Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35277 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35277 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16014/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Amministratore Unico e legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco p.t., domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 248/2022 depositata il 08/02/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 363/2015 con cui le veniva intimato il pagamento di € 127.020,30 in favore del Comune di Melilli, per un presunto consumo d’acqua. La RAGIONE_SOCIALE eccepiva la mancanza di prove circa l’esistenza del credito, l’erroneità dei consumi rilevati dal contatore a causa di un difetto di funzionamento dello stesso, nonché l’erroneo computo delle tariffe, basato sugli ultimi e più cari tassi approvati dal Comune e non quelli vigenti, anno per anno, nell’intero periodo oggetto della fattura a base del credito ingiunto. Con sentenza n. n. 718/2018 il Tribunale di Siracusa, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo.
2. Con la sentenza n. 248 dell’8 febbraio 2022, la Corte d’appello di Catania, accogliendo parzialmente il ricorso condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del Comune di Melilli della somma di € 43.800,00, oltre spese giudiziali.
In particolare, la Corte d’appello, richiamando giurisprudenza della Corte di cassazione, rigettava l’appello poiché «l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto». Riteneva, quindi, non provati i consumi annui e i relativi costo.
Accoglieva il secondo motivo di appello ritenendo che la RAGIONE_SOCIALE avesse riconosciuto il debito maturato nei cinque anni antecedenti il 18/09/2013 e che, pertanto, la somma dovuta
dovesse essere correttamente quantificata in € 43.800,00, in luogo di € 17.675,00.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Il Comune di Melilli resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 cod. civ. in tema di ricognizione del debito per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto sussistente tale fattispecie.
L’erroneità della ricognizione del debito viene censurata sotto un duplice profilo. In primo luogo, la ricorrente asserisce di non aver operato alcun riconoscimento del debito e che, comunque, lo stesso sarebbe stato effettuato da un soggetto, il difensore, privo della necessaria capacità laddove, viceversa, il riconoscimento del debito richiede che chi lo effettua abbia la disponibilità del negozio giuridico cui si riferisce.
Ebbene, ad avviso della RAGIONE_SOCIALE, l’eventuale riconoscimento non può considerarsi sussistente o comunque valido in quanto contenuto nell’atto processuale di opposizione a decreto ingiuntivo, sottoscritto dal solo difensore. A sostegno di questa tesi, la ricorrente adduce giurisprudenza di questa Corte ad avviso della quale «le dichiarazioni, in ipotesi di valenza confessoria, provenienti dal solo difensore negli scritti processuali, non possono avere gli effetti ‘confessori’ di cui all’art. 1988 c.c. ma, tuttalpiù, potrebbero avere un valore indiziario» (Cass. n. 1438/1984).
In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la ricognizione non potesse in alcun modo considerarsi tale in quanto contenuta in un mero ragionamento ipotetico e del tutto priva di una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da
escludere che la dichiarazione possa avere finalità diverse o che lo stesso riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore.
5.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la nullità della sentenza d’appello per omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio. Nello specifico, adduce la ricorrente che il presunto riconoscimento del debito era stato espressamente contestato dalla RAGIONE_SOCIALE anche in grado di appello, trovando risconto anche nelle deduzioni difensive svolte nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo. La Corte avrebbe, pertanto, omesso di considerare la valenza confessoria o meno delle deduzioni difensive svolte dal difensore nell’atto processuale e che il presunto riconoscimento del debito era contenuto nell’ambito di un ragionamento ipotetico, privo di intenzione ricognitiva.
5.3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto onere della RAGIONE_SOCIALE dar prova della variazione delle tariffe idriche nel corso del tempo. Nello specifico, la RAGIONE_SOCIALE lamenta l’erroneità della sentenza di gravame per la violazione dell’art. 2697 cod. civ. in tema di distribuzione dell’onere probatorio e per omesso esame di fatti decisivi per la risoluzione della controversia, ossia le testimonianze di dipendenti comunali a sostegno dell’avvenuto raddoppio delle tariffe idriche nel corso degli anni e delle fatture per consumi idrici della RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello, malgrado la RAGIONE_SOCIALE avesse dato prova dell’incremento delle tariffe idriche nel corso degli anni, ha ritenuto fosse suo onere produrre in giudizio quelle predisposte dal Comune così falsando l’esito del giudizio che, in ipotesi di corretta applicazione dei principi previsti da tale norma, avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda proposta dal Comune in conseguenza della mancata prova del suo credito.
5.4. Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE lamenta l’omessa valutazione delle testimonianze rese dai quattro testi escussi nel corso del giudizio.
Nello specifico, si ritiene che la Corte d’appello non abbia considerato, ai fini della decisione della controversia, le testimonianze rese in ordine al raddoppio della struttura delle RAGIONE_SOCIALE nonché di quelle relative al cattivo funzionamento dei contatori a causa del quale il canone si è raddoppiato e poi lievemente aumentato.
Ebbene, la corretta valutazione delle testimonianze avrebbe condotto a concludere che il contatore utilizzato dal Comune per determinare i consumi relativi al periodo 1999/2013 era malfunzionante con la conseguente necessaria riduzione, quantomeno in via equitativa, delle somme dallo stesso pretese, laddove non si fosse ritenuto di doverne comunque respingere la domanda per mancata prova del suo credito.
I primi due motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
La ricorrente censura la sentenza della c orte d’appello per avere erroneamente interpretato il contratto, ravvisando un’in sussistente ricognizione di debito.
Occorre precisare che in tema di interpretazione e qualificazione dei contratti, l’accertamento della volontà in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, che è incensurabile in sede di legittimità se non quando la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto o per violazione delle regole ermeneutiche stabilite dagli artt. 1362 e ss. c.c.; ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella
prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati.
Infatti, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. (Cass. 99461/2021; Cass. 24539/2009; Cass. 16254/2012; Cass. 27136/2017; Cass. 18214/2024).
Ebbene nel caso di specie la società ricorrente nulla ha indicato e argomentato in ordine ai criteri legali d’interpretazione ex artt. 1362 e ss. c.c.
6.1. Il terzo motivo è fondato.
La ricorrente ha contestato non solo l’entità dei consumi d’acqua addebitatigli ma anche la correttezza delle tariffe di consumo applicate dalla controparte, che nel corso del giudizio non ha invero mai prodotto la documentazione né le delibere di determinazione delle tariffe applicate negli anni.
Tale omissione probatoria da parte del Comune, che ne aveva l’onere ex art. 2967 c.c. quale attore sostanziale nel procedimento monitorio, ha impedito al giudice di verificare la legittimità della pretesa creditoria del medesimo alla fattura emessa relativa a consumi protrattisi per 14 anni.
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte d’appello ha errato nel non rilevare l’inadempimento dell’onere probatorio gravante sul Comune.
6.2. Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto, in accoglimento nei suindicati termini del 3° motivo di ricorso, assorbito il 4° e dichiarati inammissibili il 1° e 2°, la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 3° motivo, dichiara assorbito il 4° motivo, dichiara inammissibili il 1° e 2° motivo. Cassa in relazione la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza