Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10833 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10833 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26696/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma San Tommaso d’ Aquino INDIRIZZO, p resso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2028/2022 depositata il 28/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 2 marzo 2012, NOME COGNOME evocava in giudizio la RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Roma deducendo di avere sottoscritto con la convenuta un contratto accessorio all’assicurazione RCA del proprio veicolo che av eva ad oggetto il servizio di monitoraggio del veicolo, attraverso un dispositivo satellitare. Lamentava di aver subito il furto della propria autovettura e deduceva l’inadempimento della società convenuta riguardo all’obbligo di monitorare il veicolo assi curandone la rintracciabilità in caso di furto. Chiedeva pertanto il risarcimento dei danni pari ad euro 50.000.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE deducendo di avere correttamente adempiuto a seguito del mancato ritrovamento del veicolo da parte del cliente.
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 10391 del 2016 rigettava la domanda rilevando che, trattandosi di servizio accessorio rispetto al contratto di assicurazione, quest’ultimo, prima della data del furto, era transitato presso diversa compagnia non convenzionata con RAGIONE_SOCIALE In ogni caso il contratto poneva a carico del cliente l’onere di allertare la sala operativa di sicurezza della società.
Avverso tale decisione proponeva appello NOME COGNOME, reiterando le richieste già formulate in primo grado e insistendo per la condanna al pagamento dei danni subiti. Si costituiva la società appellata eccependo l’inammissibilità del gravame ai sen si degli articoli 342 e 348 bis c.p.c. e l’infondatezza della domanda, oltre che l’eccessiva determinazione del danno richiesto.
La Corte d’appello di Roma con sentenza del 28 marzo 2022 rigettava l’impugnazione ritenendola in parte inammissibile ai sensi
dell’articolo 342 c.p.c., non confrontandosi l’appellante con la esaustiva motivazione della sentenza impugnata e, per altro verso infondata, condividendo la decisione impugnata e ritenendo insussistente la prova del nesso di causa tra l’inadempimento e il danno.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti depositano memorie ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.
Motivi della decisione
Va pregiudizialmente rigettata l’ eccezione di tardività del ricorso formulata dal controricorrente.
Il termine per impugnare la sentenza non notificata con ricorso per cassazione è di sei mesi e va riferito alla data di pubblicazione della decisione del 28 marzo 2022.
Nell’arco del termine semestrale ricade la sospensione feriale dal 1° al 31 agosto compresi per cui nel conteggio dei sei mesi occorre computare ulteriori 31 giorni con la conseguenza che l’ultimo giorno utile per proporre ricorso per cassazione era il 29 ottobre 2022.
Tale data si riferisce alla giornata di sabato con conseguente spostamento dell’ultimo giorno utile al successivo lunedì 31 ottobre 2022.
Data nella quale è stato notificato il ricorso per cassazione alla controparte.
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. la violazione degli articoli 342 e 348 c.p.c. e l’insufficiente o contraddittoria motivazione. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, l’atto di appello eviden ziava tutti i punti della sentenza di primo grado impugnati.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 1218 c.c. e l’omesso esame di fatti
decisivi, oltre alla motivazione insufficiente e contraddittoria. Attesa la natura contrattuale della obbligazione dedotta, il regime probatorio applicabile è quello previsto all’articolo 1218 c.c. che pone una presunzione di responsabilità a carico del convenuto se non prova che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile. Sotto tale profilo la decisione sarebbe errata perché fondata sul presupposto che l’attore, anche nell’ipotesi di responsabilità contrattuale, sarebbe onerato di dimostrare la sussistenza del nesso causale. In ogni caso sarebbe emerso che il sistema satellitare non era più stato in grado di localizzare il veicolo. Conseguentemente sarebbe stato possibile affermare che, secondo il criterio del più probabile che non, che laddove la società avesse adempiuto alle proprie obbligazioni e cioè avvertire dello spostamento non autorizzato e localizzare tramite GPSl’autovettura sarebbe stata ritrovata.
Sotto altro profilo la tesi secondo cui la mancata localizzazione del mezzo dopo il furto dipenderebbe da una schermatura operata dai malviventi, costituirebbe soltanto una ipotesi. Conseguentemente il convenuto non avrebbe dimostrato i fatti posti a sostegno della prova liberatoria in ordine al mancato invio del messaggio di allerta e non avrebbe dimostrato l’impossibilità di reperire il segnale GPS.
Inoltre, ricorrerebbe un vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza di appello ‘condivide e fa propria la motivazione della sentenza impugnata’. A sua volta la sentenza di primo grado sarebbe contraddittoria, perché fondata su mere deduzioni, come il malfunzionamento dell’allarme in dotazione alla vettura, non istallato da RAGIONE_SOCIALE e la schermatura del segnale GPS da parte di terzi.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
La decisione impugnata non si confronta con l’orientamento consolidato di questa Corte in tema di onere di specificità dei motivi di appello, secondo cui tale onere deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall’appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico (v. Cass., 18/9/2015, n. 18307).
In particolare, in tema di appello, il requisito della specificità dei motivi, di cui all’art. 342 cod. proc. civ., deve ritenersi sussistente, secondo una verifica da effettuarsi in concreto, quando l’atto di impugnazione consenta di individuare con certezza le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, sì da consentire al giudice di comprendere con certezza il contenuto delle censure ed alle controparti di svolgere senza alcun pregiudizio la propria attività difensiva, mentre non è richiesta né l’indicazione delle norme di diritto che si assumono violate, né una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’impugnazione (v. Cass., 23/10/2014, n. 22502; Cass., 29/11/2011, n. 25218), sicché, quando l’appellante lamenti un errore di diritto, per soddisfare il requisito della specificità dei motivi di gravame, prescritto dall’art. 342 cod. proc. civ., è necessario e sufficiente che l’atto d’appello invochi l’applicazione di un principio di diritto diverso rispetto a quello enunciato nella sentenza impugnata (v. Cass., 26/3/2009, n. 7341).
Mentre, ove l’appellante lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ” ex novo ” le prove già raccolte e sottoporre le argomentazioni già svolte nel processo di primo grado ( v. Cass., 17/12/2021, n. 40560 ), e qualora il primo giudice per rigettare la domanda abbia escluso la valenza probatoria di determinati documenti è sufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, ribadire l’idoneità di tali documenti ad asseverare i fatti costitutivi
del diritto azionato (v. Cass., 26/7/2021, n. 21401. V. altresì Cass., 24/4/2019, n. 11197; Cass., 15/1/2024, n. 1415).
In secondo luogo, allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della “potestas iudicandi” , abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, tali ultime argomentazioni ‘restano puramente ipotetiche e virtuali’. Incombe, pertanto, sul ricorrente che intenda sindacare la motivazione di merito comunque svolta ” ad abundantiam “, censurare -così come è avvenutoanche la statuizione di inammissibilità, al fine di evitare che su questa “ratio decidendi ” giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si formi il giudicato (Cass. Sez. L., 11/10/2022, n. 29529, Rv. 665839 – 01). Sotto tale ultimo profilo va osservato che la stringata motivazione adottata dalla Corte territoriale non consente di individuare l’iter logico-giuridico seguito dal decidente, con particolare riferimento alla regola di giudizio applicata in tema di riparto degli oneri probatori. Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa