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Onere della prova: il CTU non può supplire la parte

A seguito del crollo parziale di un immobile causato da lavori edili, la Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che aveva risarcito il danno. La Suprema Corte ha stabilito che il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) non può acquisire d’iniziativa documenti per provare l’entità del danno, poiché ciò violerebbe l’onere della prova che grava esclusivamente sulla parte danneggiata.

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Onere della prova nel risarcimento danni: i limiti del CTU

Quando si subisce un danno, è fondamentale comprendere come dimostrarlo in giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale del processo civile: il rispetto dell’onere della prova. La vicenda riguarda il crollo di un edificio a seguito di lavori di ristrutturazione e mette in luce i limiti invalicabili del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il quale non può sostituirsi alla parte nel provare i fatti a fondamento della sua richiesta di risarcimento. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.

I fatti del caso: dal cantiere al tribunale

Un’impresa edile, durante i lavori di scavo per la ricostruzione di un fabbricato, causava il crollo parziale di un edificio adiacente. La proprietaria dell’immobile danneggiato avviava un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, ritenendo che la danneggiata non avesse fornito prove sufficienti sulla consistenza e lo stato dell’immobile prima del crollo. In appello, la decisione veniva ribaltata: la Corte territoriale, basandosi su una perizia effettuata durante una precedente indagine penale, nominava un CTU per quantificare il danno, che veniva stimato in circa 37.000 euro, condannando i responsabili al pagamento.

L’impresa edile ricorreva allora in Cassazione, sostenendo che il giudice d’appello avesse erroneamente supplito alla carenza probatoria della danneggiata, violando il principio dell’onere della prova.

La decisione della Cassazione e l’onere della prova

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione ruota attorno al ruolo del CTU e ai limiti del suo potere di indagine. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale, già sancito dalle Sezioni Unite: il consulente tecnico non può ricercare d’ufficio le prove che le parti hanno l’obbligo di fornire.

Nel caso specifico, la parte danneggiata non aveva adeguatamente allegato e provato la consistenza, la vetustà e il valore del proprio immobile. La Corte d’Appello, incaricando il CTU di stimare il danno, gli ha di fatto demandato un compito che spettava alla parte: quello di provare il fatto primario su cui si fondava la sua richiesta, ossia l’entità del danno subito. Il CTU, peraltro, aveva acquisito autonomamente documentazione da uffici terzi (come l’Agenzia del Territorio) per compiere la sua valutazione, un’attività non consentita quando volta a dimostrare i fatti costitutivi della domanda.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che consentire al CTU di acquisire prove sui fatti principali della causa significherebbe violare due pilastri del processo civile: l’onere della prova (art. 2697 c.c.) e il principio del contraddittorio. È compito di chi agisce in giudizio per il risarcimento fornire tutti gli elementi necessari a dimostrare la fondatezza della propria pretesa, sia nell’esistenza (an) che nell’ammontare (quantum). Il giudice, e di conseguenza il suo ausiliario CTU, non può sostituirsi alla parte per colmarne le lacune probatorie. L’attività del consulente deve limitarsi a valutare tecnicamente i fatti già acquisiti al processo, non a ricercare le prove di tali fatti. L’aver autorizzato il CTU a reperire documenti esterni per provare un fatto primario (il danno) ha costituito una palese violazione delle regole processuali.

Le conclusioni

La sentenza è stata annullata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi al principio di diritto enunciato. Questa pronuncia rappresenta un monito importante per chiunque intenda avviare un’azione legale: la preparazione della causa è essenziale. Non si può fare affidamento sul fatto che un CTU possa “salvare” una domanda carente di prove. È indispensabile raccogliere e presentare sin da subito tutta la documentazione e gli elementi necessari a sostenere le proprie ragioni, senza delegare al processo un’attività di ricerca che spetta unicamente alla parte interessata.

Può un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) acquisire documenti non prodotti dalle parti per stimare un danno?
No, non se tali documenti servono a provare i fatti principali posti a fondamento della domanda, come l’esistenza e l’entità del danno. Spetta alla parte che chiede il risarcimento fornire le prove necessarie, e il CTU non può sopperire a una sua mancanza.

Qual è la conseguenza se il giudice ammette una CTU per supplire alla mancanza di prove della parte danneggiata?
La decisione basata su tale consulenza è viziata. Come in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza per violazione del principio dell’onere della prova e del contraddittorio, rinviando la causa a un altro giudice per una nuova valutazione.

La perizia svolta in un procedimento penale è sufficiente a provare il danno in un successivo giudizio civile?
Può costituire un elemento di prova, ma la parte deve comunque allegare e dimostrare specificamente i fatti nel giudizio civile. Non è sufficiente produrre la perizia penale senza articolare in modo preciso la domanda di risarcimento e fornire gli elementi a suo sostegno, come la consistenza e il valore del bene danneggiato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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