Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1370 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1370 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 25303 – 2023 R.G. proposto da:
NOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -elettivamente domiciliato in Surano, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento di NOME COGNOME in persona dell’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Lecce, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
RAGIONE_SOCIALEp.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore .
INTIMATA
avverso la sentenza n. 36 -15.6/1.12.2023 Corte d’Appello di Lecce, udita la relazione nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 6 l.fall. al Tribunale di Lecce depositato in data 21.6.2022 la ‘ RAGIONE_SOCIALE deduceva di esser creditrice di NOME COGNOME, titolare della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ditta di vendita al dettaglio di calzature.
Chiedeva dichiararsene il fallimento.
Resisteva NOME COGNOME.
Eccepiva, peraltro, alla stregua delle risultanze delle allegate dichiarazioni fiscali, l’insussistenza dei requisiti dimensionali.
Con sentenza n. 48/2022 il Tribunale di Lecce dichiarava il fallimento di NOME COGNOME titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE .
NOME COGNOME proponeva reclamo.
Instava per la revoca della dichiarazione di fallimento.
Resisteva la creditrice istante, RAGIONE_SOCIALE
Resisteva il curatore del fallimento.
Con sentenza n. 36/2023 la Corte di Lecce rigettava il reclamo e condannava il reclamante alle spese.
Evidenziava, la Corte di Lecce, che il reclamante aveva atteso al deposito di documentazione -il bilancio di esercizio 2018; il modello ‘Unico’ relativo agli anni 2018, 2019, e 2020; gli estratti del conto corrente presso la ‘B.N.L.’ per gli anni 2018 e 2019; le dichiarazioni fiscali ed I.V.A. – che non consentiva il
riscontro della sussistenza dei requisiti dimensionali atti a precludere la dichiarazione di fallimento.
Evidenziava, segnatamente, che, ‘dal quadro RG del Modello Unico , non si ricostruisce nessun attivo patrimoniale, essendo riportati soltanto i costi e i ricavi di esercizio’ (così sentenza impugnata, pag. 3) ; che nella specie sarebbe stata necessaria la ricostruzione dettagliata dell’attivo patrimoniale , ‘ individuando tutti i beni e tutti i crediti dell’impres a, attraverso la produzione di ulteriore idonea documentazione ‘ (così sentenza impugnata, pag. 3) ; che del resto il reclamante neppure aveva allegato il registro di cassa, ‘normalmente presente in un esercizio commerciale’ (così sentenza impugnata, pag. 4) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il curatore del fallimento di NOME COGNOME ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese , ‘da disporsi in favore dell’Erario ex artt. 133 e 144 T.U. Spese di Giustizia’ (così controricorso, pag. 10) .
La ‘RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, 2° co., l.fall. e dell’art. 2424 cod. civ.
Deduce che ha operato in regime di contabilità semplificata e che, contrariamente a quanto assunto dalla corte d’appello, ‘ dal quadro RG del modello Redditi (…) sono ricavabili elementi sia per determinare il reddito che per ricostruire l’attivo patrimoniale dell’azienda, quali i valori delle quote di
ammortamento dei cespiti, delle giacenze di magazzino, dei crediti (ove esistenti), ratei e risconti’ (così ricorso, pag. 7) .
Deduce altresì che è stata prodotta documentazione che dà ragione di un indebitamento per complessivi euro 281.191,74 (cfr. ricorso, pag. 8) .
Deduce inoltre che la Corte di Lecce non ha atteso alla puntuale disamina né del bilancio dell’esercizio 2018 -le cui risultanze sono perfettamente sovrapponibili alle risultanze del modello ‘Unico’ 2019 per l’esercizio 2018 – né degli estratti dei conti correnti aperti presso la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e presso il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 8) .
Deduce infine che in considerazione della sua veste di piccolo imprenditore e del regime fiscale adottato non vi sarebbe stata altra documentazione da allegare (cfr. ricorso, pag. 9) .
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, 2° co., l.fall. e dell’art. 132 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Lecce ha assunto con motivazione ‘ contraddittoria ed apparente (…) che dal quadro RG non era possibile ricostruire l’attivo patrimoniale ‘ (così ricorso, pag. 10) .
Deduce altresì che i rilievi motivazionali della corte d’appello non si attagliano al caso di specie, ossia al caso di una piccola ditta individuale operante in regime di contabilità semplificata (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deduce ancora che la corte di merito neppure ha tenuto conto che l’impresa era inattiva sin dal 2020 (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il primo e il secondo motivo di ricorso sono senza dubbio connessi, ambedue mezzi di impugnazione che afferiscono al riscontro del superamento,
nella specie, delle soglie di fallibilità di cui al 2° co. dell’art. 1 l.fall.; in ogni caso , entrambi sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ.
10. In particolare – nel solco dell’insegnamento per cui l’ onere della prova del mancato superamento dei limiti di fallibilità previsti dall ‘ art. 1, 2° co., l.fall. grava sul debitore, atteso che la menzionata disposizione pone come regola generale l ‘ assoggettamento a fallimento degli imprenditori commerciali e come eccezione il mancato raggiungimento dei ricordati presupposti dimensionali (cfr. Cass. 15.1.2016, n. 625, ove si soggiunge che non osta a tale conclusione la natura officiosa del procedimento prefallimentare, che impone al tribunale unicamente di attingere elementi di giudizio dagli atti e dagli elementi acquisiti, anche indipendentemente da una specifica allegazione della parte, senza che, peraltro, il giudice debba trasformarsi in autonomo organo di ricerca della prova, tanto meno quando l ‘ imprenditore non si sia costituito in giudizio e non abbia, quindi, depositato i bilanci dell ‘ ultimo triennio, rilevanti ai fini in esame) -il ricorrente, in fondo, sollecita questa Corte al riesame della documentazione allegata in sede di merito, onde dar dimostrazione dell’insussistenza dei requisiti dimensionali necessari ai fini della declaratoria di fallimento.
Del resto, questa Corte spiega, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all ‘ art. 1, 2° co., l.fall., che i bilanci degli ultimi tre esercizi che l ‘ imprenditore è tenuto a depositare ai sensi dell ‘ art. 15, 4° co., l.fall., benché costituiscano strumento di prova privilegiato dell ‘ allegazione della non fallibilità, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell ‘ impresa, non assurgono, tuttavia, a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte -evidentemente – del giudice del merito secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 cod. proc. civ., dell ‘ attendibilità dei dati contabili in essi contenuti, sicché, se reputati motivatamente inattendibili,
l ‘ imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza dei requisiti della non fallibilità (cfr. Cass. (ord.) 23.11.2018, n. 30516) .
In questi termini non può che postularsi quanto segue.
11.1. Per un verso, la valutazione cui, in parte qua , la Corte di Lecce ha atteso, è ineccepibile ‘in diritto’, congrua ed esaustiva ‘in fatto’, ossia, a tal ultimo riguardo, immune da qualsiasi forma di ‘ anomalia motivazionale ‘ rilevante alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.
In particolare, con riferimento al l’ ‘anomalia’ della motivazione ‘apparente’ (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) , la Corte salentina ha – lo si è anticipato – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Ben vero, la corte d’appello, al di là degli specifici riferimenti all’attivo patrimoniale, ha vagliato la documentazione allegata ad ampio spettro, in relazione a ciascuna delle soglie di fallibilità di cui al 2° co. dell’art. 1 l.fall.
Cosicché ingiustificatamente il ricorrente adduce -con il primo motivo – che la corte distrettuale ha omesso ‘ogni considerazione circa il mancato superamento delle soglie di fallibilità concernenti i ricavi lordi e l’indebitamento aziendale’ (così ricorso, pag. 5) .
11.2. Per altro verso , il ricorrente si duole per l’omessa ovvero per l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie-documentali.
E tuttavia, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti
processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (cfr. Cass. (ord.) 23.4.2024, n. 10927. Cfr. altresì Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404, secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità) .
E tuttavia l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque -è il caso di specie – preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415; (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404)
Inoltre, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
11.3. Per altro verso a ncora, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. -al di là dell’ipotesi del ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’, insussistente nel caso de quo -non è più
configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928) .
In conclusione, inappuntabilmente la Corte di Lecce ha reputato che il reclamante -qui ricorrente -non avesse assolto l’onere probatorio a suo carico.
In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese -liquidate come da dispositivo – del presente giudizio di legittimità . Il pagamento, ai sensi dell’art. 133 d.p.r. n. 115/2002, va eseguito a favore dello Stato.
La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Pertanto, nonostante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, nessuna statuizione in ordine alle spese va nei suoi confronti assunta.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rimborsare allo Stato le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte