Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32442 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32442 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3149/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale rilasciata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, CICIOTTI NELLO
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 8454/2021 depositata il 23/12/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza del 23/12/2021 con cui l a Corte d’appello di Roma ha rigettato il reclamo da essa proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma, dichiarativa del suo fallimento ad istanza del creditore NOME COGNOME escludendo che avesse fornito la prova del mancato superamento delle tre soglie di fallibilità previste dall’art. 1, c omma 2, l.fall.
1.1. -Le parti intimate non hanno svolto difese.
1.2. -In data 29/03/2024 è stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
1.3. -Nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione di detta proposta il difensore del ricorrente, munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 2, c.p.c., con memoria del 08/05/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo, rubricato « violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2728 c.c., 115 e 116 c.p.c., e degli artt. 2014 c.c. e 14 dpr 600/1973, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 e/o 5 c.p. c.», la ricorrente si duole della « omessa e/o erronea valutazione delle prove documentali allegate in atti, ed in particolare delle scritture contabili societarie ex art. 2014 c.c. e 14 DPR 600/73 (Libri Iva, mastrini e Libri Irap), delle dichiarazioni e comunicazioni obbligatorie societarie regolarmente inviate per mezzo dei canali telematici dell’ AdE e presenti nel cassetto fiscale della ricorrente, della situazione contabile, ancorché ricostruita, del triennio 20172019, ma altresì de i Contratti di Cessione dell’unica azienda commerciale della ricorrente, ritualmente registrati alla Camera di Commercio, dello sfratto per morosità del 2019, tutti confermanti, anche ai sensi dell’art. 2729 c.c., che la società (…) non ha mai superato, né avrebbe potuto, le soglie di ‘ punibilità ‘ previste dall’art. 2 della legge fallimentare ».
2.2. -Il secondo mezzo denuncia analogamente « violazione o falsa applicazione degli artt. 115, e 116 c.p.c., 2697 e 2729 c.c., e 1, co 2, legge fallimentare in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 e/o 5
c.p.c. », per avere la corte d’appello « erroneamente omesso di attribuire alcuna rilevanza alle allegazioni di parte ricorrente ai fini del domandato accertamento dell’insussistenza dei requisiti di fallibilità, nonostante siano versati in atti documenti rappresentanti indizi, gravi, precisi e concordanti, anche ai sensi dell’art. 2729, la cui valutazione complessiva e combinazione, , era in grado di fornire una valida prova presuntiva del mancato superamento delle soglie di cui all’art. 1, co 2, L.F. ».
-Il Collegio condivide la proposta di definizione del ricorso in termini di inammissibilità, nonostante le precisazioni contenute nella memoria della ricorrente, che non sono tali da portare ad un ripensamento dell ‘esito ivi prospettato .
-La corte d’appello ha dato atto della produzione sia dei documenti dai quali si ricavava che «dal marzo 2015 fino alla fine dell’attività, nel gennaio 2019, la RAGIONE_SOCIALE non aveva più svolto un’attività commerciale, limitandosi a fatturare i modesti corrispettivi dell’affitto di azienda consistenti in un canone mensile di 1000 euro» (contratti di affitto di azienda, sfratto per morosità), sia dei «bilanci degli anni dal 2017 al 2019 nonché il bilancio finale di liquidazione ricostruiti», volti a dimostrare il mancato superamento delle soglie di fallibilità.
4.1. -Ha però affermato che i suddetti bilanci «sono meri prospetti contabili, non approvati dall’assemblea e non depositati presso il Registro delle Imprese» -ove risultava invece depositato «solo un bilancio nel 2020, inattendibile in mancanza dei precedenti» -con conseguente loro «inidoneità a dimostrare i requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1 comma 2 lf» .
4.2. -Ha poi rilevato che « l’imprenditore pu ò̀ assolvere all’onere che gli incombe ai sensi dell’art. 1 comma 2 legge fallimentare con strumenti probatori alternativi, segnatamente avvalendosi delle scritture contabili dell’impresa, come di qualunque altro documento, formato da terzi, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa (cfr. Cass. civ. n° 25025/20, n° 24138/19)».
4.3. -Tuttavia, ha concluso che «la documentazione sopra elencata relativa ad alcune vicende societarie e le dichiarazioni fiscali non sono idonei e sufficienti a rappresentare con esattezza i dati economici inerenti all’attivo patrimoniale, ai ricavi lordi ed ai debiti dell’ultimo triennio antecedente l’istanza di fallimento, come richiesti dall’art. 1 legge fallimentare, in assenza delle scritture contabili dell’impresa non prodotte».
-Nella memoria il ricorrente -di fronte al rilievo contenuto nella proposta di definizione accelerata per cui l’affermazione in sentenza della mancata produzione delle scritture contabili, invece asseritamente prodotte, configurerebbe non già un errore di giudizio, bensì una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e non di ricorso per cassazione (Cass. 1562/2021, 19174/2016, 11196/2007; cfr. Cass. 7973/2023), trattandosi dichiaratamente di una viziata percezione della realtà processuale che non ha integrato un punto controverso oggetto della sentenza impugnata (Cass. 37382/2022, 2236/2022, 14610/2021) -ha precisato che « ciò che si è contestato al giudice a quo non è stato un errore materiale, o svista, ma l’erroneità e contraddittorietà della valutazione dei documenti allegati in atti, non ritenuti ‘strumenti probatori alternativi’ ».
-Orbene, secondo l’insegnamento costante di questa Corte, il debitore, sul quale grava pacificamente l’onere della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità ex art. 1, comma 2, l.fall. (Cass. 10253/2022, 33091/2018), può assolverla non solo con la produzione dei bilanci degli ultimi tre esercizi previsti dall’art. 15, comma 4, l.fall. -i quali, solo se regolarmente formati, approvati e depositati presso il registro delle imprese (Cass. 24138/2019, 33091/2018) costituiscono una fonte privilegiata e non già una prova legale (Cass. 31353/2022, 9045/2021), comunque soggetta al prudente apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità dei dati contabili in essi contenuti (Cass. 14819/2022, 24138/2019) -ma anche con strumenti probatori alternativi (Cass. 5047/2023, 10253/2022), avvalendosi a tal fine delle scritture contabili dell’impresa e di qualunque altro documento, formato da terzi o dalla
parte stessa, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa (Cass. 29809/2023, 35381/20222).
6.1. -E tuttavia si è anche ripetutamente chiarito che queste ulteriori produzioni sono anch’esse soggette al prudente apprezzamento che l’art. 116 c.p.c. riserva al giudice del merito (Cass. 205/2020, 30516/2018), il quale ben può ritenere non assolto l’onere probatorio in questione a causa della inattendibilità della documentazione prodotta (Cass. 19351/2023, 10220/2022).
6.2. -E’ quindi fuori discussione che la valutazione del materiale probatorio è attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, il quale non è tenuto ad esprimersi analiticamente su ciascun elemento probatorio, né a confutare ogni singola deduzione delle parti (Cass. 25188/2017, 28916/2020), essendo sufficiente che indichi le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili siano state implicitamente rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022).
6.3. -Di qui l’inammissibilità di entrambe le censure.
-Occorre infine dar conto, in relazione al disposto d ell’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. che, pur trattandosi di giudizio pendente alla data del 28 febbraio 2023 (Cass. Sez. U, 10955/2024) e deciso in piena conformità alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., l’ assenza di difese degli intimati, escludendo la pronuncia sulle spese, preclude l’ ulteriore pronuncia di condanna del soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 , comma 3, c.p.c., ma non anche la condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, ai sensi del l’art. 96 , comma 4, c.p.c., liquidata in dispositivo.
7.1. -Si è detto, infatti, che l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta di decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei
presupposti per l e condanne di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 96 c.p.c. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U, 27433/2023, 28540/2023; conf. Cass. 11346/2024).
Di conseguenza, la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della cassa delle ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass. Sez. U, 27195/2023).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2. 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c .p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 02/10/2024.