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Onere della prova: indennità a un amministratore

Un’azienda speciale di una Camera di Commercio ha richiesto la restituzione delle indennità versate a un ex amministratore, sostenendo che non fossero dovute. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che grava sull’azienda l’onere della prova di dimostrare che lo statuto, all’epoca dei fatti, vietasse espressamente tali compensi. Poiché la norma che introduceva la gratuità della carica è entrata in vigore solo successivamente, la richiesta di restituzione è stata ritenuta infondata.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova: Quando è Legittima la Restituzione dell’Indennità all’Amministratore?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nella gestione degli enti e delle aziende speciali: la restituzione dei compensi erogati agli amministratori. La decisione ruota attorno a un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’onere della prova. In sostanza, chi ha il dovere di dimostrare che un pagamento non era dovuto? La Corte fornisce una risposta chiara, sottolineando l’importanza della documentazione statutaria e del momento in cui le regole vengono stabilite.

I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di Restituzione al Ricorso in Cassazione

Una Azienda Speciale di una Camera di Commercio, a seguito di una relazione ispettiva ministeriale, otteneva un decreto ingiuntivo per richiedere a un suo ex amministratore la restituzione delle indennità di carica percepite negli anni 2003 e 2004. Secondo l’azienda, tali somme erano state corrisposte indebitamente.

L’amministratore si opponeva, sostenendo che la richiesta fosse in parte prescritta e, nel merito, infondata. A suo avviso, lo statuto in vigore in quegli anni non prevedeva la gratuità della carica, rendendo legittima la delibera che aveva stabilito il suo compenso.

Il percorso giudiziario è stato complesso:
1. Primo Grado (Giudice di Pace): Accoglieva parzialmente l’opposizione, dichiarando prescritta la richiesta per l’anno 2003 ma condannando l’amministratore alla restituzione delle somme del 2004.
2. Secondo Grado (Tribunale): Riformava completamente la prima sentenza. Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, revocava il decreto ingiuntivo, dando ragione all’amministratore. La motivazione centrale era che l’azienda non aveva provato che lo statuto in vigore nel biennio 2003-2004 prevedesse la gratuità della carica. La modifica statutaria che introduceva tale gratuità era successiva, entrata in vigore solo dal 2005.

L’azienda, insoddisfatta, ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione del Tribunale. Il punto cardine della decisione è l’applicazione corretta del principio dell’onere della prova, sancito dall’art. 2697 del Codice Civile. Secondo questo principio, chi agisce in giudizio per far valere un diritto (in questo caso, il diritto alla restituzione di somme) deve provare i fatti che ne sono a fondamento.

Nel caso specifico, era l’azienda a dover dimostrare che il pagamento delle indennità era illegittimo. Per farlo, avrebbe dovuto provare che il suo statuto, già negli anni 2003 e 2004, escludeva la possibilità di retribuire i consiglieri di amministrazione. L’azienda non è riuscita a fornire tale prova.

La Tempistica delle Modifiche Statutarie è Decisiva

Un elemento decisivo è stato il fatto che la norma statutaria che introduceva esplicitamente la gratuità della carica era stata approvata solo nel novembre 2004, con efficacia a partire dal 1° gennaio 2005. Di conseguenza, tale norma non poteva essere applicata retroattivamente ai compensi per l’attività svolta negli anni precedenti. In assenza di un divieto esplicito nello statuto allora vigente, la delibera che aveva concesso i compensi era da considerarsi legittima, e le somme percepite non erano ripetibili.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso presentati dall’azienda. In particolare, ha stabilito che il giudice d’appello ha correttamente applicato il principio dell’onere della prova, ponendo a carico dell’azienda (creditore istante) l’onere di provare il fatto costitutivo del proprio diritto alla ripetizione delle somme. In mancanza di tale prova, la domanda non poteva essere accolta. La Corte ha inoltre giudicato inammissibile il motivo relativo alla prescrizione per mancata specificità e ha ritenuto che il Tribunale avesse adeguatamente considerato, ma ritenuto non applicabile al caso di specie, la relazione ispettiva del Ministero, proprio alla luce del quadro statutario vigente all’epoca dei fatti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non si può presumere l’illegittimità di un pagamento. Chi chiede la restituzione di una somma ha il preciso dovere di dimostrare, prove alla mano, il fondamento della propria pretesa. Per gli enti pubblici e le aziende speciali, ciò significa che le regole di governance, inclusa la gratuità o meno delle cariche, devono essere chiare, esplicite e formalizzate negli statuti. Una modifica successiva non può avere effetto retroattivo per contestare compensi erogati in base a regole precedenti. La decisione serve da monito sull’importanza di una gestione amministrativa trasparente e di una corretta formalizzazione degli atti, elementi essenziali per prevenire contenziosi futuri.

Chi deve provare che un compenso erogato a un amministratore non era dovuto?
L’onere della prova spetta all’ente che chiede la restituzione del compenso. È l’ente a dover dimostrare che, al momento del pagamento, lo statuto in vigore vietava espressamente tale erogazione.

Una modifica dello statuto che introduce la gratuità di una carica ha effetto retroattivo?
No, secondo la decisione, la modifica statutaria che introduce la gratuità di una carica non ha effetto retroattivo. Si applica solo dal momento della sua entrata in vigore e non può essere usata per contestare compensi erogati per attività svolte in precedenza.

Se lo statuto di un ente non dice nulla riguardo al compenso per gli amministratori, si presume che la carica sia gratuita?
No, la sentenza chiarisce che il silenzio dello statuto sul compenso non equivale a un divieto. Per poter chiedere la restituzione di un’indennità, l’ente deve provare l’esistenza di una norma statutaria che la vietasse esplicitamente al momento dell’erogazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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