Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9772 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9772 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27573-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 661/2018 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 13/07/2018 R.G.N. 119/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/02/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/02/2024
CC
-che, con sentenza del 13 luglio 2018, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, dipendente della predetta RAGIONE_SOCIALE addetta all’ufficio Organizzazione e risorse umane, ai compensi previsti a titolo di incentivo in favore del personale amministrativo dell’RAGIONE_SOCIALE la collaborazione prestata nell’espletamento dell’attività intramuraria;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto che la COGNOME non avesse assolto all’onere della prova di aver e effettivamente svolto quell’attività di supporto c.d. indiretto legittimante il riconoscimento dell’incentivo in questione , non identificabile nell’ordinaria mansione di gestione degli stipendi, carenza non superabile facendo leva sulla delibera di attribuzione dell’incentivo, trattandosi di atto poi revocato dall’RAGIONE_SOCIALE datrice in via di autotutela, né in base al principio di non contestazione, stante la genericità delle allegazioni contenute nel ricorso introduttivo;
-che per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE .
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 420 c.p.c. nonché del d.P.R. 27.3.2000 e delle delibere 221/1999 e 233/2007 con riferimento altresì al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deduce la nullità della sentenza impugnata imputando alla Corte territoriale il travisamento e la mancata considerazione di documenti a suo dire idonei ad attestare la volontà dell’RAGIONE_SOCIALE di procedere al riconoscimento dell’incentivo;
-che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 437, comma 2 e 345 c.p.c. ancora con riferimento anche al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale l’error in procedendo dato dall’aver e ritenuto l’ammissibilità della contestazione di quanto dedotto e documentato dalla ricorrente con il ricorso introduttivo, operata soltanto in sede di gravame dall’RAGIONE_SOCIALE datrice costituitasi in primo grado fuori termine, consentendo così l’ac quisizione agli atti di deduzioni soggette a preclusione;
-che, con il terzo motivo, così rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 95 e 96 c.p.c. e dell’art. 13, comma 1 quater di cui all’art. 1, comma 17, l. n. 228/12 e art. 360 n. 5 c.p.c.’, la ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l ‘aver e statuito in ordine alle spese di lite senza attribuire rilievo al comportamento processuale ed extraprocessuale dell’RAGIONE_SOCIALE;
-che con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 6 CEDU in riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamentando il vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e di illogicità manifesta della stessa, non senza rilevare l’illegittimità dell’espunzione di tale vizio dalle causali di im pugnazione per cassazione della sentenza d’appello;
-che il primo motivo si rivela inammissibile, atteso che, al di là della non deducibilità del vizio di violazione di legge con riferimento al regolamento interno ed agli atti deliberativi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la censura sollevata si risolve nella mera confutazione della valutazione del materiale istruttorio rimessa al libero apprezzamento della Corte territoriale e, pertanto, insindacabile in questa sede;
-che, di contro, infondato deve ritenersi il secondo motivo, atteso che, ferma restando la validità della ratio
decidendi per la quale la mancata valorizzazione del principio di contestazione trova ragione nella genericità delle allegazioni di cui al ricorso introduttivo, è a dirsi come l’effetto preclusivo di all’art. 416 c.p.c. non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese, ossia alle deduzioni volte alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi allegati dalla controparte a sostegno della pretesa, con riguardo alle quali il comma 3 dello stesso art. 416 c.p.c. non commina alcuna decadenza (cfr. Cass. n. 21073/2007);
-che ancora inammissibile risulta il terzo motivo, volgendosi la ricorrente a censurare la statuizione sulle spese di lite resa dalla Corte territoriale per non averne questa, pronunciando in base al criterio della soccombenza, disposto la compensazione e così a contestare una decisione che, in quanto discrezionale, non risulta sindacabile in questa sede;
-che parimenti inammissibile si appalesa il quarto motivo in quanto volto a denunciare un vizio di motivazione non più deducibile ai sensi del novellato art. 360, n. 5, c.p.c., di cui, comunque, non varrebbe sostenere, come sembra voler fare tra le righe la ricorrente, la legittimità costituzionale alla stregua del parametro normativo invocato, avendo questa Corte, con la decisione n. 8053/2014, sancito che la sentenza, per quanto sintetica, deve garantire un pronunciamento atto a garantire il minimo costituzionale e così il rispetto del principio del giusto processo, nella specie pienamente rilevabile;
-che il ricorso va, dunque, rigettato;
-che le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto, in difetto della ravvisabilità aliunde del valore della causa, del dichiarato valore indeterminabile, sono liquidate come da dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.2.2024.