Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25123 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25123 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29262-2021 proposto da:
NOMECOGNOME domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , Dott. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME ma domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
ASSICURAZIONE
NOME
Inammissibilità dei motivi di ricorso
R.G.N. 29262/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
Adunanza camerale
Avverso la sentenza n. 2616/2021, de lla Corte d’appello di depositata in data 09/09/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale data 07/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Milano, in
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2616/21, del 9 settembre 2021, della Corte d’appello di Milano, che accogliendo il gravame esperito da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 3119/19 del Tribunale della stessa città -ha respinto la domanda dallo stesso proposta, di liquidazione dell’indennizzo previsto per il furto, avvenuto il 20 marzo 2014 in località Pregnana Milanese, dell’autovettura della quale egli aveva l’utilizzazione, in forza di contratto di locazione finanziaria.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver adito l’autorità giudiziaria, a fronte del rifiuto di RAGIONE_SOCIALE a liquidargli l’indirizzo contrattualmente pattuito per l’ipotesi di furto.
Istruita la causa attraverso l’assunzione della sola prova testimoniale richiesta dall’attore (non dandosi corso, invece, né a quella richiesta dalla convenuta, né alla consulenza tecnica d’ufficio), la domanda di pagamento dell’indennizzo veniva accolta, con decisione poi riformata in appello.
Il giudice di seconde cure, infatti, riteneva non provato l’avvenuto furto, valutando come non idonea la produzione della denuncia presentata ai Carabinieri, così come non confermata dai testi la circostanza, allegata dall’attore, dell’avvenuto posteggio della vettura, prima della sua sparizione, alle ore 12.00, in INDIRIZZO
Il giudice d’appello , inoltre, valorizzava pure la circostanza per cui, all’esito di una verifica tecnica eseguita dalla casa produttrice dell’auto sulle chiavi elettroniche , era risultato che l’ultimo utilizzo della vettura risaliva al 1° e al 3 marzo 2014 (e dunque diciannove e diciassette giorni prima della data della denuncia).
Avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base -come detto -di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omessa valutazione di fatti storici decisivi risultante dagli atti di causa.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare degli artt. 2697 cod. civ. e dell’art 116 cod. proc. civ.
I motivi vengono illustrati congiuntamente, e mirano ad evidenziare ‘una irriducibile contraddittorietà ed illogicità manifesta della decisione’ censurata, avendo la sentenza impugnata ‘visibilmente violato e mal interpretato il disposto degli artt. 2697 c od. civ. e 116 cod. proc. civ.’, e ciò perché il ricorrente assume di aver ‘provato tutti i fatti storici necessari a dimostrare l’evento furto, sia in via documentale che testimoniale, fornendo la prova piena del fatto costitutivo del diritto ad ottenere l’indennizzo richiesto’.
In particolare, si assume essere ‘inconciliabile con gli elementi probatori raccolti in primo grado’, ed in particolare con le deposizioni rese dai testi (che avrebbero confermato sia il luogo che l’orario del parcheggio dell’auto, nonché l’uso della chiav e di
riserva solo in occasione di viaggi e vacanze), ‘l’affermazione con cui il Giudice di seconde cure ritiene non provato il fatto storico dell’avvenuto furto’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
In relazione al presente ricorso è stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ., nel senso della sua inammissibilità/manifesta infondatezza così motivata:
‘ le censure di cui ai due motivi del ricorso (connessi e oggetto di trattazione unitaria e congiunta nello stesso ricorso), sebbene rubricate in termini di omessa valutazione di fatti storici decisivi e di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, si risolvono, nella sostanza nella contestazione di accertamenti di fatto fondati sul prudente apprezzamento degli elementi istruttori disponibili da parte dei giudici del merito, sostenuti da adeguata motivazione, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità ‘.
Il ricorrente ha richiesto la decisione del collegio ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 380bis cod. proc. civ., sicché la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, come da proposta di definizione accelerata.
9.1. Infatti, il preteso difetto di motivazione è denunciato sul presupposto che quanto ritenuto dal giudice d’appello sia incompatibile con ‘gli elementi probatori raccolti in primo grado’, sicché il vizio è privo del suo necessario carattere ‘testuale’ (come rammenta, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 5 marzo 2024, n. 5792, al § 10.9, pag. 24), in quanto la sua prospettazione è compiuta in spregio al principio secondo cui occorre che tale vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 62983001), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata, nonché Cass. Sez. 1, ord. 3 marzo 2022, n. 7090, Rv. 664120-01).
Inammissibili sono pure le censure di violazione degli artt. 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.
Quanto, infatti, alla prima di tali norme, che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, la sua violazione è ravvisabile solo quando ‘il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime’ (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640193-01, nello stesso, più di recente, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n.
7618, non massimata sul punto, nonché Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 65884002), mentre ‘ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione’ (Cass. Sez. Un., sent. 30 settembre 2020, n. 20867, Rv. 659037-02), e dunque censurando profili di manifesta illogicità, di irriducibile contraddittorietà o di assoluta imperscrutabilità nell’illustrazione del ragionamento probatorio.
Parimenti, la ‘violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una p arte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni’ (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-01, nello stesso senso, in motivazione, sebbene non massimata, Cass. Sez. Un., sent. 5 agosto 2016, n. 16598, richiamata da Cass. Sez. 6-3, ord. 23 ottobre 2018, n. 26769, Rv. 650892-01); evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, restando, invece, inteso che ‘laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti’, essa ‘può essere fatta valere ai sensi del numero 5 del medesimo art. 360’ (Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907 – 01), ovviamente ‘entro i limiti ristretti del «nuovo»’ suo testo (Cass. Sez. 3, ord. n. 13395 del 2018, cit .) e dei quali si è detto.
10. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Inoltre, essendo stato il presente giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., trovano applicazione le previsioni di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 96 cod. proc. civ.
Va, pertanto, disposta -ai sensi della prima delle due previsioni normative testé richiamate -la condanna del ricorrente al pagamento di €. 3.100,00 in favore della società RAGIONE_SOCIALE: somma che si reputa equo determinare in misura corrispondente a quella delle spese processuali.
In forza, invece, di quanto stabilito dalla seconda delle due citate previsioni normative, va, altresì, disposta la condanna della ricorrente al pagamento di un’ulteriore somma di denaro alla Cassa delle ammende, somma che si reputa equo fissare, nella spe cie, nella misura massima di legge, pari a € 5.000,00.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amminis trazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 3.1 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., condanna altresì NOME COGNOME al pagamento della somma di €. 3.100,00 in favore della società Vittoria Assicurazioni S.p.a., nonché di una ulteriore somma di €. 5.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della