Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25490 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17832/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
NOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1373/2020 depositata il 22/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME citava in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo che venisse dichiarata l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del ricorso da questa promosso ex art. 696 bis c.p.c. per difetto dei requisiti; chiedeva, inoltre, che venisse dichiarata la nullità della consulenza tecnica d’ufficio redatta dall’ing. NOME COGNOME, perché il consulente aveva acquisito documentazione ed espletato esame contabile in violazione del principio del contraddittorio e del disposto di cui all’art. 198 c.p.c. .
1.1 L’attore, i n via pregiudiziale al merito, chiedeva l’accertamento della prescrizione e decadenza da parte della RAGIONE_SOCIALE dalle azioni di garanzia per omessa denuncia dei vizi nei termini di legge e per essere decorso un anno dalla consegna della merce senza che fosse stata proposta azione in sede giudiziaria.
1.2 Nel merito chiedeva di accertare che l’olio RAGIONE_SOCIALE Quintolubric venduto dalla ditta RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE possedeva le caratteristiche chimico fisiche corrispondenti alle attese per un fluido idraulico sintetico organico conforme alle specifiche tecniche; che, in ogni caso, eventuali danni
accertati e causati alle macchine di proprietà della RAGIONE_SOCIALE erano conseguenza dell’inidoneità dell’ambiente di lavoro e/o da difetti di manutenzione e/o di mescola dell’olio con acqua e/o alla presenza di depositi ascrivibili a colpa esclusiva della RAGIONE_SOCIALE; infine nell’ipotesi di accertamento di vizi e/o difetti dell’olio RAGIONE_SOCIALE Quintolubric e di danni causati ai macchinari della RAGIONE_SOCIALE, che venisse limitato ogni effetto pregiudizievole derivante da sentenza di condanna esclusivamente sulla società RAGIONE_SOCIALE in qualità di produttore dell’olio.
La RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo il rigetto delle domande di controparte e, a sua volta, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna al risarcimento dei danni conseguenti al l’inidoneità dell’olio, imputabili sia all’impresa produttrice sia agli intermediari, attori in primo grado per accertamento negativo. Nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, invece, stante la sua qualità di concedente l’affitto, chiedeva il rimborso delle spese già effettuate da parte di RAGIONE_SOCIALE in seguito ai danneggiamenti e comunque alla manutenzione resa necessaria per i macchinari ricompresi nel contratto d’affitto: ciò sul presupposto essersi trattato di spese straordinarie di manutenzione.
2.1 Si costituivano nel giudizio di primo grado anche la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima convenuta per la copertura assicurativa circa l’eventuale risarcimento dei danni), COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE, mentre rimaneva contumace COGNOME NOME.
Il Tribunale, per quel che ancora rileva, sulla base degli atti già acquisiti, e principalmente sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio disposta, senza nuova ctu, rigettava ogni domanda spiegata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE.
Ric. 2021 n.17832 sez. S2 – ud. 17/09/2024
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
4.1 Si costituivano le seguenti parti appellate: NOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE. Le altre parti restavano contumaci.
5 . La Corte d’Appello rigettava integralmente il gravame.
Preliminarmente il giudice del gravame, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, riteneva inammissibili le richieste istruttorie formulate dall’appellante in quanto anche in mancanza di un uno specifico mezzo di gravame, non erano state riproposte correttamente ovvero nelle forme e nei termini previste per il giudizio di primo grado, in virtù del richiamo operato dall’art. 359 cod. proc. civ. (Sez. 3, Sentenza n. 14135 del 26/10/2000, Rv. 541243; Sez. 3, Sentenza n. 17904 del 25/11/2003, Rv. 568427).
Nell’appello, infatti, si leggeva solo che ” in via istruttoria: ammettersi le prove per testi e la CTU ritualmente chieste nella seconda memoria ex art. 183, comma 4, c.p.c. e non ammesse .”
Nel motivo di appello che faceva riferimento alla lamentata non ammissione delle istanze istruttorie da parte del primo giudice, non vi era alcuna spiegazione analitica riguardante la rilevanza delle prove richieste in primo grado, e genericamente reiterate in grado d’appello, (nella sentenza è riportato testualmente il punto relativo dell’appello).
Secondo la Corte d’Appello non era necessario procedere ad un’ulteriore CTU e risultava accertata la responsabilità del dipendente dell’appellante che aveva per errore miscelato l’olio lubrificante con il glicole con risultati disastrosi. Tale circostanza doveva ritenersi riferita non solo al macchinario rispetto al quale era certamente provata ma anche rispetto ai restanti attraverso la prova
presuntiva della negligenza dell’appellante sub specie di errata miscelazione.
In tal senso rilevavano due circostanze, affermate dalla ditta RAGIONE_SOCIALE e non specificamente contestate da RAGIONE_SOCIALE: 1) la ditta produttrice e dei macchinari, RAGIONE_SOCIALE, aveva caricato una delle presse oggetto del lamentato danno direttamente sulla pressa in questione; 2) La RAGIONE_SOCIALE – come del resto era emerso in sede di sopralluogo del c.t.u. – aveva continuato a usare l’olio, ben dopo la sua contestazione circa l’inidoneità, finendo tutte le scorte. E, dunque, dando prova di una negligenza elevata, in quanto consapevole, ed al più alto grado della colpa.
In definitiva, la causa del malfunzionamento del lubrificante apparteneva, per un verso, alla miscelazione effettuata dall’incaricato dell’appellante tra olio lubrificante e glicole, circostanza pacifica, per una delle presse, e verosimile per le altre. Per altro verso, e quale concausa, sussisteva l’estrema umidità dell’ambiente di lavoro, con una saturazione dell’aria di vapore acqueo (umidità relativa pari al 100%) che necessariamente provocava condensa e abbondante accumulo di umidità su tutte le superfici, in particolar modo, sulle superfici dei macchinari.
La Corte territoriale rigettava i restanti motivi di gravame ma questi aspetti ulteriori non rilevano in questa sede.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
È stata f issata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità dell’odierna udienza sia il ricorrente che le parti controricorrenti NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria, insistendo nelle loro richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente , con l’unico motivo, denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c., con difetto di motivazione, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto di non ammettere le prove orali già richieste nel primo grado di giudizio, sebbene reiterate con l’atto di appello, prove che, qualora espletate, avrebbero, con ogni probabilità, sovvertito l’esito della controversia;
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso è del seguente tenore: «verificato che la decisione impugnata ha disatteso le richieste di prova in ragione della mancata proposizione di uno specifico motivo di gravame, essendosi l’appellante limitato a richiedere, nell’atto introduttivo dell’appello, in via istruttoria, l’ammi ssione delle prove per testi e la C.T.U. ritualmente chieste nella seconda memoria ex art. 183, sesto comma, comma, c.p.c. e non ammesse, senza alcuna analitica
spiegazione in ordine alla rilevanza delle prove richieste in primo grado e genericamente reiterate in grado d’appello; posto che neanche con il ricorso in cassazione sono state dedotte in modo analitico le predette istanze istruttorie e, in particolare, i capitoli di prova non ammessi, allo scopo di ponderare se realmente gli stessi avrebbero potuto condurre, con ‘certezza’, all’emissione di una diversa decisione in appello; considerato che, allorché il giudice di primo grado abbia rigettato l’ammissione d i una deduzione istruttoria, ritenendola irrilevante, l’appellante ha l’onere di censurare la statuizione di rigetto dell’istanza istruttoria con uno specifico motivo di gravame, non essendo sufficiente che egli impugni la sentenza, lamentando l’omessa pro nuncia su domande e l’errata valutazione del materiale probatorio da parte del primo giudice, perché quello d’appello debba necessariamente compiere un nuovo apprezzamento discrezionale della complessiva rilevanza delle richieste istruttorie disattese in primo grado (Cass. n. 10767/2022; Cass. n. 5741/2019; Cass. n. 1532/2018); sostenuto, per l’effetto, che l’istante avrebbe avuto l’onere di riportare specificamente nel motivo di gravame i capitoli di prova non ammessi in prime cure, affinché la Corte distrettuale potesse valutarne la rilevanza ai fini della decisione della causa (rilevanza comunque esclusa dalla Corte sulla scorta delle argomentazioni esternate nel corpo della motivazione); dunque il ricorso si profila manifestamente infondato».
La ricorrente con la memoria depositata in prossimità dell’udienza insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e in aggiunta alle deduzioni ivi formulate, tenuto conto anche delle conclusioni della proposta, osserva che: il ricorso per cassazione dovrebbe ritenersi pienamente ammissibile in quanto, pur essendo
privo della trascrizione letterale dei capitoli di prova orale non ammessi, riporta in maniera diffusa ed esaustiva tutte le circostanze di fatto che sarebbero risultate provate qualora le istanze istruttorie richieste fossero state accolte dal giudicante.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso conterrebbe sia l’indicazione delle istanze istruttorie richieste in primo grado, reiterate in appello e comunque mai ammesse (v. ricorso, pp. 14 e 15), sia l’enunciazione dei motivi per i quali l’assunzione di tali mezzi istruttori sarebbe stata decisiva ai fini della decisione.
Inoltre, le suddette istanze istruttorie reiterate e non ammesse in primo e secondo grado non potevano in alcun modo intendersi rinunciate. Infine, l’atto di appello predisposto dalla società esponente, oltre a contenere uno specifico motivo di gravame rubricato ‘ sulla necessita di svolgere l ‘ istruttoria non ammessa senza alcuna motivazione’ (v. terzo motivo di appello, p. 33), era descrittivo di tutte le circostanze che sarebbero state provate qualora fosse stata svolta l’istruttoria richiesta.
Il ricorso è inammissibile.
4.1 La memoria della parte ricorrente non offre argomenti tali da consentire di modificare le conclusioni di cui alla proposta di definizione accelerata. In particolare, la società ricorrente a fronte della sentenza di appello che ha ritenuto del tutto generica la riproposizione dei mezzi di prova dedotti in primo grado, senza indicare di quali mezzi di prova si trattasse e dove fossero stati dedotti e, per di più, senza includere la reiterazione dell’istanza di ammissione nelle proprie conclusioni ricade nel medesimo vizio di deducendo una violazione di legge per mancata ammissione della prova orale senza riportare neanche in dettaglio la prova richiesta. Infatti, nel ricorso si parla genericamente di prova orale e si fa
riferimento all’interrogatorio della controparte, inoltre non sono riportati i capitoli di prova non ammessi, il nominativo e la qualità degli eventuali testimoni e si deduce in via del tutto astratta la decisività dell a prova ‘orale’ p eraltro unitamente ad un rinnovo della CTU.
Risulta evidente, pertanto, che non è possibile alcun riscontro della decisività della prova ‘orale’ perché del tutto generica e come afferma lo stesso ricorrente subordinata ad una CTU il cui mancato rinnovo non è oggetto di censura.
Dunque, la decisione della Corte d’Appello , peraltro ampiamente motivata, non ha posto in essere alcuna violazione del diritto alla prova né sotto il profilo dell’art. 115 c.p.c. né dell’art. 2697 c.c.
D’altra parte, deve ribadirsi che Il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione. (Sez. 3, Ord. n. 30810 del 06/11/2023, Rv. 669452 01).
Nella specie, la genericità della censura emerge evidente dal riferimento alla ‘ prova orale ‘ , con commistione della testimonianza e dell’ interrogatorio, dall’omissione dei capitoli di prova, e
dall’omessa indicazione di coloro che avrebbero dovuto testimoniare e tantomeno della loro qualità. Infine, come si è detto, la stessa ricorrente afferma che tale prova orale (interrogatorio formale) sarebbe decisiva solo unitamente ad una nuova perizia tecnica di ufficio (pag. 13 e 14) e, tuttavia, rispetto al mancato rinnovo non avanza alcuna censura.
Sotto il profilo del vizio di motivazione deve darsi continuità al seguente principio di diritto: Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Sez. L, Ordinanza n. 18072 del 01/07/2024, Rv. 671851 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6.1 Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende.
Ric. 2021 n.17832 sez. S2 – ud. 17/09/2024
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle parti controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore della RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME in euro 6800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; in favore di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE in euro 6000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 , terzo comma, c.p.c., al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, della ulteriore somma determinata equitativamente in euro 3.000,00, nonché ex art. 96, quarto comma, c.p.c. al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda