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Onere della prova fallimento: come evitarlo

Una società in liquidazione ha impugnato la dichiarazione di fallimento, sostenendo di non aver superato le soglie di legge. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32442/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’onere della prova fallimento spetta al debitore. La Corte ha chiarito che bilanci non approvati e non depositati, insieme ad altra documentazione generica, non costituiscono prova sufficiente. La valutazione dell’idoneità delle prove alternative è una prerogativa insindacabile del giudice di merito.

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Onere della Prova nel Fallimento: Non Bastano Documenti Inattendibili

L’onere della prova nel fallimento rappresenta un aspetto cruciale per qualsiasi imprenditore che si trovi ad affrontare un’istanza di fallimento. Dimostrare di non possedere i requisiti dimensionali previsti dalla legge è un dovere che ricade interamente sul debitore. La recente ordinanza n. 32442/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su quali prove siano considerate idonee e quali no, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella loro valutazione.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata in liquidazione veniva dichiarata fallita dal Tribunale su istanza di un creditore. La società presentava reclamo presso la Corte d’Appello, sostenendo di non aver mai superato le tre soglie di fallibilità previste dall’art. 1, comma 2, della legge fallimentare. A supporto della propria tesi, produceva una serie di documenti, tra cui bilanci non approvati né depositati per gli anni 2017-2019, contratti di affitto d’azienda, dichiarazioni fiscali e altri prospetti contabili ricostruiti.

La Corte d’Appello rigettava il reclamo, ritenendo la documentazione prodotta inidonea a fornire una prova certa del mancato superamento delle soglie. In particolare, i bilanci venivano definiti come “meri prospetti contabili” privi di valore probatorio in quanto non approvati dall’assemblea e non depositati presso il Registro delle Imprese. Di conseguenza, la società proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove documentali fornite.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di prova dei requisiti di non fallibilità.

L’onere della prova fallimento e la sua gestione

Il Collegio ha innanzitutto ricordato che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti per non essere assoggettati a fallimento grava pacificamente sul debitore. Questo onere può essere assolto non solo con la produzione dei bilanci degli ultimi tre esercizi, che costituiscono una “fonte privilegiata” ma non una “prova legale” assoluta, ma anche attraverso “strumenti probatori alternativi”.

I Bilanci Non Depositati Sono Prova Sufficiente?

La Corte ha specificato che i bilanci, per avere piena efficacia probatoria, devono essere regolarmente formati, approvati e depositati. Nel caso di specie, i documenti presentati dalla società ricorrente erano semplici bozze o prospetti contabili interni, privi di tali requisiti formali. La loro inattendibilità era aggravata dalla mancanza dei bilanci degli anni precedenti. Pertanto, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto tali documenti inidonei a dimostrare in modo certo la situazione economica e patrimoniale dell’impresa.

Il Prudente Apprezzamento del Giudice di Merito

Il punto centrale della decisione risiede nel principio del “prudente apprezzamento del giudice”. La Cassazione ha chiarito che anche gli strumenti probatori alternativi (come scritture contabili, dichiarazioni fiscali, documenti di terzi) sono soggetti alla libera valutazione del giudice di merito. Quest’ultimo ha il potere di ritenere non assolto l’onere probatorio a causa dell’inattendibilità della documentazione prodotta.

La valutazione del materiale probatorio è un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito e non può essere oggetto di censura in sede di legittimità, se non per vizi logici o giuridici manifesti. Nel caso esaminato, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente per cui riteneva la documentazione insufficiente, rendendo il ricorso un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo esame dei fatti.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra errore di giudizio ed errore di fatto. La ricorrente lamentava una presunta erronea valutazione delle prove, che costituisce un tipico errore di giudizio non sindacabile in Cassazione. Il ricorso per cassazione serve a verificare la corretta applicazione delle norme, non a riesaminare nel merito le prove e i fatti di causa. La Corte d’Appello aveva concluso, con una valutazione di fatto, che la documentazione prodotta (bilanci non approvati, dichiarazioni fiscali e altri atti societari) non era “idonea e sufficiente a rappresentare con esattezza i dati economici” richiesti dalla legge fallimentare, in assenza delle scritture contabili obbligatorie. Questa conclusione, essendo frutto di un apprezzamento di merito motivato, è insindacabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza un principio cardine del diritto fallimentare: spetta all’imprenditore fornire una prova rigorosa e attendibile di non rientrare nei parametri di fallibilità. La semplice produzione di documenti contabili interni, non ufficiali o incompleti, non è sufficiente per assolvere a tale onere. La decisione finale sulla loro idoneità spetta al giudice di merito, la cui valutazione, se logicamente motivata, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione. Per le imprese, ciò significa che la corretta e trasparente tenuta della contabilità non è solo un obbligo di legge, ma il principale strumento di difesa contro un’istanza di fallimento.

A chi spetta l’onere della prova dei requisiti per non essere dichiarati falliti?
L’onere di dimostrare il mancato superamento delle soglie di fallibilità previste dall’art. 1, comma 2, della legge fallimentare spetta interamente al debitore sul quale pende l’istanza di fallimento.

I bilanci non approvati e non depositati sono considerati una prova valida?
No. Secondo la Corte, i bilanci che non sono stati regolarmente formati, approvati dall’assemblea e depositati presso il Registro delle Imprese sono considerati “meri prospetti contabili” e, di per sé, inidonei a dimostrare i requisiti di non fallibilità, soprattutto in assenza di altra documentazione contabile attendibile.

È possibile utilizzare documenti alternativi ai bilanci per evitare il fallimento?
Sì, il debitore può utilizzare “strumenti probatori alternativi”, come le scritture contabili dell’impresa o altri documenti formati da terzi. Tuttavia, anche questi documenti sono soggetti al “prudente apprezzamento” del giudice di merito, il quale può ritenerli inattendibili e insufficienti a provare il mancato superamento delle soglie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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