Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20035 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
30282/2021 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
intimata
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2193/2021 pubblicata in data 27/05/2021, n.r.g. 2207/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 20/05/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE fino al 17/09/2011 quando era stato collocato in quiescenza.
Chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo dal Tribunale di Roma per euro 35.868,68 nei confronti della predetta società a titolo di indennità sostitutiva di n. 46,35 giorni di ferie non godute, di n. 9 giorni di permessi maturati e
OGGETTO: cessazione del rapporto di lavoro – ferie non godute indennità sostitutiva -condizioni – riparto oneri di allegazione e di prova
non goduti, nonché della quota parte dell’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 27 CCNLG.
2.L’opposizione proposta dalla società veniva parzialmente accolta dal Tribunale, che riteneva non provata la mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, posto che il COGNOME era rimasto inerte a fronte del formale invito dell’az ienda a fruire delle ferie, con lettera del 19/07/2011 a lui pervenuta il 26/07/2011, quando residuavano circa 50 giorni di ferie arretrate; riteneva altresì indimostrati la richiesta di fruizione dei permessi maturati ed il rifiuto di RAGIONE_SOCIALE per esigenze di servizio; riteneva invece dovuta la c.d. indennità ex fissa nella misura di euro 19.293,40, sicché revocava il decreto ingiuntivo e condannava RAI spa al pagamento della predetta minor somma.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava sia il gravame principale interposto dal COGNOME, sia quello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
i fatti dedotti con il primo motivo di appello principale -ossia che nel periodo successivo alla comunicazione aziendale del 26/07/2011 egli non era affatto rimasto inerte, tanto che aveva fruito di 41 giorni di ferie residue, cessando di fatto anticipatamente dal servizio, sicché era errato il convincimento del Tribunale circa una sua asserita ma inesistente inerzia e una mancata prova della mancata fruizione delle ferie residue per causa a lui non imputabile -sono nuovi e quindi inammissibili;
dunque resta il fatto che il COGNOME non ha assolto il proprio onere di attivarsi per programmare le ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro; egli ha infatti ignorato la comunicazione aziendale del luglio 2011;
d’altro canto la società ha dimostrato di aver offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non ha fruito.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
6.- Il ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente lamenta la nullità della sentenza a causa della violazione dell’art. 345 c.p.c. per aver ritenuto inammissibile per novità la deduzione contenuta nel primo motivo di appello.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 36 Cost., 2109, co. 2, c.c., 2087 c.c., 10 d.lgs. n. 66/2003 e 23 CCNLG per avere la Corte territoriale ritenuto dimostrata l’offerta datoriale di un adeguato tempo per il godimento delle ferie residue e per aver ritenuto che il dipendente non ne avesse usufruito.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 115 e 420 c.p.c. per avere la Corte territoriale pretermesso l’esame dei documenti nn. 6 e 7 depositati da RAI, da cui risultavano chiaramente i giorni di ferie residui di cui egli non aveva fruito.
C on il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto dimostrato l’onere del datore di lavoro di avere offerto un adeguato tempo utile per il godimento delle ferie residue prima della cessazione del rapporto di lavoro.
I motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono fondati.
Con la deduzione contenuta nel primo motivo di appello il COGNOME si era limitato a riportare le note per l’udienza di discussione di primo grado, in cui aveva precisato tutte le circostanze rilevanti (ripetute nel ricorso per cassazione, pp. 16-17), invocando a sostegno probatorio i documenti di provenienza RAI.
In particolare, aveva evidenziato che l’invito a usufruire delle ferie residue rivoltogli dalla Rai con la comunicazione del 26 luglio 2011 era stato accolto ma solo limitatamente a 41 giorni, residuando tuttavia ulteriori giorni di ferie, come si evinceva dal prospetto redatto dalla stessa Rai e depositato sub 15
dalla stessa società, rispetto ai quali non vi era possibilità di godimento in ragione dell ‘imminente cessazione del rapporto di lavoro .
Quindi il primo motivo di appello non conteneva deduzioni nuove, bensì soltanto la doglianza del mancato esame di quella che in primo grado era stata la mera esplicazione del calcolo dei giorni di ferie residue, il cui risultato era di giorni 41,9, in parte diverso (ed inferiore) rispetto a quello di giorni 46,35 posto a base del ricorso monitorio. Il fatto costitutivo del diritto vantato era rimasto dunque inalterato -ossia la mancata fruizione delle ferie residue per fatto non imputabile al dipendente -sicché quel motivo doveva essere esaminato e deciso nel merito.
L’art. 5, co. 8, del d.l. n. 95/2012, come integrato dall’art. 1, co. 55, L. n. 228/2012 – dev’essere interpretato in senso conforme all’art. 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE che, secondo quanto precisato dalla Corte di Giustizia, Grande Sezione (con sentenze del 06 novembre 2018 in cause riunite C569/16 e C-570/16, e in cause C-619/16 e C-684/16), non consente la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite e dell’indennità sostitutiva, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante un’informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro ( ex multis Cass. ord. n. 16175/2024).
Quindi la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie – se necessario formalmente – e di averlo nel contempo avvisato – in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato (Cass. n. 21780/2022). Pertanto va ribadito il seguente principio di diritto al quale dovrà conformarsi il giudice di rinvio : ‘ grava sul datore di lavoro l’onere di allegare e di provare di aver messo in condizione il lavoratore di fruire di tutte le ferie residue ‘.
Nel caso di specie, a fronte di una specifica deduzione circa la sussistenza di oltre 80 giorni di ferie accumulatisi negli anni passati, la Corte territoriale
ha omesso ogni accertamento ritenendo nuova la deduzione, dovendo invece accertare in primo luogo il numero esatto di giorni di ferie ancora da godere da parte del lavoratore alla data dell’invito datoriale di luglio 2011, quindi la tempestività dell’invito de l 26/07/2011 a fronte di un collocamento in quiescenza in data 17/09/2011.
Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione , nonché per la