste a titolo di indennità di vigilanza, in assenza di prova dei presupposti di fatto dell’erogazione e non essendo stata prodotta alcuna attestazione, e le somme richieste a titolo di maggiorazioni retributive per il lavoro svolto in giornata festiva.
Rispetto a tale ultima voce, il giudice di appello evidenziava la contraddittorietà della sentenza impugnata, che aveva ritenuto spettanti maggiorazioni retributive per il lavoro svolto in giornata festiva, pur avendo rilevato l’assenza di documentazione da cui risultasse che il COGNOME aveva reso la prestazione lavorativa in giorno festivo destinato a riposo settimanale;
riteneva inoltre il difetto di puntuali allegazioni e la mancanza di prova dell’attività prestata in giorno festivo da parte del Dragone.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, la Provincia di Taranto.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia nullità della sentenza ex art. 360, comma primo, nn. 4 e 5 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 c.p.c.
Lamenta l’omessa e apparente motivazione e la conseguente nullità della sentenza, assumendo essere la pronunzia frutto dell’adesione preconcetta alle tesi avverse ed avulsa dalla considerazione della documentazione prodotta, viceversa idonea a supportare l e domande relativa all’indennità di turnazione, all’indennità di vigilanza e alle maggiorazioni retributive per il lavoro svolto in giornata festiva.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 22 CCNL comparto Regioni ed Enti Locali 14.9.2000 .
Lamenta l’omesso esame, evidentemente decisivo, della questione dell’effettiva turnazione e dei documenti che la comprovano.
Evidenzia che era stata fornita la prova dell’articolazione del lavoro in turni di oltre 10 ore attraverso la produzione degli ordini di servizio del ricorrente e di altri lavoratori nel periodo oggetto di richiesta.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e del D.M. n. 55/2014
Lamenta la mancanza di un’adeguata motivazione della condanna al pagamento delle spese di lite, emessa senza considerare la qualità delle parti, la complessità della materia e la diversità degli orientamenti di merito, nonché l’indicazione complessiva delle spese processuali, senza la distinzione delle voci relative a diritti, onorario e spese.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 cod. proc. civ.
Lamenta l’omessa considerazione della documentazione presente in atti (ordini di servizio), qui ricondotta all’errore di percezione della prova che si assume rilevante quale error in procedendo .
Con il quinto motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost e dell’art. 6 CEDU .
Lamenta che la Corte territoriale ha condotto il processo in contrasto con la direttiva garantita a livello costituzionale e sovranazionale del giusto processo fondato sulle allegazioni e le prove offerte da entrambe le parti.
Il primo, il secondo, il quarto ed il quinto motivo, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, incentrandosi l’intera impugnazione sul rilievo che la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso l’esame della copiosa documentazione prodotta, incorrendo così in un errore di percezione della prova offerta, da ritenersi viceversa decisiva e tradottosi, pertanto, in un radicale difetto di motivazione ed, in ultima analisi, nella negazione del diritto ad un giusto processo.
Come rilevato da questa Corte in una fattispecie analoga (Cass. n. 24498/2024), t ali censure sono inammissibili, dal momento che l’errore di interpretazione della disciplina contrattuale e l’omessa valutazione di un fatto decisivo, denunciati nel secondo motivo, non colgono la ratio decidendi , fondata sulla carenza di prova de ll’ inserimento del Dragone in un turno giornaliero finalizzato all’espletamento di un servizio la cui estensione oraria superava le dieci ore (e non, come sostiene il ricorrente, del suo impiego in turno per una durata di dieci ore).
Gli altri motivi sollecitano un giudizio di merito attraverso l’applicazione del principio di non contestazione e la rilettura dei documenti, ferma restando l’inaccoglibilità della prospettazione dell’errore di percezione della prova, risolto dalla recente sentenza n. 5792 del 5.3.2024, resa dalle Sezioni Unite di questa Corte, nell’alternativa tra errore revocatorio e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 c.p.c.
Deve rammentarsi che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. SU 27 dicembre 2021, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Quanto al primo motivo occorre ribadire che, all’esito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, prescinde dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. S.U. n. 8053/2014 che richiama Cass. S.U. n. 5888/1992).
Il difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum , mentre esula dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
Nella specie la pronuncia gravata indica con chiarezza le ragioni del rigetto della domanda e, quindi, la censura finisce per prospettare inammissibilmente l’insufficienza della motivazione.
7. Il terzo motivo è inammissibile.
Non è configurabile la mancanza di un’adeguata motivazione, avendo la Corte territoriale applicato il principio della soccombenza.
Questa Corte ha da tempo chiarito che la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, c.p.c., in sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa ( ex multis : Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del 2020) e che la compensazione delle spese processuali di cui all’art. 92 cod. proc. civ. costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008).
La censura relativa alla liquidazione complessiva di onorari e spese difetta di specificità, non avendo il ricorrente dedotto né allegato le spese sostenute.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 2 ,500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 21 marzo 2025.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME