Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32063 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32063 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1482/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME EMAIL, giusta procura speciale in calce al ricorso.
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ricorrente – contro
NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente presso gli avvocati COGNOME NOME (EMAIL e COGNOME NOME
(avv.EMAIL, che la rappresentano e difendono giusta procura speciale allegata al controricorso.
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contro
ricorrente – nonchè contro RAGIONE_SOCIALE
–
intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 2420/2022 depositata il 28/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/10/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Lucca la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse accertata e dichiarata la sua responsabilità ex art. 2049 cod. civ. e che per l’effetto la stessa fosse condannata al risarcimento del danno per il fatto di un suo socio lavoratore, il quale aveva fatto cadere, mentre lo stava movimentando, un armadio contenente un costoso quadro elettrico.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, resistendo ed instando per la chiamata in causa la propria compagnia assicurativa ai fini di manleva.
Autorizzata la chiamata, si costituiva, resistendo in giudizio, la UnipolSai s.p.a., che in particolare rilevava di non essere stata posta in grado di valutare i lamentati danni, perché il suo perito, incaricato della stima del danno, non aveva più reperito presso la società attrice il quadro elettrico asseritamente danneggiato.
1.2. Con sentenza n. 1507/19 del 23 ottobre 2019 il Tribunale di Lucca rigettava la domanda, condannando la società attrice alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE
Si costituivano, resistendo al gravame, sia la RAGIONE_SOCIALE sia la UnipolSai s.p.a.
2.1. Con sentenza n. 2420/22 del 28 ottobre 2022 la Corte d’Appello di Firenze rigettava l’appello.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, la RAGIONE_SOCIALE società incorporante la RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Resta intimata RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
La società ricorrente e la cooperativa resistente hanno depositato rispettive memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., art. 2697 e 2909 del c.c., in relazione all’artt. 360 n. 5 del c.p.c., mancato esame di fatti decisivi, emersi dalle prove acquisite, rispetto al quale le parti hanno instaurato il contraddittorio ma che la Corte d’Appello di Firenze ha omesso di considerare’.
Lamenta che la corte di merito ha trascurato cinque fatti storici decisivi per il giudizio, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti, e che vengono indicati: 1) nella prova che il dipendente della Cooperativa aveva fatto cadere il quadro elettrico di un macchinario appartenente alla società attrice; 2) nel fatto che il suddetto quadro elettrico era raffigurato da ben 18 fotografie scattate dal perito di UnipolSai e prodotte dalla società attrice; 3) nel fatto che erano presenti danni visibili, accertati dai
periti dell’assicurazione e consistenti nell’ammaccatura dell’involucro esterno dell’armadio metallico e dalla fuoriuscita di alcuni componenti dalle loro sedi; 4) nel fatto che un teste escusso aveva confermato di aver perlomeno riscontrato una ammaccatura dell’involucro esterno del quadro elettrico; 5) nel fatto che che il quadro elettrico si compone sia dell’involucro metallico esterno, che assolve ad una funzione di protezione dai danneggiamenti meccanici ed anche di estetica, sia dai circuiti elettronici interni, formando un oggetto unico, come da norme CEI 70-3 (CEI EN 50102 e CEI EN 61439 che erano state prodotte dalla sRAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Lucca.
Lamenta inoltre che l’impugnata sentenza ha omesso di considerare che questi fatti erano stati provati, neppure contestati dalle controparti e ‘finanche coperti da giudicato’.
1.1. Il motivo è infondato.
I vizi di violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché di violazione dell’art. 2697 cod. civ. non vengono dedotti secondo gli insegnamenti di questa Suprema Corte, ma al solo fine di sollecitare un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità (tra le tante cfr., quanto al riesame del merito, Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24148 e, quanto alla revisione dell’apprezzamento delle prove, Cass., 24/05/2006, n. 12362; Cass., 23/05/2014, n. 11511; Cass., 13/06/2014, n. 13485).
Questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è utilmente dedotta quando il giudice ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, ovvero ancora, quanto all’art. 116 cod. proc. civ., quando il giudice abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista, oppure, al contrario, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un
diverso regime (Cass., 24/06/2020, n. 12387; Cass., Sez. Un., 22/06/2017, n. 15486; Cass. n. 11892/2016).
1.2. Emerge inoltre dalla lettura dell’impugnata sentenza che, invero, la corte territoriale ha esaminato tutti i fatti di causa, per poi motivatamente concludere nel senso del rigetto della domanda data la ‘grave carenza probatoria da parte attrice’, svolgendo i seguenti rilievi, che la società ricorrente trascura di impugnare, e cioè che: a) la domanda dell’odierna appellante si fondava non già sulle ammaccature dell’armadio, che costituiva un mero involucro esterno, ma sulla asserita necessità di sostituire il quadro elettrico contenuto nell’armadio stesso; b) l’attrice non ha saputo offrire alcuna prova dei danni subiti dal quadro elettrico, nel senso che, come rilevato in prime cure dal tribunale sulla base dell’espletata c.t.u., dall’esame dalle fotografie non è possibile accertare se i componenti fuoriusciti dalle loro sedi sono stati danneggiati dalla caduta dell’armadio metallico -l’involucro dell’armadio essendo metallico svolge una buona azione protettiva agli urti – la natura degli eventuali danni subiti e se prima dell’evento erano funzionanti o se dovevano comunque essere sostituiti perché obsoleti’ (v. p. 4 dell’impugnata sentenza).
Non vi è dunque alcun omesso esame di fatti decisivi.
Per altro verso, poi, la ricorrente non ha specificatamente impugnato tutte le suindicate statuizioni svolte dalla corte territoriale nella sua motivazione: secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, quando la sentenza di merito impugnata si fonda -come nel caso in esame -su più ‘rationes decidendi’ autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le ‘rationes’; l’omessa impugnazione di una di essere rende, dunque, inammissibile, per difetto di interesse, le censure
relative alle altre, le quali, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/.2011, n. 22753; Cass., 28/06/2023, n. 18403).
1.3. Infine, l ‘ulteriore doglianza con cui viene invocata l’esistenza di un giudicato risulta del tutto generica ed assertiva.
Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 167/1 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 n. 3 del c.p.c., per non aver correttamente applicato il principio di non specifica contestazione dei fatti costitutivi della domanda’.
Lamenta che la corte di merito non avrebbe correttamente applicato il principio di non contestazione dei fatti costitutivi della domanda.
2.1. Il motivo è infondato.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta espressamente che: ‘innanzitutto nella sua comparsa di risposta di primo grado la RAGIONE_SOCIALE aveva contestato la domanda risarcitoria sul punto della quantificazione dei danni; la convenuta non aveva alcun onere di contestare nel dettaglio i fatti allegati dall’attrice sotto questo profilo, tanto più che si trattava di fatti rispetto ai quali era estranea’ (v. p. 4).
Così argomentando, la corte di merito ha dunque pronunciato conformemente al consolidato orientamento di legittimità, secondo cui ‘L’onere di contestazione – la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova – sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti’ (cfr. Cass., 18/07/2016, n. 14652; Cass., 31/08/2020, n. 18074; Cass., 08/05/2023, n. 12064).
Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 del c.p.c., e
dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 n. 4 del c.p.c., a causa di un errore decisivo di percezione caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova su circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti’.
Lamenta, cumulando in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., che la corte di merito sarebbe incorsa in un errore decisivo di percezione caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova su circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti.
3.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che, in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, purché la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (v. Cass., Sez. Un., 06/05/2015, n. 9100, e successive conformi).
Nel caso di specie, tuttavia, il motivo contiene plurime censure non specificatamente individuate, risolvendosi in una non consentita e dunque inammissibile censura cumulativa delle ragioni decisorie sottese alla sentenza impugnata e richiedendo un inesigibile intervento integrativo di questa Suprema Corte volto ad enucleare, nell’ambito dell’illustrazione del motivo, le parti concernenti le distinte censure (cfr. Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 18021/2016; Cass., n. 26874/2018).
Inoltre, la società ricorrente ritrascrive e commenta nel motivo tutte le deposizioni testimoniali acquisite in giudizio
nonché il contenuto di documenti prodotti in causa, al fine di contrapporre una sua diversa interpretazione rispetto alle motivate valutazioni svolte dalla corte di merito, in violazione del consolidato orientamento di legittimità secondo cui ‘Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ (Cass., 22/11/2023, n. 32505; v. anche Cass., 23/04/2024, n. 10927: ‘In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’).
Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 nn. 3 e 4 del c.p.c. per aver recepito acriticamente i contenuti errati di una c.t.u. tecnica che si pongono in contrasto con le prove documentali acquisite e con le prove testimoniali escusse e che doveva essere solamente di tipo c.d. deducente’.
Lamenta che la corte di merito avrebbe recepito acriticamente i contenuti di una c.t.u. le cui risultanze erano in contrasto con le prove documentali acquisite e con le prove testimoniali escusse e che in ogni caso doveva essere considerata come mera c.t.u. deducente, ‘così che il C.T.U. non poteva né doveva accertare fatti ma doveva limitarsi a valutare, ai limitati fini dell’ammontare del danno, i fatti che sono già stati completamente provati dalle parti’.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
E’ inammissibile, là dove deduce formalmente la violazione dell’art. 116 cod. proc. e dell’art. 2697 cod. civ., ma sostanzialmente svolge una diretta disamina dell’elaborato peritale, corredato da motivazioni critiche, e senza allegare di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già nei precedenti gradi di merito né trascriverne, nel rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., almeno i punti salienti onde consentire alla Corte la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, per cui si risolve nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass., 03/06/2016, n. 11482; Cass., 03/08/2017, n. 19427).
E’ infondato, dal momento che nell’impugnata sentenza (vedi p. 4) la corte territoriale ha così motivato: ‘La consulenza tecnica è stata svolta nel rigoroso rispetto del contraddittorio fra le parti, al punto che il CTU ha acquisito anche delle memorie preventive dai consulenti di parte, ha inviato loro la relazione ed ha poi risposto alle osservazioni. Essa è inoltre pienamente condivisibile nei passaggi argomentativi che in verità l’appellante non affronta neppure limitandosi a richiamare talune deposizioni testimoniali che non hanno alcuna incidenza sul contenuto della consulenza tecnica’ ed ha poi riportato gli analitici rilievi svolti dal consulente tecnico ‘anche sulla base dei documenti prodotti dalla stessa attrice’ (v. pp. 5 e 6).
Nell’esaminare le risultanze esposte dall’espletata c.t.u., nella considerazione delle osservazioni dei consulenti di parte nonché in relazione agli elementi probatori tutti acquisiti, la corte territoriale ha proceduto ed ha motivato conformemente agli insegnamenti di questa Suprema Corte.
Per un verso, infatti, il giudice di merito, quando aderisce -come nella specie -alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass., n. Cass. 22078/2019; Cass., 02/02/2015, n. 1815; Cass., 09/01/2009, n. 282).
Per altro verso, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass.,
19/07/2021, n. 20553; Cass., 26/10/2021, n. 30042; Cass., 11/10/2018, n. 25348; Cass., n. 7921/2011).
Con il quinto motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 nn. 4 e 5 del c.p.c., per non avere la Corte territoriale considerato fatti storici accertati in ordine alle verifiche effettuate dai periti incaricati dalla compagnia UnipolSai Assicurazioni’.
Lamenta che la corte territoriale non ha considerato che sarebbero state svolte le verifiche da parte dei periti incaricati dalla compagnia UnipolSai Assicurazioni e censura l’impugnata sentenza là dove ha diversamente affermato: “In conclusione dunque la società appellante non ha consentito all’assicurazione Unipol prima ed al CTU poi di esaminare il quadro elettrico asseritamente danneggiato e, come visto, né i preventivi né le fotografie hanno supplito in alcun modo a questa omissione”.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente prospetta nel contenuto del motivo (v. p. 28) molteplici fatti storici, in ordine ad asseriti accertamenti svolti dai periti della compagnia assicurativa sul quadro elettrico danneggiato, che a suo dire sarebbero stati dibattuti nel giudizio e che invece la corte di merito avrebbe omesso di considerare, senza tuttavia specificare se, dove e quando tali fatti fossero già stati prospettati nei precedenti gradi di merito, dunque incorrendo nella violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Va infatti rammentato che il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. Un., 28/11/2018, n. 30754, che
richiama Cass., n. 21396/2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. U., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità (v. Cass., n. 8117/2022).
Con il sesto motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 nn. 4 del c.p.c., per avere la Corte territoriale trascurato il fatto dimostrato dell’avvenuta caduta a terra, con conseguente danneggiamento quanto meno dell’involucro esterno protettivo, del quadro elettrico della società ricorrente ad opera di un dipendente della RAGIONE_SOCIALE‘
6.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
E’ inammissibile, là dove lamenta la mancata considerazione del danno dell’involucro esterno protettivo del quadro elettrico, dato che non risulta correlato rispetto alla motivazione dell’impugnata sentenza (Cass., 22/04/2022, n. 8036), la quale ha scrupolosamente motivato, per un verso rilevando che la domanda della società era fondata su preventivi che facevano riferimento al solo quadro elettrico e non anche all’armadio che lo conteneva, per cui, dunque, ‘il risarcimento del danno subito dall’armadio non è stato chiesto dall’odierna attrice’, per altro verso affermando che ‘il danno non è stato dimostrato né come
spesa di riparazione né come spesa di sostituzione atteso che la stessa appellante allega di aver rottamato l’armadio senza specificare di averlo sostituito con altro bene svolgente la stessa funzione’ (v. p. 7 della sentenza impugnata).
E’ infondato, perché, nel lamentare il mancato risarcimento, svolge la seguente affermazione: ‘Del resto il compimento dell’illecito determina “ex se” l’insorgenza di una obbligazione risarcitoria del danno cagionato’.
Questa Suprema Corte ha infatti già avuto ripetutamente modo di affermare che il danno, nel caso di specie patrimoniale, ma anche il danno non patrimoniale, non costituendo un mero danno-evento, e cioè “in re ipsa”, ma cd. danni conseguenza, che in quanto tali non coincidono con la lesione dell’interesse, devono essere oggetto di allegazione e prova, anche a mezzo presunzioni, da parte di chi chiede il risarcimento (v. Cass., 02/07/2024, n. 20269; Cass., 29/11/2023, n. 33276; Cass., 10/07/2023, n. 19551; Cass., 18/01/2018, n. 907; Cass., 16/04/2018, n. 9385).
Con il settimo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 nn. 5 del c.p.c., per avere la Corte territoriale trascurato un fatto storico accertato secondo cui la destrutturazione del quadro elettrico venne effettuata dalla società ricorrente solamente dopo che i periti della compagnia d’assicurazione UnipolSai avevano terminato le loro verifiche tecniche ed avevano annunciato di essere pronti a formulare un’offerta di risarcimento’.
Lamenta che la corte di merito non ha considerato che la destrutturazione del quadro elettrico venne effettuata solo dopo che vennero svolti gli accertamenti ai fini della stima del danno risarcibile.
7.1. Il motivo è infondato.
Nuovamente contrappone, sollecitando a questa Suprema Corte un riesame delle risultanze probatorie, una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella effettuata dalla corte di merito con la motivata valutazione delle risultanze probatorie acquisite, tra cui l’espletata c.t.u.
Con l’ottavo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 del c.p.c., e dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’artt. 360 nn. 3 e 5 del c.p.c., per avere la Corte territoriale negato la risarcibilità quanto meno del danno materiale provocato all’involucro esterno del quadro elettrico nonostante che sia stato dimostrato che, per effetto della caduta a terra da carrello elevatore condotto dal dipendente della cooperativa RAGIONE_SOCIALE, detto involucro esterno del quadro elettrico aveva effettivamente riportato danni materiali, quantificati dagli stessi periti dell’assicurazione in almeno 4-5.000 euro’.
8.1. Il motivo è infondato.
Come si è già rilevato in sede di scrutinio del sesto motivo, anche l’ottavo motivo, nel lamentare la mancata considerazione dei danni riportati dall’involucro esterno del quadro elettrico, non risulta correlato alla motivazione dell’impugnata sentenza, che evidenzia che il risarcimento del danno subito dall’armadio contenente il quadro elettrico non era stato domandato dalla società attrice.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti perché la società ricorrente venga condannata, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., al pagamento, a favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, di una somma equitativamente determinata, nella misura parimenti indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, della somma di euro 2.500,00, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza