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Onere della prova in appello: la regola in Cassazione

Un cliente ha citato in giudizio un istituto di credito per inadempimento contrattuale. Dopo aver perso in primo grado sulla base dei documenti prodotti dalla banca, il cliente ha proposto appello. Tuttavia, la banca non ha ridepositato i documenti nel secondo grado di giudizio. La Corte d’Appello ha respinto il gravame, sostenendo che l’appellante avrebbe dovuto produrre le copie di tali documenti per sostenere le proprie censure. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato questa decisione, ribadendo che l’onere della prova in appello grava sempre sull’appellante, anche per i documenti originariamente prodotti dalla controparte.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova in appello: chi deve produrre i documenti della controparte?

Il giudizio d’appello rappresenta una fase cruciale del processo civile, ma spesso nasconde insidie procedurali che possono determinare l’esito della controversia. Una questione fondamentale riguarda l’onere della prova in appello, specialmente quando i documenti decisivi, prodotti dalla controparte in primo grado, non vengono ridepositati. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, confermando un principio consolidato: la responsabilità di fornire la prova ricade sempre sull’appellante.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una controversia tra un cliente e un istituto di credito. Il cliente aveva citato in giudizio la banca, accusandola di inadempimento degli obblighi derivanti da un contratto di sconto titoli. In pratica, sosteneva che la banca non si fosse attivata per incassare le somme relative a titoli cambiari e assegni, causandogli un danno economico.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda del cliente. La decisione si basava su una cospicua documentazione depositata dalla banca, dalla quale emergeva l’incapienza dei debitori e, di conseguenza, l’impossibilità oggettiva per la banca di riscuotere i crediti.

Il giudizio di secondo grado e il problema documentale

Insoddisfatto, il cliente ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello, sostenendo che il primo giudice avesse travisato il contenuto dei documenti. Tuttavia, si è verificata una circostanza determinante: nel giudizio d’appello, la banca non ha depositato nuovamente il proprio fascicolo di parte, contenente la documentazione decisiva.

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, affermando che, in assenza di tali documenti, era preclusa ogni verifica sulla presunta erronea valutazione delle prove. Secondo i giudici di secondo grado, sarebbe stato onere dell’appellante (il cliente) sopperire a tale mancanza, depositando copia dei documenti su cui si fondavano le sue critiche.

L’onere della prova in appello secondo la Cassazione

Il cliente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme processuali. A suo avviso, la Corte d’Appello avrebbe dovuto decidere sulla base degli elementi disponibili, senza addossargli un onere non previsto dalla legge.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’onere della prova in appello. Gli Ermellini hanno ribadito l’orientamento, già consolidato dalle Sezioni Unite, secondo cui il giudizio d’appello non è un nuovo processo (cd. novum judicium), ma una revisione critica della decisione di primo grado (cd. revisio prioris instantiae).

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, in questo quadro, l’appellante assume sempre la veste di ‘attore’. Di conseguenza, su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame. Se l’appellante si duole dell’erronea valutazione di documenti prodotti dalla controparte in primo grado, e questi non vengono ridepositati in appello, è suo preciso onere procurarsene copia e produrli per consentire al giudice del gravame di effettuare la necessaria verifica.

In altre parole, la parte che impugna una sentenza non può limitarsi a criticare la valutazione del primo giudice ‘al buio’, ma deve mettere il giudice d’appello nelle condizioni concrete di riesaminare le prove contestate. L’inerzia dell’appellante nel produrre i documenti essenziali per la sua stessa difesa si traduce in una mancata prova dei motivi di appello. Di conseguenza, la valutazione compiuta dal giudice di primo grado resta valida e la presunzione di legittimità della sua sentenza non viene superata.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per chiunque affronti un giudizio d’appello: la proattività è essenziale. Non si può fare affidamento sul fatto che la controparte ridepositi tutti i documenti del primo grado. La parte che impugna deve preparare meticolosamente la propria difesa, assicurandosi di avere a disposizione e di depositare tutti gli elementi probatori necessari a sostenere le proprie tesi, anche se questi provengono dal fascicolo della controparte. L’inadempimento di questo onere processuale può compromettere irrimediabilmente l’esito del giudizio, trasformando una potenziale ragione di merito in una sconfitta per motivi procedurali.

Se in appello la controparte non deposita i documenti che aveva prodotto in primo grado, chi deve farsi carico di produrli?
Spetta all’appellante, ovvero a chi ha impugnato la sentenza, l’onere di estrarre copia dei documenti e di produrli nel giudizio di appello per sostenere i propri motivi di critica alla sentenza di primo grado.

Perché l’appellante ha l’onere di produrre documenti anche se originariamente depositati dalla controparte?
Perché il giudizio d’appello è configurato come una revisione critica della decisione precedente. L’appellante ha il ruolo di ‘attore’ e deve quindi dimostrare la fondatezza delle sue censure. Senza i documenti su cui si basa la critica, il giudice d’appello non può verificare l’asserito errore del primo giudice.

Cosa succede se l’appellante non deposita i documenti necessari a provare i suoi motivi di appello?
Se l’appellante non deposita i documenti, i suoi motivi di appello relativi alla valutazione di tali prove verranno respinti per mancato assolvimento dell’onere della prova. La valutazione fatta dal giudice di primo grado rimarrà valida e la sua sentenza sarà confermata su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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